ORARI DEI NEGOZI, la nostra posizione sulla liberalizzazione
Da mesi si parla di disciplinare gli orari dei negozi con vivaci scontri tra i sostenitori della liberalizzazione degli orari e chi la considera un oltraggio ai diritti dei lavoratori (e non solo). Secondo noi l’apertura libera dei negozi rappresenta l’unica effettiva e reale liberalizzazione intervenuta dopo il periodo delle cosiddette lenzuolate Bersani; un qualunque passo indietro rispetto alla totale e completa libertà di apertura rappresenterebbe, quindi, una restaurazione inaccettabile e anacronistica, indicativa di una incapacità di progredire verso un libero mercato, svincolato da restrizioni e regole assurde che certo non perseguono l’interesse dei consumatori.
Il Parlamento dovrebbe limitarsi a legiferare per regolare i rapporti tra gli uomini, a fronte di un conflitto, per dirimerlo, garantendo la pacifica convivenza tra i consociati e non intervenire a priori, limitando la libera iniziativa economica (art. 41 Cost.) e le sfere di libertà nelle quali si autodetermina lo sviluppo della personalità dell’individuo (art. 2 Cost.). Tanto più laddove l’utilità sociale è proprio in direzione di una maggiore e non certo minore apertura dei negozi. Non c’è alcun conflitto tra commerciante, libero di aprire quando vuole, e consumatore, libero di andare a fare acquisti quando più lo desidera.
Da numerosi sondaggi risulta che anche molti consumatori sono d’accordo alla liberalizzazione, nella convinzione, da una parte che aumenterebbero i posti di lavoro, dall’altra che sarebbe più facile fare la spesa dopo il lavoro o nel week end. Senza contare che liberalizzare significa non solo libertà di aprire, ma anche libertà di chiudere. Anche ridurre gli orari può significare un’allocazione più ottimale delle risorse: genitori felici di poter chiudere prima la mattina per poter andare a prendere i figli a scuola, negozianti che, in questo periodo di crisi, non vendendo nulla in certe fasce orarie, invece che passare il tempo in noiosa ed inutile attesa, possono ridurre gli orari di apertura ai periodi di maggiore afflusso e così via. In tal modo possono occupare il tempo in modo più efficiente e produttivo.
A chi sostiene che il rischio è lo sfruttamento dei dipendenti rispondiamo che le e anomalie e le eccezioni in tal campo vanno perseguite con strumenti propri, peraltro già esistenti, e i diritti dei lavoratori vanno fatti valere nelle sedi preposte (a livello di contrattazione o Ispettorati del lavoro). Semmai, il legislatore, se questi meccanismi non funzionassero, dovrebbe intervenire regolando meglio i diritti dei lavoratori e le loro tutele, non l’apertura dei negozi.
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