L’Istat ha realizzato un focus, simulando l’impatto del COVID-19 sull’economia italiana. L’approfondimento delle dinamiche economiche avviene in una fase che vede sospese le attività di 2,2 milioni di imprese (il 49% del totale, il 65% nel caso delle imprese esportatrici), con un’occupazione di 7,4 milioni di addetti (44,3%) di cui 4,9 milioni di dipendenti (il 42,1%). Il lockdown delle attività produttive determina forti preoccupazioni sull’impatto complessivo della crisi.
Allo scopo di misurare i possibili effetti economici della crisi, l’analisi strutturale che segue propone una simulazione della contrazione dei consumi legato alle attività economiche oggetto di chiusura. La stima è stata realizzata utilizzando le tavole Input-Output dell’economia italiana che permettono di stimare sia gli effetti diretti sia quelli indiretti legati alle relazioni intersettoriali.
Si propongono due scenari, il primo in cui la chiusura delle attività riguarderebbe solo i mesi di marzo e aprile; l’altro in cui la chiusura si estenderebbe fino a giugno. Nel primo caso la riduzione dei consumi sarebbe pari al 4,1% su base annua mentre nel secondo al 9,9%. La riduzione dei consumi determinerebbe una contrazione del valore aggiunto dell’1,9% nel primo scenario e del 4,5% nel secondo.
In particolare, si propone una stima dell’impatto sul sistema economico dalla contrazione dei consumi finali delle famiglie riconducibile all’interruzione delle attività di produzione di beni e servizi specificate dai diversi decreti governativi. Oltre a queste riduzioni di spesa si considerano anche quelle riferite alle spese per turismo, carburanti e servizi di trasporto terrestri. Tali spese, relative a beni e servizi offerti da settori economici non chiusi dai decreti (raffinerie, servizi di trasporto), si sono fortemente ridotte dall’inizio della crisi sanitaria e, nel caso del turismo, si sono totalmente azzerate. Inoltre, si è ipotizzato un aumento dei consumi finali delle famiglie di beni alimentari corrispondente a una traslazione completa su di essi dell’azzeramento dei pasti consumati fuori casa per lavoro o per svago. Le simulazioni realizzate, infine, non tengono conto di altre possibili modificazioni nei comportamenti di consumo, tra le quali quelle relative ai beni e servizi connessi all’igiene e alla salute.
Le simulazioni sono costruite in modo da valutare separatamente gli effetti generati dalla contrazione di tre categorie di spese: (1) le spese turistiche; (2) le spese per altri servizi (che includono anche quelli di “socializzazione”, quali ristorazione, cultura e intrattenimento); (3) le spese per beni. I risultati ottenuti vengono presentati in termini di variazione rispetto allo scenario base caratterizzato dall’assenza di interruzione nelle attività produttive.
Considerando la limitazione delle attività produttive fino alla fine di aprile, si determinerebbe, su base annua, una riduzione dei consumi finali pari al 4,1%, con una diminuzione del valore aggiunto generato dal sistema produttivo italiano pari all’1,9% (1,5 punti percentuali direttamente connessi agli shock settoriali, 0,4 punti dovuti agli effetti indiretti). Il maggiore contributo alla caduta del valore aggiunto complessivo proverrebbe dalla contrazione, al netto delle spese turistiche, delle spese per altri servizi (-0,9 punti percentuali), mentre il contributo della riduzione delle spese per beni e di spese turistiche sarebbe rispettivamente di -0,7 e -0,4 punti. In termini occupazionali, la caduta del valore aggiunto coinvolgerebbe 385 mila occupati (di cui 46 mila non regolari) per un ammontare di circa 9 miliardi di euro di retribuzioni.
La caduta del valore aggiunto rispetto allo scenario in assenza di lockdown è fortemente eterogenea a livello settoriale. I comparti dell’alloggio e ristorazione (-11,3%) e del commercio, trasporti e logistica (-2,7%) subirebbero le contrazioni più forti mentre le conseguenze sui settori che producono beni d’investimento e sulle costruzioni sarebbero meno incisive (meno di un punto percentuale).
Nel secondo scenario, caratterizzato dall’estensione delle misure restrittive anche ai mesi di maggio e giugno, la riduzione dei consumi sarebbe del 9,9%, con una contrazione complessiva del valore aggiunto pari al 4,5% (3,4 punti in conseguenza degli effetti diretti, 1,1 punti dovuti a quelli indiretti). La contrazione della domanda turistica contribuirebbe alla riduzione per 0,9 punti percentuali, quella per altri servizi e quella per beni entrambe per poco meno di 1,8 punti. In questo secondo scenario sarebbero poco meno di 900 mila gli occupati coinvolti, di cui 103 mila non regolari, per un totale di 20,8 miliardi di retribuzioni.
Anche in questo caso, le contrazioni più marcate del valore aggiunto si riferirebbero alle attività di alloggio e ristorazione (-23,9%) e commercio, trasporti e logistica (-6,9%). In questo secondo scenario la caduta del valore aggiunto avrebbe effetti più pervasivi tra i settori economici coinvolgendo significativamente anche la produzione di beni di consumo, dei servizi alla persona (entrambi -3,6%) e dei servizi professionali (-3,4%).
Infine, può essere interessante cogliere separatamente gli effetti dovuti alla limitazione dell’attività produttiva in alcuni segmenti della produzione di beni e servizi.
Fra i settori coinvolti nel lockdown, quelli riferiti ai servizi commerciali e alla “socializzazione” contribuirebbero maggiormente alla caduta complessiva del valore aggiunto.
Nello scenario di chiusura prolungata a tutto il secondo trimestre, l’effetto generato dalla contrazione dei consumi di questi due comparti rappresenterebbe circa tre quarti di quello complessivo, interessando potenzialmente 608 mila occupati, di cui 72 mila non regolari. In particolare, sarebbero fortemente colpiti i settori della cultura (-16,4%) e dell’intratteni-mento (-12,7%), oltre al commercio al dettaglio (-6,7%).
I risultati presentati non tengono conto della possibilità che alcune spese, relative a beni durevoli, possano essere differite nel tempo dalle famiglie e non totalmente annullate. Ciò significa che, sotto determinate condizioni (mantenimento dei livelli di reddito, assenza di altri shock di offerta), parte della contrazione stimata dei consumi potrebbe essere recuperata una volta terminati i provvedimenti di chiusura. In particolare, nello scenario di misure attive nei soli mesi di marzo e aprile, il recupero dei consumi differibili ridurrebbe di 0,6 punti percentuali la caduta dei consumi finali nell’insieme dell’anno (dal -4,1 al -3,5%) e, di conseguenza, di 0,3 punti la contrazione del valore aggiunto (dal -1,9 al -1,6%). Nello scenario che prevede il perdurare delle misure fino alla fine del secondo trimestre, il recupero immediato dei consumi differibili ridurrebbe di 1,4 punti percentuali la variazione negativa dei consumi finali (dal -9,9 al -8,5%) e di 0,5 punti quella del valore aggiunto (dal -4,5 al -4,0%).
Autore: Mauro Antonelli
Data: 29 aprile 2020
ISTAT: focus su Covid-19
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