É un classico, il consumatore controlla il conto al ristorante e si accorge di cifre esorbitanti che gli sono state addebitate come costi aggiuntivi: ma sono legali queste voci? Servono normative più stringenti o é legale far pagare cifre astronomiche per il coperto o per tagliare una torta portata da casa?
I prezzi devono essere trasparenti
In verità a dirci se un addebito è legittimo o meno sono le regole di trasparenza: negli esercizi pubblici, ossia ristoranti, trattorie, bar, alberghi, pensioni etc etc, i prezzi vanno esposti nel locale. Insomma, è stabilito il principio che il consumatore va preventivamente informato dei prezzi applicati. Se, quindi, ci sono richieste per servizi non previsti, anomali, come il taglio di una torta o il diritto di tappo, questi costi extra, secondo la legge vanno comunicati prima e non a cose fatte.
In quale legge è scritto? Cerchiamo di fare chiarezza perché molti articoli che troviamo su internet relativi a questo argomento ci sono troppe inesattezze.
Ma cosa dice la legge?
Si cita, a sproposito, l’art. 14 del decreto legislativo n. 114 del 31 marzo 1998, secondo il quale “i prodotti esposti per la vendita al dettaglio nelle vetrine esterne o all’ingresso del locale e nelle immediate adiacenze dell’esercizio o su aree pubbliche o sui banchi di vendita, ovunque collocati, debbono indicare, in modo chiaro e ben leggibile, il prezzo di vendita al pubblico, mediante l’uso di un cartello o con altre modalità idonee allo scopo“.
Ma quel decreto, come stabilito nell’art. 1, “stabilisce i principi e le norme generali sull’esercizio dell’attività commerciale“, insomma riguarda i commercianti e non i pubblici esercenti.
Altri citano il Codice del Consumo, ossia il D.Lgs. n. 206/2005, che, sempre all’art. 14, prevede che “al fine di migliorare l’informazione del consumatore e di agevolare il raffronto dei prezzi, i prodotti offerti dai commercianti ai consumatori recano, oltre alla indicazione del prezzo di vendita, secondo le disposizioni vigenti, l’indicazione del prezzo per unità di misura“, ma come chiaramente indicato nell’articolo stesso, anche in questo caso ci si rivolge ai commercianti.
Anche la legge n. 287 del 25 agosto 1991 sull’attività dei pubblici esercizi nulla dice in riferimento alle regole sulla pubblicità dei prezzi dei prodotti somministrati.
Qual è allora la normativa applicabile ai pubblici esercizi?
Dobbiamo rifarci al Regio Decreto 6 maggio 1940, n. 635, ossia il Regolamento di esecuzione del TULPS, Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (Regio Decreto n. 773 del 18 giugno 1931), che all’art. 180 prevede che “I pubblici esercenti debbono tenere esposte nel locale dell’esercizio, in luogo visibile al pubblico, la licenza e l’autorizzazione e la tariffa dei prezzi“. Sulla materia, poi, intervengono le competenze delle Regioni e si applicano le diverse normative regionali che specificano i dettagli.
Ci sono regole diverse in ogni Regione
Nel Lazio, ad esempio, si applica l’art. 75 della Legge regionale n. 22 del 6 novembre 2019, che relativamente alla somministrazione di alimenti e bevande, prevede che “i prezzi dei prodotti destinati alla somministrazione devono essere resi noti al pubblico:
- mediante esposizione di apposita tabella all’interno del locale, nei casi di somministrazione di alimenti e bevande, ivi comprese le attività di ristorazione
- mediante esposizione di apposita tabella leggibile anche dall’esterno del locale, con esclusione della carta dei vini, limitatamente alle attività di ristorazione“.
Inoltre, “nella somministrazione con formula a prezzo fisso è vietata l’applicazione di costi aggiuntivi per il servizio; il numero e tipo di portate e di bevande, comprese nel menù a prezzo fisso, devono comunque essere singolarmente specificate, in modo tale da rendere il consumatore consapevole di eventuali costi aggiuntivi“.
Infine, “qualora il servizio di somministrazione sia effettuato al tavolo, la tabella o il listino dei prezzi deve essere posto a disposizione dei clienti prima dell’ordinazione e deve indicare l’eventuale componente del servizio con modalità tali da rendere il prezzo chiaramente e facilmente comprensibile al pubblico. Nella somministrazione è vietato applicare costi aggiuntivi per il coperto”.
