Spiagge: concessioni scadute, che succede ora? 

Redazione UNC
25 Giugno 2024
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Dopo le sentenze del Consiglio di Stato, che considera le concessioni balneari scadute il 31 dicembre 2023, che succede ora? 

Una concessione non dovrebbe mai durare più di 10 anni, sia che riguardi un’autostrada che una spiaggia. Un tetto che dovrebbe essere fissato per legge e per tutti. Un periodo di tempo sufficiente per consentire al concessionario di recuperare gli investimenti fatti ma non così lungo da diventare un regalo, un privilegio. 

Le spiagge sono di tutti

Le spiagge sono un bene pubblico, appartengono al demanio, allo Stato, ossia a tutti noi, come i fiumi, i torrenti, i laghi, le strade (art. 822 del Codice civile). Insomma, non sono di chi ha in concessione lo stabilimento balneare. Ma alcuni, dopo anni, troppi, in cui hanno gestito la stessa spiaggia, hanno finito per considerarsi i padroni di quel lido, se lo sono tramandato pure di padre in figlio.

Pensate a chi illegalmente cerca di impedire l’accesso o chiede un pagamento per il raggiungimento della battigia o a quelli che vietano di portarsi un panino o una bibita da casa, come se la concessione non riguardasse solo i servizi legati alla spiaggia (ombrellone, lettino…) ma anche la ristorazione. 

È giusto mantenere questa situazione? Se si mettono a gara le concessioni balneari ci saranno dei rincari? Che succede dopo le ultime sentenze del Consiglio di Stato che hanno confermato la scadenza delle concessioni demaniali per le spiagge al 31 dicembre del 2023 e che bisogna dare corso alle procedure di gara?

Vediamo di fare un po’ di chiarezza, nei limiti del possibile. 

C’è il rischio di aumenti?

Dopo la decisione del Consiglio di Stato, Federcontribuenti, ma non solo, si è subito affrettata a mettere le mani avanti, sostenendo che è pressoché matematico che un rincaro del prezzo delle concessioni si ribalterà sul prezzo dei servizi offerti e quindi sui consumatori. 

È per forza così?

No. L’unica certezza è che i rialzi ci sono già stati in questi anni di concessioni bloccate e di continue proroghe, con aumenti stratosferici ingiustificati rispetto alla qualità del servizio offerto. 

Quanto al futuro, bisogna distinguere tra il mero aumento dei canoni e la messa a gara delle concessioni

Nel primo caso, se ci si limita ad aumentare i canoni in capo allo stesso soggetto che ha già la concessione, allora, se viene fatto in modo generalizzato, senza una logica, senza considerare se in quella zona c’è abbastanza concorrenza, ossia spiagge alternative, non tenendo conto se il canone è irrisorio e non congruo rispetto al fatturato, allora quell’aumento con tutta probabilità verrà traslato sui consumatori finali, con conseguente rialzo dei prezzi. 

Diverso è fare un bando.

Se la gara è fatta bene, cioè se si introducono, tra i criteri per l’assegnazione, anche la qualità del servizio e l’evoluzione dei sistemi di tariffazione, allora si può ottenere anche un miglioramento del servizio e persino una riduzione dei prezzi.

Certo bisognerebbe pensare non solo a incassare soldi facili dalle nuove concessioni ma anche ai consumatori e al loro diritto di pagare un prezzo equo, commisurato alla qualità dell’offerta. Dobbiamo dire che in passato, vedasi le concessioni autostradali, non è accaduto che i politici garantissero nel bando la tutela dei consumatori e ci sono voluti gli interventi delle Authority (Antitrust e Art) per porre parziali rimedi. 

La questione indennizzi

Alcuni, per far mollare l’osso ai balneari, propongono un indennizzo per quelli che perderanno la concessione. È giusto? A nostro avviso no.

Chi ha in concessione la spiaggia deve recuperare gli investimenti fatti durante il periodo della concessione, non c’è ragione che l’entrante paghi l’uscente, con il rischio che poi si rivalga sui consumatori alzando i prezzi per rifarsi della spesa o che lo Stato, ossia noi contribuenti, li paghi anche per farli sloggiare, magari dopo aver incassato per anni canoni irrisori. Abbiamo già pagato ombrelloni e sdraio, pagarli due volte sarebbe una beffa. Non è come quando si vende il proprio negozio e si chiede l’avviamento. Le spiagge sono dello Stato

Al limite, se il gestore uscente non ha fatto in tempo a recuperare tutti gli investimenti, cosa che dovrebbe provare conti e fatture alla mano, se non è possibile la loro vendita, allora si può indennizzare la quota non ammortizzata degli investimenti, ponendola a base d’asta della gara successiva. 

Insomma, in linea generale non è accettabile che dopo aver “regalato” per anni (in violazione della normativa europea) un bene pubblico a un privato, ora si usino i soldi dei contribuenti per premiarli per il ritardo con il quale le spiagge ci vengono restituite.

Ricordiamo, poi, che nulla vieta ai vecchi gestori di partecipare alle nuove gare e vincerle. 

La vicenda

Non ricostruiamo la storia delle concessioni in questa sede, ci vorrebbero 3 volumi, tipo le cantiche della Divina Commedia.

