Il cane che abbaia, ulula e disturba il vicinato è tornato all’attenzione dei giudici della Corte di Cassazione. Una sentenza recentissima ha confermato che se il fastidio impedisce il riposo, soprattutto nelle ore notturne, il proprietario deve risarcire il danno provocato.
Il caso
Il proprietario di due cani ha lasciato, per lungo tempo, che i suoi animali guaissero e ululassero di continuo, soprattutto di notte. I cani erano tenuti sul terrazzo o nel giardino condominiale, per cui era più facile sentirli. Questa situazione ha reso difficile il riposo dei vicini di casa, uno dei quali ha denunciato di avere riportato per questo motivo dei danni alla salute e di aver perso il lavoro in conseguenza. In secondo grado, la Corte d’Appello aveva riconosciuto il diritto a un risarcimento, al quale il proprietario dei cani si era opposto, ricorrendo in Cassazione.
La decisione della Suprema Corte
La Corte ha rigettato il ricorso, osservando che non era possibile riesaminare nel merito l’intera vicenda processuale, come chiedeva il ricorrente. Pertanto, il diritto del vicino al risarcimento è stato confermato. Il proprietario dei cani dovrà pagare 2.700 euro.
Perché il cane che abbaia può costare così caro?
Il “disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone” è considerato particolarmente grave dalla legge, che lo classifica come reato (art. 659 c.p.) e lo punisce con l’arresto fino a 3 mesi o con l’ammenda fino a euro 309. A questo, si può aggiungere il risarcimento dei danni conseguenti.
Per arrivare a questo punto, il rumore deve essere proprio intollerabile.
Infatti, quando si vive in società, bisogna mettere in conto che si dovrà inevitabilmente sopportare qualche fastidio causato da altri, così come gli altri subiranno quelli causati da noi. Questo presupposto si ricollega al concetto di tolleranza, cioè alla capacità che ognuno possiede di resistere a eventi molesti o comunque sfavorevoli, senza subirne effetti negativi.
Tale capacità può essere diversa nelle diverse persone. Ma per tutte ha un limite, che coincide con il livello a cui la percezione diventa spiacevole e si vorrebbe che terminasse.
La differente capacità percettiva di ognuno rende soggettiva l’attitudine a “tollerare”.
Poiché, però, la legge deve essere uguale per tutti, è stato necessario individuare una “soglia” che corrispondesse a un livello medio, a un punto di separazione tra ciò che è tollerabile e ciò che non lo è. Per legge, dunque, è stato stabilito che i rumori non possono superare di 5 decibel, durante il giorno, e di 3 decibel, nel periodo notturno, la rumorosità di fondo del luogo in cui ci si trova. Quest’ultima è costituita dall’insieme dei rumori che caratterizzano stabilmente una determinata zona. Ad esempio, in centro città ci sono gli insopprimibili rumori del traffico, quelli causati dalle attività operative, commerciali e sociali. In una zona residenziale o in campagna, ce ne sono molti di meno e di intensità inferiore.
Dunque, nel primo caso, per essere giudicato fastidioso in modo intollerabile, il rumore aggiuntivo dovrà essere più intenso che nel secondo contesto.
Comunque sia, si potrà chiedere che sia misurato ed eventualmente fatto cessare.
Se, nel frattempo, il fastidio è diventato così grave da procurare danni, chi ne è responsabile può essere punito e condannato anche a pagare un risarcimento.
Qualche informazione in più
È utile sapere che il reato di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone può essere riconosciuto quando l’inquinamento acustico è così intenso da essere molesto per un numero indefinito di persone. Non è necessario che ne siano effettivamente coinvolte (e che si lamentino) molte, ma si deve dimostrare che il rumore potrebbe raggiungerne parecchie.
Inoltre, poiché sono tenute in considerazione le occupazioni e le attività lavorative, diventa rilevante anche l’orario in cui il rumore eccessivo viene riscontrato.
La responsabilità sarà maggiore, se il disturbo è prodotto durante le ore notturne o comunque negli orari in cui si dovrebbe riposare.
Per questo è importante anche rispettare i regolamenti che disciplinano i momenti della giornata in cui sono vietati i rumori forti (anche i regolamenti di condominio).
Se il rumore è tale da disturbare una sola persona o pochi individui (cioè è circoscritto e non può propagarsi su scala più ampia), non si applica la sanzione penale, ma il caso è normato dal codice civile (art. 844 c.c.) oltre che dai sopracitati regolamenti.
In questi casi, il responsabile sarà obbligato a eliminare la causa che genera il rumore e dovrà risarcire il danno eventualmente causato.
Riassumiamo cosa può succedere se non si impedisce che il proprio cane abbai, ululi, guaisca troppo
Non esiste una legge che stabilisca se i cani possono o non possono far sentire la loro voce.
Anzi, ci sono sentenze che hanno riconosciuto il loro “diritto ad abbaiare”, per esprimersi.
Tuttavia, quando il rumore prodotto supera la soglia di tollerabilità stabilita dalla legge, bisogna farlo cessare. Nei casi peggiori, può essere disposto l’allontanamento del cane (questo vale anche se il fastidio fosse provocato da altri animali.
Sia per ottenere questo risultato sia per chiedere soluzioni meno drastiche e, comunque, la punizione del proprietario noncurante e/o l’eventuale risarcimento dei danni, in assenza di un accordo consensuale tra le parti, sarà necessario chiedere l’intervento di un giudice. Quest’ultimo potrà disporre una verifica fonometrica che, attraverso la rilevazione dei decibel di rumore, potrà verificarne la tollerabilità. Potrebbe essere sufficiente anche la testimonianza di altri vicini, se questi confermeranno di condividere il disagio. Ricordiamo che, se sono coinvolte molte persone, si rischia il reato di disturbo della quiete pubblica.
A chi rivolgersi?
Per segnalare quello che si ritiene un “disturbo alla quiete pubblica”, ci si può rivolgere ai carabinieri o alla polizia. Questo reato, infatti, è procedibile d’ufficio; quindi le Forze dell’ordine si attiveranno personalmente per le verifiche necessarie, interfacciandosi con la Procura.
Se il disturbo è “personale”, si potrà provare a confrontarsi con il proprietario del cane per invitarlo a porre rimedio, si potrà chiedere all’amministratore di condominio di intervenire per far rispettare le regole che vietano di disturbare nello stabile o, in caso di insuccesso, si potrà procedere per le vie legali.
Autore: Paola Fossati (animalidacompagnia.it)