Bentrovati, questa pausa estiva è volata via, forse perché è stata davvero l’estate degli scontrini folli! Sembrava proprio che lo sport nazionale fosse diventato postare qualcosa di polemico contro bar e ristoratori colpevoli di aver addebitato costi non dovuti ai consumatori: due euro in più per il basilico sulla pizza, per dividere un toast o per un piattino vuoto. Dieci centesimi per una spruzzata di zenzero sul cappuccino, 50 per pagare con il Pos, venti euro per un piatto rotto.
Ora, volendo mettere un po’ d’ordine direi che (ahinoi) non c’è nulla di nuovo sotto al sole. Sono sempre esistiti esercenti furbacchioni (pochi, per la verità, lo dico subito a scanso di inutili polemiche) sempre pronti ad addebitare qualche stranezza al consumatore. Ma possiamo davvero dire che è scoppiata una guerra tra esercenti e consumatori?
Non direi: certo i rincari dell’ultimo anno avranno fatto venire la tentazione a qualcuno di arrotondare il conto e (d’altro canto) consumatori con bilanci al lumicino saranno stati più attenti anche agli spiccioli. Poi sappiamo tutti come funzionano i trend sui social e la penuria di notizie estive ha fatto il resto nello spingere anche le testate più autorevoli a calcare la mano. In molti di quei pezzi troverete qualche mia dichiarazione dove ho cercato di fare chiarezza, da un punto di vista tecnico-giuridico, su comportamenti leciti e pratiche scorrette.
E allora, visto che andremo al bar o a cena fuori anche durante l’inverno, ecco una mini guida sui nostri diritti di consumatore, partendo proprio dall’attualità.
Il piattino vuoto si paga? L’effetto «compagnia aerea»
E’ legittimo addebitare due euro per un piatto vuoto per la condivisione o 1,50 euro per un cucchiaino in più? No, stoviglie, piatti e tovaglioli dovrebbero essere inclusi nel coperto. Arrivati alla cassa, il mio consiglio è controllare sempre lo scontrino. Se si trovano voci del genere ci si può rifiutare di pagarle. Che dire dei due euro per tagliare a metà il toast o per il basilico sulla pizza? Dal punto di vista legale, se questi supplementi sono segnalati sul menu, sono legittimi perché il ristorante è un luogo privato in cui il ristoratore fa le sue politiche, l’importante è che il cliente sia informato. Se invece non sono segnalati da nessuna parte il cliente può rifiutarsi di pagare quelle voci. Si apre poi il capitolo del senso di opportunità di alcuni costi: un conto è se in cucina devono dividere un piatto gourmet, azione che implica un certo tempo e un certo lavoro, un conto è se si tratta di tagliare un panino. Vale anche per il basilico: non è un ingrediente aggiuntivo come il prosciutto crudo o la mozzarella di bufala sulla margherita, di solito è incluso nella pizza. Se si comincia a far pagare separatamente ciò che di norma è incluso nel piatto o nella pratica della ristorazione si prende la strada di alcune compagnie aeree low cost, che hanno di fatto scomposto il servizio. E che infatti adesso sono odiatissime.
Coperto, acqua e pane
Il coperto è il costo che il ristoratore scarica sul cliente per tutto ciò che riguarda la tavola e il servizio: stoviglie e loro lavaggio, lavoro del cameriere, tovaglie, tovaglioli, allestimento, eccetera. Deve essere segnalato sul menu: se non è scritto nulla e ci si trova una voce nello scontrino, ci si può rifiutare di pagarla. Di recente si trovano coperti diversi nello stesso ristorante: quattro euro all’interno, sei sul pontile. Vale la solita regola: legittimo se è esplicitato sul menu. Ma rientra sempre nel discorso generale: ne vale la pena?. Capitolo a parte per il pane: La gente pensa che sia nel coperto, invece no. Se il cestino del pane è gratis nessun problema, ma se ha un costo va indicato nel menu e, se si trova già in tavola, va chiesto al cliente se lo vuole tenere o meno. Per quanto riguarda l’acqua, tutti avrebbero diritto di chiedere quella del rubinetto.
Mezze porzioni e ordinazione minima
Non tutti servono le mezze porzioni ed è legittimo, oppure a volte non costano la metà esatta ma il 70 per cento del piatto intero. Basta che sia indicato nel menù. Se non è scritto sul menu si può ragionevolmente ritenere che costino la metà. Molte segnalazioni arrivate all’Unione nazionale consumatori ultimamente riguardano l’obbligo imposto da alcuni ristoranti di ordinare un tot di portate o di sostenere una spesa minima. È legittimo anche questo, se opportunamente scritto. Ma mi sento di dire attenzione ai ristoratori: a forza di aggiungere costi, regole e obblighi, si rischia che andare a mangiare fuori diventi un lavoro invece che qualcosa di piacevole.
Stoviglie rotte
Venendo alle stoviglie, si possono chiedere 20 euro per un piatto rotto? Si apre il doppio tema della responsabilità e dell’importo. Siamo sicuri che non ci sia una responsabilità del cameriere? E chi stabilisce che l’importo è 20 euro? C’è una fattura di acquisto del piatto? Che però nel frattempo si è usurato… è tutto da discutere. Il consumatore avrebbe potuto opporsi all’addebito, e se il ristoratore non fosse stato d’accordo avrebbe dovuto intentargli una causa civile.
Un problema di competenze?
In generale direi ai clienti di evitare la denuncia postuma sui social e di parlare piuttosto con il ristoratore in caso di incidenti perché si può trovare un accordo. Postare lo scontrino sui social senza aver detto niente lì per lì lo trovo vile. Dall’altra parte, ai ristoratori dico: vogliamo davvero buttare alle ortiche la reputazione di un settore per due euro del piattino vuoto?
Se vuoi saperne di più sui diritti al ristorante, SCARICA LA GUIDA: RISTORANTI: REGOLE, DIRITTI E DOVERI.
E voi lo sapevate?
Autore: Massimiliano Dona
Data: 13 settembre 2023