
La riforma della normativa sulla presenza di
animali in condominio ha stabilito che i
regolamenti condominiali non possono vietare di possedere o detenere
animali domestici come
cane e gatto all’interno delle abitazioni private (art. 1138 c.c.).
Dagli ultimi dati raccolti (Rapporto
Assalco – Zoomark 2019 Fonte DOXA – Gli italiani e gli animali da compagnia), è risultato che circa il
39% degli italiani ha almeno un cane o un gatto. Le famiglie che possiedono gatti sono il
18,3% (circa 4 milioni di nuclei e 7.300.000 felini).
Il
gatto, si sa, è un animale curioso. Per natura è portato a esplorare. Per questo, anche se vive prevalentemente in casa, appare spesso incline a uscire all’esterno. Dal punto di vista comportamentale, la possibilità di trascorrere una parte della vita all’aperto porta diversi vantaggi al
gatto, seppure non sia priva di qualche rischio.
Non bisogna, però, sottovalutare il fatto che, nei
contesti condominiali, le parti esterne sono in genere parti comuni. In alcuni casi, potrebbero esserci anche spazi di verde privato antistanti alcuni appartamenti al piano terra.
Cosa dice la legge
Gli
animali domestici posseduti dai condomini possono avere accesso alle
parti comuni condominiali, purché questo non pregiudichi i
diritti degli altri abitanti dell’immobile. Di norma, a questo scopo, gli
animali devono essere sempre accompagnati dal
condomino-proprietario o comunque trovarsi nella sua sfera di controllo.
Quando il
gatto esce dagli spazi privati, ciò non riesce a essere sempre garantito. Un gatto, infatti, tende a muoversi liberamente e in questo modo può entrare in contatto con altre persone e/o
animali domestici. I
condomini-proprietari devono, dunque, adottare tutte le misure necessarie per
garantire che il loro animale non crei problemi, ad esempio di
tipo igienico o per la
quiete e la
sicurezza degli altri condomini e di altri animali.
Ogni
proprietario è, infatti, responsabile di qualsiasi
danno che il suo
gatto dovesse causare ad altri, a meno che riesca a dimostrare che sia stato un
evento imprevedibile a provocarlo. Significa che, in linea generale,
dovrà risarcire il costo degli eventuali danneggiamenti lamentati dai vicini o dall’amministratore del condominio.
Quindi, attenzione al rischio che il
gatto si faccia le unghie su cuscini o tende altrui oppure che faccia cadere un oggetto fragile o scelga la fioriera di qualcuno per i propri bisognini.
Il gatto che esce può essere considerato uno stalker di condominio?
Sembra impossibile, ma una sentenza piuttosto recente della
Corte di Cassazione ha stabilito che una donna,
continuando a lasciare uscire i suoi gatti nonostante le ripetute lamentele della vicina, ha commesso il
reato di «stalking condominiale» (Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza n. 25097/2019).
I
gatti, privi di controllo, erano soliti sporcare e comportarsi in un modo che recava grande disagio alla condomina dirimpettaia. I giudici hanno appurato che la proprietaria aveva
“volontariamente continuato a liberare i gatti nelle parti comuni dell’edificio, nella evidente consapevolezza delle conseguenze sul piano igienico che ciò comportava e della molestia che in tal modo arrecava alla propria vicina di casa”. Hanno, quindi, confermato il reato di
atti persecutori, appunto perché era stata esclusa la semplice incuria nella custodia.
Un caso limite. Ma che conferma quanto sia
necessario rispettare sia la natura degli animali (è criminale usarli per i propri scopi dolosi)
sia la tranquillità delle altre persone.
La detenzione di (troppi) gatti può far incorrere in altri reati
Può succedere che i gatti in famiglia siano più di uno. Le norme locali in genere stabiliscono in
10 il numero massimo di soggetti che si possono detenere senza doverne dare comunicazione al Sindaco.
Un
numero superiore di felini può sfuggire alla capacità di accudimento e sfociare in condizioni di
insostenibilità igienico-sanitaria e di sofferenza per gli animali e per le persone che coabitano con loro. Le pessime condizioni igieniche possono, poi, diventare un problema per tutto il condominio.
In questi casi
è necessario attivare il servizio veterinario pubblico e i servizi sociali.
L’accumulo di animali è già stato ritenuto equivalente al reato di detenzione degli animali stessi in condizioni incompatibili con la loro natura. Ma spesso dietro a queste situazioni si nascondono gravi problemi di disagio psicologico, di cui gli animali fanno le spese e che comunque non è giusto ignorare.
E se una colonia felina sceglie di vivere nel condominio?
Il verde condominiale potrebbe essere frequentato anche da gatti non di proprietà, ma appartenenti a una
colonia felina. La
legge tutela la loro presenza, stabilendo che i gatti non possono essere allontanati se non per motivi legati alla loro stessa incolumità o per gravi motivazioni sanitarie (lo decide il Comune, d’intesa con il servizio veterinario pubblico competente).
L’accudimento della
colonia è considerato legittimo, così come lo è la collocazione di piccoli ricoveri in uno spazio comune del condominio, nel rispetto delle norme igieniche e del
decoro dell’ambiente.
Autore: Paola Fossati
(animalidacompagnia.it)
Data: 18 gennaio 2021