Il pane è sicuramente uno degli alimenti preferiti dagli italiani e, insieme alla pasta, può essere considerato la base della dieta mediterranea. La produzione del pane deriva dalla lievitazione della farina di frumento e, in funzione della farina impiegata, del tipo di lievito, del periodo di lievitazione, delle modalità di cottura, di eventuali ingredienti speciali, vengono prodotti vari tipi di pane con caratteristiche organolettiche e di conservabilità molto diverse tra loro.
Nel passato gran parte del pane veniva prodotto in casa o in piccoli panifici artigianali e molto spesso veniva conservato per più giorni. Tra i vari accorgimenti che venivano usati uno era quello di non aggiungere il sale ed in questo modo diminuiva l’igroscopicità e quindi il pane rimaneva asciutto e si conservava meglio. La produzione casalinga ed artigianale era favorita dal fatto che il nostro Paese era autosufficiente nella produzione del grano ed erano molto diffusi i molini in cui gli agricoltori conferivano il grano e le farine avevano una diffusione locale.
Con il nuovo assetto della nostra società si è avuta una contrazione del consumo di alimenti cucinati in casa ed anche di quelli di produzione artigianale, mentre è molto aumentato il consumo di prodotti alimentari trasformati industrialmente. La prima vittima di questa situazione è stata proprio il pane la cui “produzione” comporta la disponibilità di tempo che non sempre si può avere. Anche i panifici, pur mantenendo il carattere artigiano, sono aumentati di dimensioni e la loro produttività riesce a coprire i fabbisogni di centinaia se non di migliaia di famiglie. Sono poi sorti i panifici industriali che, anche grazie alla grande distribuzione, riescono a raggiungere una clientela molto vasta sull’intero territorio nazionale.
Per la lavorazione del pane la tecnica di base è la lievitazione dell’impasto di farina ed acqua e la successiva cottura in forno. Esistono però un gran numero di varianti che rendono differenti i vari pani e con gli anni a fianco della classica pagnotta “casareccia” e dei vari pani locali (Terni, Altamura, rosetta, sfilatino, ecc.) sono nati i pani “speciali” con olio, olive, noci, sesamo, frutta secca, ecc., che sono delle vere e proprie raffinatezze gastronomiche disponibili in varie forme e per le diverse esigenze alimentari.
La grande varietà di pane comporta anche una analoga varietà di prezzi e si può andare da circa 1,50 euro al Kg fino ad anche 6 euro ed oltre. Si deve considerare che il costo della farina per un panificio si aggira intorno ai 0,50 euro al Kg e con un Kg di farina si produce circa 1,5 kg di pane. Il lievito, il sale, l’acqua non dovrebbero incidere in modo significativo sui costi delle materie prime.
Ci sono poi i costi del personale, dell’energia, dell’ammortamento degli impianti, del trasporto, ecc. che fanno forse raddoppiare i costi. I costi “accessori” incidono in modo più marcato nelle produzioni artigianali anche se i piccoli panificatori spesso sottovalutano il costo del loro lavoro. In ogni caso, almeno al momento attuale, il prezzo di 1,50–2 euro al Kg alla vendita al dettaglio si può considerare equo per un pane “semplice acqua e farina”.
Ci sono però dei pani semplici che costano molto di più soltanto perché magari hanno una forma diversa ed hanno processi di panificazione più elaborati. Questi prezzi non sempre sono giustificati e quindi bisognerebbe pensarci bene all’acquisto. Quello dei pani “speciali” è invece il settore dove più facilmente possono esserci dei ricarichi di prezzo non sempre giustificati. Nell’impasto dei panini all’olio, ad esempio, che dovrebbero costare non più di 50 centesimi, di olio ce ne è circa 100 ml per ogni Kg di farina e proprio questo dovrebbe essere l’aumento. Diversa è la situazione per il pane alle noci, alle olive o all’uvetta in quanto queste materie prime hanno un costo più elevato e tale da giustificare prezzi anche di oltre 4 euro il Kg.
Recentemente è comparso anche il pane Kamut che viene venduto a prezzi elevati. In effetti si tratta di un pane prodotto da un frumento americano che ha caratteristiche nutrizionali leggermente migliori del frumento comune, ma che ha costi molto elevati soltanto perché il suo nome è di proprietà di una ditta americana che praticamente agisce in regime di monopolio. Lo stesso grano si potrebbe coltivare anche in Italia anche se non sarebbe possibile chiamarlo Kamut.
Un altro espediente che adoperano alcuni commercianti è quello di vendere il pane a “pezzo” e quindi non si riesce a capire quanto costa al Kg. Mentre, per dare qualche indicazione ai consumatori, è importante che si conosca con esattezza qual è il costo del pane al Kg e per quanto riguarda il pane “normale”, nelle sue diverse varietà, si dovrebbe evitare l’acquisto di quello che costa oltre i 2,0/2,50 euro al Kg. Il pane all’olio non dovrebbe superare i 3,00 euro il Kg. Per gli altri pani “speciali” (incluso quello al Kamut) bisogna considerare che i costi delle materie prime impiegate sono anche molto alti e quindi i prezzi al dettaglio possono essere da “amatore” ed anche difficilmente controllabili. Chi vuole appagare il piacere di mangiare qualcosa di particolare è ovviamente libero di farlo, me deve rassegnarsi a pagare prezzi non del tutto ragionevoli.
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Autore: Agostino Macrì
Data: 11 gennaio 2016
Il prezzo del pane
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