Shrinkflation, skimpflation e greedflation, sembrano giochi di parole ma si tratta di vere e proprie strategie di marketing che intaccano il potere d’acquisto delle famiglie in modo ben più subdolo del mero aumento dei prezzi.
Piuttosto che portare un cliente a cambiare prodotto e cercarne uno più economico, alcune aziende preferiscono mascherare gli aumenti di prezzi con dei fenomeni speculativi, ingannando sul valore reale del prodotto che offrono. Vediamo di cosa si tratta.
Shrinkflation, aiuto mi si è ristretto il gelato!
Vi è mai capitato di pensare, mangiando un gelato da una stagione all’altra, che lo ricordavate più grande? Non è un effetto ottico, ma una vera e propria strategia del marketing che diminuisce la quantità di prodotto, lasciando il prezzo invariato. Accade con i gelati, il numero di biscotti in una confezione, le merendine, la pasta, le bustine di tè, ma anche i detersivi, shampoo e sapone.
Noi di Unc siamo stati i primi a denunciare la sgrammatura dei prodotti: più volte Massimiliano Dona ne ha parlato su Instagram, abbiamo fatto alcune segnalazioni all’Antitrust che ha avviato un’istruttoria per assicurarsi che le strategie che vengano adottate dai produttori non siano scorrette; inoltre abbiamo anche portato il tema nella commissione d’inchiesta della Camera dei Deputati.
L’unica arma di difesa dei consumatori è controllare sempre il prezzo al chilo, ma non solo: è attiva sul nostro sito una petizione per norme che vietino la sgrammatura.
Skimpflation, quando la qualità resta un ricordo
Non solo diminuzione della quantità, negli ultimi anni stiamo assistendo anche alla riduzione della qualità di alcuni prodotti. E’ la così detta “skimpflation” (da to skimp: risparmiare) cioè la scelta dei produttori di sostituire uno o più ingredienti con componenti di minore quantità. Non riguarda solo il carrello della spesa ma anche gli alberghi, pensiamo ad esempio alla diminuzione dei turni di pulizie, ai ristoranti che hanno meno camerieri pur con lo stesso numero di coperti, i voli, in cui si paga extra anche il bagaglio a mano e gli snack. Insomma, se un servizio rallenta, viene ridotto o cancellato si tratta probabilmente di skimpflation.
Al supermercato spesso la skimpflation si cela dietro scritte “nuova ricetta” o simili; quel che accade nella maggior parte dei casi è che ingredienti di qualità vengono sostituiti con quelli più economici. Tipicamente il burro con la margarina o lo zucchero con prodotti di altro tipo e le uova fresche con ovoprodotti.
E’ una pratica molto scorretta perché sono pochi i consumatori che possono leggere attraverso la lista degli ingredienti e capire che quel prodotto si è impoverito, senza contare che la skimpflation erode anche la fiducia nei marchi, poiché il prodotto finale non soddisfa le aspettative di qualità.
Greedflation, attenzione all’avidità
Greedflation è letteralmente, l’“inflazione da avidità”. Cosa significa? In sostanza, nei passati due anni alcune imprese hanno approfittato dei rincari di energia e materie prime per giustificare ritocchi al rialzo dei loro listini.
Molte grandi aziende hanno aumentato significativamente i loro margini di profitto, a discapito dei consumatori e delle piccole e medie imprese, avendo, come conseguenza una crescente disuguaglianza e la riduzione del potere d’acquisto per la maggior parte della popolazione. Anche in questo caso non riguarda solo il supermercato, dove ad esempio si giustificano i rincari della frutta con la guerra in Ucraina o la protesta degli agricoltori, ma anche i servizi. Pensiamo al turismo che ha sicuramente affrontato anni di crisi a causa del Covid, ma gli aumenti attuali non sono giustificati.
Quello che le aziende sembrano non tenere conto è che questo comportamento alla lunga si trasforma in un boomerang perché mina la fedeltà del cliente al marchio e rischia di far implodere il mercato.