In Lombardia vige l’art. 77 della L.R. n. 6 del 2 febbraio 2010, che, tra le altre cose, prevede che “per i prodotti destinati alla somministrazione, l’obbligo di esposizione dei prezzi è assolto:
- per quanto concerne le bevande, mediante esposizione, all’interno dell’esercizio, di apposita tabella
- per quanto concerne gli alimenti, con le stesse modalità di cui alla lettera a), cui si aggiunge l’obbligo di esposizione del menù anche all’esterno dell’esercizio, o comunque leggibile dall’esterno.
Qualora, nell’ambito dell’esercizio, sia effettuato il servizio al tavolo, il listino dei prezzi deve essere posto a disposizione dei clienti prima dell’ordinazione e deve inoltre indicare l’eventuale componente del servizio. Le modalità di pubblicità dei prezzi prescelte dall’esercente debbono essere tali da rendere il prezzo chiaramente e facilmente comprensibile al pubblico, anche per quanto concerne somme aggiunte attribuibili al servizio“.
Infine, anche i Comuni possono deliberare regolamenti in attuazione delle normative regionali. A Roma, ad esempio, la delibera del Consiglio comunale n. 35/2010.
É lecito farsi pagare per tagliare una torta?
Se, come accaduto, un ristoratore chiede 58 euro per tagliare una torta portata da casa, è il prezzo, 4,50 a persona, che appare decisamente esorbitante e che ha suscitato una giusta indignazione.
Ma per quanto il gestore del ristorante avrebbe fatto un investimento intelligente sul cliente tagliando la torta gratis come regalo di compleanno, non è illegale far pagare per quel servizio aggiuntivo, considerato che la torta va messa in frigorifero, il ristorante deve mettere a disposizione dei camerieri per servirla a tavola e sporcare delle stoviglie che dovranno essere lavate. Senza contare che se non c’è un elenco degli allergeni il ristoratore si assume un rischio.
L’addebito, quindi, è lecito, ma solo a condizione di concordarlo con il cliente o perlomeno di comunicarglielo preventivamente in modo chiaro (anche a voce), visto che il servizio non é inserito in un tariffario esposto.
Attenti alle bufale
Ogni tanto qualcuno invoca una nuova legge che introduca limiti e divieti per i pubblici esercizi rispetto alla giungla di balzelli ed extra-costi. Ma si può fare?
Ovviamente no, perché in un regime di libero mercato questi costi extra non possono essere vietati e il ristoratore non può essere obbligato a tagliarti una torta portata da casa, tanto meno gratis o a un prezzo amministrato fissato per legge.
Non si può credere di poter fissare per legge una casistica di tutti i possibili servizi aggiuntivi, dal diritto di tappo allo scaldare un biberon, né obbligare un ristoratore a svolgerli, né fissare il prezzo da applicare.
Le armi dei consumatori contro i disonesti
Ma se ci pensiamo bene, la discrezionalità lasciata ai ristoratori, non rappresenta un danno economico per i consumatori, ma è alla base della concorrenza, persino in caso di fregatura. Quel ristorante che dovesse praticare extra-costi esorbitanti, perderebbe, grazie al danno reputazionale, numerosi clienti.
É l’arma che oggi hanno i consumatori, che devono premiare gli esercenti più onesti e capaci e punire gli incompetenti troppo cari. Se non ci fosse la discrezionalità l’offerta sarebbe appiattita, un ristorante varrebbe l’altro e l’imprenditore più serio e dotato non potrebbe mettersi in luce.
Quanto alla trasparenza, per quanto sia sempre tutto perfettibile, le regole sull’esposizione del prezzo già ci sono e sono chiare e negare che ci siano legittimerebbe gli abusi di chi non comunica il prezzo extra. Insomma non c’è alcun vuoto normativo da colmare.
Come dobbiamo comportarci?
Ogni volta che chiediamo un servizio extra, per evitare sgradite sorprese, sarebbe opportuno chiedere se c’è un eventuale costo aggiuntivo: dal costo di un piatto fuori-menu, alla mezza porzione e tanto più se chiedo al ristoratore di servire la torta o la bottiglia che abbiamo portato da casa!
Così, se il prezzo non ci viene comunicato o ci sembra eccessivo, potremo discuterne con il ristoratore e magari contestarlo se non ci fosse stato comunicato preventivamente il relativo prezzo.
Come spiegato ad esempio nella legge regionale del Lazio, all’art. 85, sono i Comuni ad avere la competenza di vigilare sulle attività di somministrazione di alimenti e bevande e a provvedere all’accertamento e all’irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie, che, nel caso di violazione dell’art. 75 sulla pubblicità dei prezzi, va da 2.500,00 a 7.500,00 euro. Insomma, una bella sommetta!