Negli ultimi anni il mondo delle discoteche sta facendo molto discutere. Proprio qualche settimana fa abbiamo affrontato la questione della legittimità di applicare prezzi diversi a uomini e donne in discoteca. Accanto a quella appena descritta, vi è un’altra pratica che suscita forti dubbi e perplessità tra i consumatori: la c.d. selezione alla porta, ossia quella politica, adottata dalle discoteche, di selezionare i clienti ai quali consentire l’accesso al locale sulla base di rigide regole autonomamente predisposte.
In molti si lamentano della natura discriminatoria di tale prassi e sollevano, allo stesso tempo, molti interrogativi: è legittima la selezione all’ingresso delle discoteche? È una forma di discriminazione? Cosa si può fare? In questo articolo cercheremo di rispondere alla domanda se è legittima la pratica di selezionare i clienti all’ingresso in discoteca.
Discoteche: selezione alla porta e restrizioni all’accesso
Sempre più frequentemente l’accesso alle discoteche o, più in generale, ai locali della movida notturna viene subordinato al rispetto di alcuni requisiti, come quelli che impongono il c.d. “dress code” (cioè riservano l’accesso a chi indossa un determinato abito).
Le regole sull’abbigliamento non sono le uniche forme di selezione della clientela. Ci sono infatti delle discoteche che impongono delle restrizioni all’accesso nel locale sulla base di altri elementi estetici come la presenza di piercing, un determinato taglio di capelli, persino la presenza di tatuaggi…
Ma è giusto porre delle regole di accesso basate sull’abbigliamento o addirittura sul colore della pelle o sull’aspetto fisico dei clienti? Fino a che punto il gestore di una discoteca o di un locale può imporre tali regole?
Selezione all’ingresso del proprio locale: cosa dice la legge?
Per rispondere alla domanda se sia possibile selezionare i clienti all’ingresso delle discoteche, dobbiamo partire dalla normativa di riferimento, rappresentata dall’art. 187 del Regolamento del Testo Unico Leggi di Pubblica Sicurezza (T.U.L.P.S.) che recita: “Salvo quanto dispongono gli artt. 689 e 691 del codice penale, gli esercenti non possono senza un legittimo motivo, rifiutare le prestazioni del proprio esercizio a chiunque le domandi e ne corrisponda il prezzo”.
Si discute molto sull’interpretazione da attribuire al sopracitato articolo e soprattutto alla possibilità di applicarlo alle discoteche. Per alcuni, infatti, la norma sarebbe applicabile anche ai locali di intrattenimento come le sale da ballo o le discoteche, le quali, dunque, dovrebbero garantire l’accesso al locale a tutti quelli che corrispondono il prezzo del biglietto, a condizione che non sussista un giustificato motivo, come la tutela dell’ordine pubblico. Di conseguenza, e stando a questa interpretazione, la selezione alla porta dovrebbe ritenersi una pratica contraria alla legge e, pertanto, punibile con una sanzione amministrativa.
L’interpretazione prevalente, tuttavia, ritiene non applicabile l’art. 187 del Regolamento T.U.L.P.S. alle discoteche, in quanto la norma sarebbe applicabile esclusivamente ai locali che forniscono dei servizi pubblici essenziali, tra i quali non figurerebbero le discoteche. In pratica, stando a questa interpretazione, la norma mirerebbe a garantire la fruizione dei soli servizi ritenuti “essenziali” per la clientela come bar, ristoranti, alberghi, nei quali non può essere prevista una formalità di accesso.
È legittimo selezionare i clienti all’ingresso?
Insomma, in base all’interpretazione prevalente, la selezione all’ingresso rientrerebbe nell’ambito dell’autonomia contrattuale del gestore della discoteca, il quale potrebbe prevedere restrizioni della clientela per esigenze legate all’organizzazione interna e all’immagine del locale.
Ovviamente restano però del tutto illegittime forme di selezione dei clienti basate su criteri di pura discriminazione come le condizioni fisiche, l’etnia, la religione o il sesso. Una simile condotta, infatti, si porrebbe comunque in disarmonia con alcuni principi fondamentali ai quali si ispira il nostro ordinamento, primi tra tutti il principio di uguaglianza e di non discriminazione, tutelati dall’art. 3 della Costituzione. Il rispetto di tali principi, infatti, impone, indistintamente a tutti, di astenersi da discriminazioni basate sulla razza, sulla lingua, su condizioni personali e sociali, sulla religione, sul sesso e sulle opinioni politiche.
Cosa posso fare?
Alla luce di quanto detto fin qui, non resta che chiedersi cosa si può fare davanti ad una discoteca che seleziona i clienti all’ingresso.
Innanzitutto, è bene precisare che, anche se le policy per l’accesso in discoteca rientrano nell’autonomia contrattuale del gestore della discoteca, devono comunque essere rispettati gli obblighi di trasparenza e, quindi, eventuali modalità di selezione della clientela devono essere oggettive, predeterminate, ma soprattutto adeguatamente comunicate alla clientela all’ingresso del locale mediante appositi cartelli o avvisi anche tramite l’utilizzo di pagine social.
In tale ottica, se si dovessero riscontrare delle pratiche o comportamenti scorretti si può sempre fare una segnalazione alla Associazione Italiana Imprese di Intrattenimento da ballo e di spettacolo e -nei casi più gravi- anche all’Autorità Garante della concorrenza e del Mercato.
Autore: Ylenia Tellini