SCIOPERI: UNC boccia le limitazioni proposte e chiede ingresso libero nei musei
Comunicato stampa dell’Unione Nazionale Consumatori
Sullo sciopero alcuni politici stanno proponendo di limitare il diritto di sciopero alle organizzazioni sindacali più rappresentative. La nostra posizione…
Roma, 27 luglio 2015. “Proposta bocciata!” ha dichiarato Massimiliano Dona (segui @massidona su Twitter), Segretario generale dell’Unione Nazionale Consumatori. “No alla scusa della tutela dei consumatori per impedire il diritto allo sciopero, costituzionalmente garantito, alle organizzazioni sindacali meno rappresentative o per consentirlo solo dopo un referendum preventivo tra i lavoratori” ha proseguito Dona, commentando alcune delle proposte avanzate in questi giorni per fronteggiare gli scioperi selvaggi.
“Sugli scioperi che mettono a ferro e fuoco i servizi pubblici essenziali o che, come lo sciopero bianco di Roma, sono illegali, Governo e Parlamento hanno il dovere di sentire le associazioni di consumatori, dato che la legge n. 146/90 è la prima legge che in Italia ha modernamente riconosciuto il nostro ruolo e la necessità di contemperare gli interessi dei lavoratori con quelli dei consumatori. Una legge, all’epoca all’avanguardia, che ora richiede solo degli aggiornamenti” ha proseguito l’avv. Dona
“La Costituzione garantisce anche a due persone di poter scioperare. No, quindi, a referendum incostituzionali tra i lavoratori. Le modifiche legislative che vanno introdotte sono tre: far rispettare una legge che in questi ultimi anni è stata sistematicamente violata, rivendendo ed aumentando le sanzioni ridicole attualmente previste per chi viola la legge (massimo da 2.500 a 50.000 euro), sanzioni che non rappresentano più un efficace deterrente. Prevedere forme alternative di sciopero, come lo sciopero del biglietto e gli scioperi virtuali. A Pompei, ad esempio, avrebbe significato restare aperti, facendo entrare gratis i consumatori. Infine, terzo, vanno rafforzati i poteri della Commissione di garanzia” ha proseguito Dona.
“In ogni caso, Governo e Parlamento, dovrebbero anche ridurre la conflittualità sociale. Non è possibile che i dipendenti pubblici debbano attendere 6 anni per veder rinnovato il loro contratto. L’attesa media per il rinnovo è in media di 52,2 mesi per l’insieme dei settori e di 34,7 mesi per quelli del settore privato, ossia quasi 3 anni. Decisamente troppo! Non è accettabile che gli stipendi non siano più indicizzati con un meccanismo automatico all’inflazione, nemmeno programmata, mentre tutte le tariffe pubbliche, dalle multe ai pedaggi autostradali, si. I conflitti bisogna anche saperli prevenire” ha concluso l’avv. Dona.