Divieto di chiamare dopo le 20 e nei giorni festivi, telefonate solo da numeri riconoscibili e che si possono richiamare, sanzioni per i call center abusivi: l’obiettivo è limitare le continue chiamate che riceviamo da operatori che ci propongono investimenti, offerte e servizi non richiesti, ma il via definitivo al Codice contro il telemarketing selvaggio ci libererà davvero dalle telefonate moleste?
L’approvazione del Codice
Il “Codice di condotta per le attività di telemarketing e teleselling” era stato approvato dal Garante per la protezione dei dati personali il 7 marzo scorso ed era entrato in vigore alla fine dello stesso mese. L’iter si era concluso con l’insediamento dell’Organismo di monitoraggio, organismo indipendente che verifica il rispetto del Codice e gestisce la risoluzione dei reclami, e i soggetti aderenti avevano 6 mesi di tempo, ora scaduti, per adeguarsi alle nuove disposizioni.
Quali sono le novità?
Il Codice di condotta ribadisce per società committenti e call center obblighi già previsti e ne introduce di nuovi, per tutelare la privacy dei cittadini e sanzioni per chi non li rispetta.
Queste sono le regole più importanti:
- I call center dovranno utilizzare solo numeri richiamabili o identificabili. Vietato, quindi, lo spoofing.
- Le chiamate di telemarketing non sono permesse prima delle 9.00 e dopo le 20.00 dal lunedì al venerdì, prima delle 10.00 e dopo le 19.00 del sabato o nei giorni prefestivi. Vietato chiamare la domenica o i giorni festivi.
- Le società dovranno raccogliere consensi specifici per le singole finalità e informare le persone contattate sull’uso dei loro dati, assicurando il diritto all’opposizione al trattamento, alla rettifica e all’aggiornamento dei dati.
Qual è il problema del nuovo Codice di condotta per i call center?
Chi spera che, con il via al nuovo Codice di condotta varato dal Garante per la privacy, smetteremo di essere continuamente bersagliati da telefonate commerciali indesiderate deve sapere, però, che non è esattamente così.
Qual è il problema del Codice di condotta? Semplice: non obbliga tutti a rispettare le regole.
L’adesione al Codice, infatti, è volontaria. Solo le società che scelgono liberamente di aderire sono soggette agli obblighi stabiliti. Il problema, quindi, è chiaro: ad aderire al Codice sono solo i call center che operano già in modo legittimo.
É “una inutile foglia di fico”, come l’aveva già definito il presidente di UNC Massimiliano Dona.
“Non è il primo codice di condotta, già in passato sono stati approvati e si sono dimostrati irrilevanti” dice Dona “I codici di condotta sono superflui per i call center che rispettano le norme, mentre non servono a nulla per chi viola sistematicamente le regole, fa telefonate moleste e aggressive, cerca di stipulare servizi non richiesti, contando sull’impunità”.
Che fine ha fatto il Registro delle opposizioni?
Per liberarsi delle telefonate selvagge dei call center è stato istituito il Registro pubblico delle opposizioni: chi iscrive il suo numero al Registro non deve più ricevere telefonate pubblicitarie.
Le società di telemarketing non possono più contattarle, perché iscrivendosi hanno annullato tutti i consensi alla pubblicità rilasciati fino a quel momento. Le uniche compagnie che possono continuare a contattare gli iscritti al Registro sono quelle con le quali si ha un contratto attivo oppure scaduto da meno di 30 giorni, come il nostro gestore telefonico o il nostro fornitore di luce e gas.
In realtà anche gli iscritti al Registro delle opposizioni non hanno mai smesso di ricevere chiamate spam, anche, secondo il Garante della privacy, a causa dei call center abusivi, il “sottobosco”.
Sono società piccole ma collegate tra loro, spesso difficili da individuare. A queste, anche le grandi aziende affidano le operazioni di telemarketing, permettendo loro, in modo consapevole o meno, di continuare ad agire illegalmente.
La posizione di UNC
I call center abusivi, o quelli che non operano in modo trasparente, naturalmente non aderiscono ai vari codici di condotta varati da Garante, AGCOM e associazioni.
I consumatori restano in balia di decine di telefonate indesiderate, senza che riescano a fare nulla per impedirlo.
“Si deve tornare al sistema dell’opt-in, ossia al regime (valido fino al 2009) che proibiva di telefonare a qualcuno se non aveva dato prima il suo espresso consenso ad essere chiamato” sostiene Massimiliano Dona, presidente di UNC “e dovrebbe sempre essere considerata scorretta la pratica di chiamare chi è iscritto al Registro delle opposizioni, anche per una sola telefonata, così che possa intervenire anche l’Antitrust. La legge n. 5 dell’11 gennaio 2018 è stata un fallimento e il nuovo Registro delle opposizioni è stato un flop“.