Diciamo solo che la Direttiva Bolkestein è del 2006, quasi 20 anni fa e da allora tra proroghe e sentenze è successo di tutto. Da una parte Antitrust, Consiglio di Stato, Commissione europea, Direttiva Bolkestein, art. 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e dall’altra alcuni Comuni e svariati Governi che hanno concesso proroghe su proroghe per consentire agli attuali titolari di concessioni balneari di mantenerle senza sottoporle a gara, pur se in contrasto con gli orientamenti giurisdizionali italiani e rischiando sanzioni da parte dell’Unione europea (è dal 2020 che è stata aperta la procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per il mancato adeguamento alla direttiva Bolkestein con l’invio, da parte della Commissione europea, della lettera di messa in mora). 

Ci limitiamo a raccontarvi in estrema sintesi l’ultimo episodio di questa telenovela: il Consiglio di Stato, con due sentenze del 30 aprile 2024 e del 20 maggio 2024, ha confermato la scadenza delle concessioni demaniali per le spiagge al 31 dicembre dello scorso anno, e che la proroga sino al 31 dicembre 2024 introdotta dalla legge n. 14 del 2023 “deve essere essa stessa disapplicata”, “siccome incompatibile con la disciplina eurounitaria“, sottolineando che le deroghe al 31 dicembre del 2024 vanno disapplicate dalle pubbliche amministrazioni, non ultime quelle comunali, che quindi devono “dare immediatamente corso alla procedura di gara per assegnare la concessione in un contesto realmente concorrenziale“.

Inoltre nella sentenza è contestato il fatto che la risorsa spiaggia non sia scarsa (“la risorsa è sicuramente scarsa” e gli altri assunti sono sforniti di prova), tesi invece sostenuta dal Governo Meloni che aveva allungato le spiagge italiane nella mappatura inviata a Bruxelles e portata a motivo della mancata applicazione della direttiva Bolkenstein. Apriti cielo! Vi risparmiamo le reazioni politiche. 

Che succede ora? Le concessioni si possono prorogare? 

Come sapete le telenovele non finiscono mai, quindi difficile fare previsioni sui prossimi accadimenti. 

Intanto, restiamo a quanto sostiene lo stesso Consiglio di Stato, che, proprio per “evitare le incertezze prospettate dalle parti in relazione all’imminente avvio della stagione balneare”, ricorda che l’art. 3, comma 3, della legge n. 118 del 2022 consente una proroga tecnica fino al 31 dicembre 2024, con atto motivato, anche se la consente solo “per il tempo strettamente necessario alla conclusione della procedura” di gara.

Insomma, basta che il Comune deliberi di avviare le gare per differire il termine di scadenza delle concessioni e l’occupazione dell’area demaniale da parte del concessionario uscente diventa legittima anche in relazione all’art. 1161 del Codice della navigazione che punisce l’occupazione abusiva di uno spazio demaniale. Lo faranno? 

Interviene anche l’Antitrust

Da ultimo è intervenuto anche l’Antitrust. Nel primi mesi dell’anno aveva segnalato a molti Comuni che avevano deliberato di differire al 31 dicembre 2024 l’efficacia delle concessioni demaniali marittime, senza però aver avviato le procedure selettive per l’assegnazione delle nuove concessioni, che perché il comma 3 dell’articolo 3 possa trovare applicazione, “è necessario che la procedura selettiva sia stata avviata e che sussistano ragioni oggettive che ne impediscano la conclusione e che siano legate all’espletamento della procedura stessa”, confermando la tesi del Consiglio di Stato.

Insomma, non si possono fare proroghe generalizzate e comunque serve che la procedura per la gara sia stata avviata dal Comune. Ebbene molti comuni non si sono adeguati al parere dell’Antitrust che, quindi, ha ora deciso di impugnare al Tar le delibere comunali che concedevano la proroga delle concessioni demaniali marittime.

Quindi ora la palla passa di nuovo Tar e poi al Consiglio di Stato, sempre che nel frattempo non intervenga il Governo. Insomma, come potete ben capire la situazione è complessa e c’è uno scontro in atto, anche sul piano giuridico. 

La spiagge ora sono libere?

Se le concessioni sono scadute, le spiagge sono diventate libere? In teoria se la concessione è scaduta e non prorogata, cosa che andrebbe accertata spiaggia per spiaggia, il gestore non potrebbe più stare li e quindi la spiaggia dovrebbe tornare libera in attesa della nuova gara.

Ma non consigliamo al consumatore di farsi giustizia da sé, andando con ombrello e sedia sdraio in uno stabilimento aperto, senza pagare. Due torti non fanno una ragione. Inoltre è proprio la scadenza della concessione ad essere oggetto del contenzioso giuridico, con da una parte Antitrust e Consiglio di Stato che le considerano scadute e dall’altra Governo e Comuni che le ritengono prorogate.

Non è consigliabile mettersi in mezzo, salvo abbiate le spalle larghe e vogliate fare una battaglia politica. In ogni caso prima dovreste verificare le delibere comunali per accertare se la gara è stata nel frattempo avviata, perché allora la proroga sarebbe valida.

Insomma, il suggerimento che vi diamo per fare una vacanza serena e risparmiare soldi, è di andare in una spiaggia libera, ma libera davvero! 

Autore: Mauro Antonelli

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