ACQUA: crolla il consumo della minerale e aumentano le tariffe
Roma, 20 marzo 2015 – “Il calo della spesa degli italiani per l’acqua minerale è il segno della crisi. Le famiglie sono state costrette a tagliare persino su un bene poco costoso e primario come l’acqua. Non si tratta, infatti, solo di un cambio di abitudini a favore dell’acqua del rubinetto, cosa che sarebbe positiva, ma della necessità di tagliare le spese, come dimostra il calo complessivo della voce bevande” è il commento di Massimiliano Dona (segui @massidona su Twitter), Segretario dell’Unione Nazionale Consumatori, ai dati Istat resi noti oggi, in occasione della Giornata mondiale dell’acqua, prevista per domenica.
Se nel 2013 la spesa media mensile per l’acqua minerale è risultata pari a 11,42 euro, nel 2008 era 13,58. C’è stato un crollo, in 5 anni, pari al 15,9%. Nel 2012 la spesa mensile era 11,96. In un solo anno, quindi, un calo del 4,52%. Anche il vino, però, è sceso dai 12,47 euro mensili del 2008 ai 12,01 euro del 2012 (-3,69%) a 11,43 del 2013 (-8,34% rispetto al 2008 e -4,83% rispetto al 2012), pur non avendo un bene sostitutivo come l’acqua del rubinetto.Insomma gli italiani devono stringere la cinghia anche per le bevande. Unico dato in controtendenza è la birra, salita da 4,82 euro del 2008 a 5,67 del 2013, anche se la spesa cala rispetto al 2012 quando si era raggiunto il picco di 5,99 euro al mese.
Quanto al dato della dispersione della rete idrica, pari al 37,4%, ossia 144 litri al giorno per ogni residente, duro il commento dell’UNC. “Si tratta di dati inaccettabili, specie considerato che le tariffe dell’acqua in questi ultimi anni sono aumentate a dismisura proprio con il pretesto di fare investimenti sulla rete. Non sono mai aumentate meno del doppio rispetto all’inflazione, eppure le nostre reti restano un colabrodo” ha dichiarato l’avv. Dona (segui @massidona su Twitter).
L’UNC ricorda che nel 2014 l’aggiornamento medio delle tariffe è stato pari al 3,9%, ossia 19 volte l’inflazione, che si è attestata allo 0,2%. Nel 2015 l’incremento previsto è del 4,8%, a fronte addirittura di una probabile deflazione.