La contraffazione non rappresenta soltanto un danno per le aziende italiane e per l’economia, ma può essere dannosa anche per i consumatori. Scarpe, borse, portafogli, cinture contraffatte sono realizzate con pellami di pessima qualità, che sono spesso difettosi nell’uso, ma possono anche contenere sostanze chimiche (azocoloranti e conservanti organoclorurati) che nelle produzioni italiane ed europee non sono più presenti per restrizioni normative. Chi acquista questi prodotti consapevolmente (per risparmiare o semplicemente per avere un capo quasi uguale all’originale) spesso ignora il rischio di dermatiti, allergie e disturbi respiratori.
Alle volte però, l’acquisto del tarocco avviene inconsapevolmente, pagandolo persino ad una cifra solo di poco inferiore a quella dell’originale. In questi casi può essere molto utile leggere l’etichetta che, ricordiamo, deve avere indicazioni chiare delle tappe percorse dal prodotto nelle varie fasi produttive.
In particolare, secondo il Regolamento europeo 1007/2011 un’ etichetta di composizione fibrosa deve riportare:
– la ragione sociale o il marchio registrato dell’azienda che ha immesso sul mercato il prodotto;
– il nome per esteso delle fibre tessili che compongono il prodotto stesso (non devono essere utilizzate sigle o abbreviazioni);
– deve indicare la presenza di “parti non tessili di origine animale”;
– deve essere scritta in lingua italiana in modo chiaro e ben leggibile;
– può non essere presente su prodotti che non siano costituti almeno per l’80% in peso da fibre tessili;
– può riportare il termine “puro” o “tutto” se il prodotto tessile è composto interamente da una sola fibra. La tolleranza di altre fibre all’interno dei prodotti definiti al 100% di un’unica fibra o con la dicitura “puro” è equivalente al 2% del peso del prodotto; essa viene estesa al 5% nel caso di prodotto cardato;
– nel caso di prodotti costituiti da più fibre composte NON è obbligatoria la dichiarazione della composizione dettagliata per le fibre che non raggiungono il 30% del peso totale;
– deve specificare la percentuale di tutte le fibre presenti, fatte salve le tolleranze e i criteri d’uso della dicitura “altre fibre”;
– può riportare il termine “altre fibre” fino ad un massimo del 10% del peso totale del prodotto;
– può non indicare la composizione di un ricamo, se questo non supera il 10% del peso totale del prodotto.
Può contenere anche:
– i nomi commerciali delle fibre, ma come informazioni nettamente separate dalla composizione percentuale. I capi allestiti con tessuti di differente composizione fibrosa devono riportare sull’etichetta ogni componente in modo distinto (es. lana lato esterno – cotone lato interno); è possibile non etichettare separatamente le componenti presenti in quantità inferiore al 30% del peso totale del prodotto.
Autore: Simona Volpe
Data: 8 ottobre 2014
Capi contraffatti, come riconoscerli?
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