CONSUMO INFORMATO
In Italia uno dei massimi esperti di questo “fenomeno” è Luigi Rubinelli, giornalista specializzato in retail e consumi, direttore responsabile dell’osservatorio Retail Watch e tra i relatori del Premio Vincenzo Dona 2019. “Il retail è in profondo cambiamento – spiega – Il consumatore, grazie alle informazioni, è più avanti sia dei retailer sia delle industrie di marca, e ciò dipende principalmente da due fattori. Il primo è l’iper offerta esistente oggi, nel senso che si possono trovare negozi fisici ovunque, senza dimenticare i siti di e-commerce generalisti e delle singole catene. Il secondo è l’iper informazione che costringe tutta la business community a uscire dalle logiche di prezzo basso e abbracciare la qualità, o meglio il rapporto qualità-prezzo reclamato dal consumatore”. Il trend è globale, anche se provare a mapparlo per comprenderne appieno l’orientamento non è affatto semplice. Guardando all’Europa, in Francia a farla da padroni sono gli ipermercati, in Gran Bretagna i super store, mentre si registra una generale avanzata dei discount che fanno leva sulla formula “less is more” (“meno è di più”) e che nel nostro Paese, ad esempio, coprono allo stato attuale il 20% delle vendite.TERRITORIALITÀ ED ESPERIENZA
In linea generale, come detto, i consumi di massa stanno gradualmente lasciando il posto a un nuovo approccio basato sull’importanza della territorialità. “I retailer stanno cercando nuovi modelli di sviluppo basati proprio su questo aspetto, quindi negozi diversi da zona a zona sia come formato, sia come assortimento, sia come pricing”, conferma Rubinelli. “La crisi degli ipermercati, ad esempio, ha portato a negozi di più ridotte dimensioni, con assortimenti non food minimali e nuove logiche nell’alimentare, valorizzando il territorio. I supermercati di quartiere continuano regolari il loro sviluppo, mentre i piccoli negozi di vicinato nelle città devono ancora tarare assortimento e prezzi per rispondere alla nuova domanda dei consumatori”. A caratterizzare questa nuova frontiera del consumo è poi il valore riscoperto dell’esperienza che c’è dietro la realizzazione di un prodotto e che incide in modo sempre più rilevante sul suo acquisto. A spopolare sono così le shopping experience personalizzate e i customer journey disegnati su misura per ogni cliente, in cui il punto vendita – fisico o digitale che sia – è solo la meta finale di un percorso che inizia dal web, si sviluppa su piattaforme specializzate per la comparazione dei prezzi o sui social network attraverso lo sfruttamento dei big data e dell’intelligenza artificiale, e si arricchisce di campagne ed eventi a tema che riflettono l’identità e le sensibilità del brand: per l’ambiente, per la riduzione dell’utilizzo di plastiche, per il risparmio energetico, per il rispetto dei diritti dei lavoratori, per la valorizzazione del cosiddetto capitale umano.SECONDA GIOVINEZZA PER LA VENDITA AL DETTAGLIO
In questa nuova stagione del consumo la vendita al dettaglio, settore in cui l’Italia vanta un’importante tradizione, sta vivendo una seconda giovinezza soprattutto nel campo dell’agro-alimentare dove, rispetto alla grande distribuzione, è in grado di far emergere maggiormente l’importanza della shelf life, ossia la durata della vita del prodotto. I grandi player cercano di tenere il passo, anche se non sempre riescono a trovare una giusta dimensione. “Purtroppo, continuano le politiche di sconto e le promozioni anche dove non richieste dal consumatore – conclude Rubinelli – Le aziende più avanzate stanno modulando l’assortimento per segmentare la domanda. Le marche del distributore si stanno allargando e approfondendo in tutte le categorie merceologiche. Se si comprendono anche i discount, la loro quota è ormai superiore al 40%”. Insomma, il processo è trasversale e sta contagiando l’intera filiera dell’acquisto. L’aspetto positivo è che, finalmente, l’anello centrale è proprio il consumatore. Autore: Rocco BellantoneData: 2 dicembre 2019