Influencer marketing: qualcosa comincia a cambiare
Pare proprio che l’ azione di moral suasion dell’Antitrust abbia prodotto i suoi frutti: a luglio 2017 l’Autorità invitava gli influencer ad etichettare in maniera trasparente le proprie foto, inserendo l’avvertenza #AD nei contenuti pubblicitari. Secondo i dati raccolti da Buzzoole, società che mette in contatto brand e influencer, negli ultimi 5 mesi sono stati ben 55.000 i post pubblicitari pubblicati con l’hashatag #ad o #adv su ben 15200 profili. La metà dei post correttamente etichettati proviene da Instagram, segue Twitter con il 30% e Facebook con l’11%. I settori nei quali si è riscontrato il maggior uso degli hashtag “#ad” e “#adv” sono l’abbigliamento (scarpe comprese) per il 35%, il beauty (cosmetici, profumi) per il 22%, accessori (gioielli e orologi) il 13% e Food & Beverage 12%.Influencer marketing: la nostra battaglia per la trasparenza
Anche se nel tempo le sue forme sono cambiate, la pubblicità ha sempre avuto l’obiettivo di influenzare i consumatori nella scelta di un prodotto o nel giudizio su un brand. Oggi siamo nel bel mezzo di una nuova “era pubblicitaria” che richiede un più moderno quadro di protezione: se si promuove un marchio o un prodotto commerciale, il consumatore ha il diritto di essere informato che si tratta di pubblicità? L’Unione Nazionale Consumatori è stata la prima organizzazione a denunciare il fenomeno dell’influencer marketing scorretto (e proprio questo è stato il tema a dell’ultima edizione di Cose da non credere, l’evento che si è tenuto il 24 maggio 2018 al Museo MAXXI di Roma). La strada per una totale trasparenza è ancora lunga (come dimostrano i dati emersi dalla ricerca di Buzzoole) ma le recenti decisioni delle autorità sul tema danno a noi di Unione Nazionale Consumatori l’energia per continuare la battaglia contro la pubblicità camuffata. Dal nostro osservatorio possiamo affermare che lo scenario è ancora in continua evoluzione: da un lato troviamo influencer più scrupolosi che utilizzano l’hashtag #ad, ma sono ancora molti coloro che trascurano questa regola rendendo difficile, se non impossibile, il riconoscimento della pubblicità ai consumatori. Eppure le regole ci sono: non solo le linee guida dell’Antitrust ma anche la Digital Chart dello IAP. Ed allora perchè non vengono rispettate? A chi fa comodo l’opacità della pubblicità?Autore: Giada D’Abruzzo Data: 31 luglio 2018