Alla fine di marzo 2020 i contratti collettivi nazionali in vigore per la parte economica (22 contratti) riguardano il 19,6% dei dipendenti – circa 2,4 milioni – e un monte retributivo pari al 20,1% del totale. Lo rileva l’Istat. Nel corso del primo trimestre 2020 sono stati recepiti tre accordi – società e consorzi autostradali, servizi a terra negli aeroporti e imprese creditizie – e ne sono scaduti dieci: impiegati agricoli, calzature, carta e cartotecnica, vetro, ceramica, metalmeccanica, commercio, mobilità, assicurazioni e servizi socio assistenziali.
I contratti che a fine marzo 2020 sono in attesa di rinnovo ammontano a 51 e interessano circa 9,9 milioni di dipendenti – l’80,4% del totale – con un monte retributivo pari al 79,9%; entrambe le quote sono decisamente più elevate di quelle osservate a dicembre (44,6% e 46,6% rispettivamente) e a marzo 2019 (52,4% e 52,8%). Nonostante il tempo medio di attesa di rinnovo, per i lavoratori con contratto scaduto, si sia ridotto, passando dai 12,7 mesi di marzo 2019 agli 11,2 mesi di marzo 2020, l’attesa media calcolata sul totale dei dipendenti è più che raddoppiata: 13,9 contro 6,6 mesi. La retribuzione oraria media, rispetto al primo trimestre del 2019, è cresciuta dello 0,6% L’indice delle retribuzioni contrattuali orarie è aumentato dello 0,1% rispetto a febbraio 2020 e dello 0,7% nei confronti di marzo 2019. In particolare, l’aumento tendenziale è stato dello 0,8% per i dipendenti dell’industria e dello 0,7% sia per quelli dei servizi privati sia per quelli della pubblica amministrazione. I settori che presentano gli aumenti tendenziali più elevati sono quelli del credito e delle assicurazioni (+2,4%), dell’energia e petroli e dell’estrazione minerali (entrambi +1,7%). L’incremento è invece nullo per i settori del legno, carta e stampa, del commercio, delle farmacie private, delle telecomunicazioni e degli altri servizi privati.
Ad avviso dell’Unc, l’aumento annuo delle retribuzione dello 0,7% poteva anche essere congruo, considerato che a marzo l’inflazione annua era pari allo 0,1%, sia per l’indice generale Nic che per l’indice relativo alle famiglie di operai e impiegati FOI. Preoccupa, però, che a marzo i contratti in attesa di rinnovo interessino l’80,4% dei dipendenti: tutti i pubblici dipendenti e circa i tre quarti dei dipendenti del settore privato. Una situazione già grave, che nel prossimo trimestre, per via dell’emergenza Coronavirus, non potrà che peggiorare e diventare un problema ancora più serio.
Anche per l’Istat, la crescita delle retribuzioni contrattuali, molto moderata, potrebbe subire un’ulteriore decelerazione nei prossimi mesi, qualora l’incertezza indotta dalla emergenza sanitaria dovesse rallentare ancora i tempi di rinnovo dei numerosi contratti scaduti.
Autore: Mauro Antonelli
Data: 6 maggio 2020
ISTAT: retribuzioni +0,7% su anno
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