Cosa prevede la legge?
La legge prevede che capi di abbigliamento, accessori e calzature dovranno riportare indicazioni precise, scritte in italiano e per esteso su dove è stato realizzato un prodotto (con nome e indirizzo del produttore) e sulle materie prime con cui è stato realizzato. Di queste materie prime, in particolare, dovrà essere fornita la percentuale di utilizzo, ma non solo. Nel caso delle scarpe, infatti, nell’etichetta dovrà anche comparire una iconcina con le informazioni che riguardano le composizioni di tomaia, rivestimento, suola interna e suola esterna. Inoltre ogni negozio, sia che si tratti dell’attività di un piccolo commerciante che di un punto vendita di una catena della grande distribuzione, dovrà esporre una guida presentata in modo chiaro che spieghi ai clienti come leggere le etichette applicate sui prodotti in vetrina.Perché è servito un anno per far entrare in vigore i nuovi obblighi?
La legge che introduce l’obbligo delle etichette sui capi di abbigliamento e sulle calzature esiste, come detto, già da un anno, da quando – a inizio gennaio 2018 – Ministero dello Sviluppo Economico ha emanato un decreto recependo una normativa europea in materia varata nel 2017. Da allora è stato però necessario risolvere una serie di problemi per adottare un sistema in grado di chiarire le responsabilità tra negozianti, produttori e importatori, attivare i controlli e definire le sanzioni da applicare.Quali sanzioni sono previste?
I controlli vengono effettuati dalle autorità di vigilanza sulle etichette, vale a dire le Camere di Commercio, le Autorità delle Dogane e dei Monopoli. Sono dunque i funzionari di queste tre autorità a effettuare le ispezioni nei negozi. Nel caso in cui vengono riscontrate delle irregolarità sulle indicazioni apposte sui prodotti, le contestazioni vengono recapitate non ai negozianti – come era stato deciso inizialmente – ma direttamente ai produttori e agli importatori. Le multe vanno da un minimo di 3.000 euro a un massimo di 20.000 euro.L’obbligo delle etichette vale anche per l’e-commerce?
Non sono esenti dai controlli e da possibili multe anche il mondo dell’e-commerce. Anche i portali di vendita su internet dovranno riportare in modo dettagliato le informazioni sulla provenienza e sulla composizione dei prodotti che vendono. Come spiegato nel regolamento europeo recepito dall’Italia (Regolamento Ue 1.007/2011), le indicazioni dovranno essere inserite nei cataloghi, nei prospetti, sugli imballaggi, sulle etichette e sui contrassegni. Le informazioni dovranno essere facilmente visibili, leggibili e chiare ed essere riportate con caratteri uniformi per quanto riguarda le dimensioni e lo stile.Quali sono i vantaggi per i consumatori?
Con l’entrata in vigore di questa legge i consumatori potranno fare una comparazione più approfondita tra i prodotti, non avendo più come unico parametro di giudizio esclusivamente quello del prezzo ma anche quelli della provenienza e della composizione. A beneficiarne saranno soprattutto i prodotti di qualità e, nella fattispecie, quelli Made in Italy, considerato che da ora in avanti sarà chiaro se un capo di abbigliamento o una calzatura sono stati realizzati in Italia o se sono stati importati dall’estero. Altro aspetto da considerare riguardo infine il fatto che questa legge responsabilizza non solo produttori e importatori ma anche i negozianti. Stando alle ultime stime di FederModa, ad oggi solo il 33% delle imprese della distribuzione di abbigliamento e calzature in Italia hanno un sito internet, e di queste solo il 12% lo usa per proporre e finalizzare acquisti e non solo come vetrina. La nuova normativa impone adesso a queste realtà un aggiornamento sul web, in modo che le etichette dei prodotti che vendono siano facilmente visibili. Una maggiore trasparenza nei confronti dei consumatori dipenderà molto anche da come questi nuovi obblighi verranno osservati e fatti rispettare su internet. Autore: Rocco BellantoneData: 5 febbraio 2019