La metà di tutto lo spreco alimentare in Italia non avviene nei ristoranti o lunga la filiera, ma dentro le nostre case, dove buttiamo via tantissimo cibo che lasciamo andare a male, perché non lo conserviamo nel modo corretto o perché ne compriamo troppo. E rispetto all’anno scorso lo spreco alimentare in Italia è aumentato del 50%!
Il rapporto Waste Watcher 2024
Nel 2024 il cibo sprecato nelle case italiane ha toccato quasi un +50%, secondo il Rapporto 2024 di Waste Watcher International Observatory on Food & Sustainability, uscito quasi in concomitanza con la V Giornata Mondiale di Consapevolezza degli Sprechi e Perdite alimentari del 29 settembre.
Gli alimenti che si buttano di più sono sempre frutta e verdura, perché ne compriamo troppa rispetto alle nostre esigenze, perché la conserviamo male e anche perché oggi la acquistiamo di qualità sempre più scarsa. Spesso, poi, non sappiamo come usare gli avanzi e non abbiamo il tempo di riutilizzarli in altre ricette, ad esempio preparando in anticipo un certo numero di pasti da conservare.
E nonostante l’attenzione e l’interesse per la sostenibilità sembrano essere sempre più alti, in Italia sprechiamo sempre di più.
Nel 2024 lo spreco alimentare in Italia cresce del 45,6%: secondo i dati di Waste Watcher ogni italiano butta via ogni settimana 683,3 grammi di cibo. Nel 2023 erano 469,4.
Gli alimenti più sprecati sono frutta fresca (27,1 gr), verdure (24,6 gr), pane fresco (24,1 gr), insalate (22,3 gr), cipolle/aglio/tuberi (20 gr).
Perché sprechiamo così tanto cibo?
Il contesto economico italiano ha un ruolo nello spreco: l’inflazione, l’aumento del costo della vita e le guerre in zone da cui importiamo molte materie prime, insieme agli stipendi rimasti fermi, costringono gli italiani a ripensare la spesa e a cercare modi per risparmiare.
L’aumento dei prezzi spinge i consumatori a cambiare le proprie abitudini alimentari, in termini di quantità, ma soprattutto di qualità.
Il 42% degli intervistati ha detto di buttare frutta e verdura conservata nelle celle frigo perché una volta a casa va a male molto in fretta, il 37% perché gli alimenti vengono venduti già deteriorati. Per questo il 46% degli intervistati pensa che sia importante acquistare verdura e frutta di stagione, il 39% che sarebbe meglio acquistare i prodotti freschi più volte a settimana.
Spesso, per cercare di risparmiare, si approfitta delle offerte del supermercato acquistando più cose di quelle che ci servono (32%).
Chi spreca di più
Al Sud e al Centro si spreca il 9% in più rispetto alla media nazionale.
Al Sud ogni persona spreca 747 gr di cibo a settimana, al Centro 744 gr, mentre il Nord è relativamente più virtuoso con 606,9 g di cibo pro capite sprecato (-11% rispetto alla media nazionale).
Un dato preoccupante riguarda lo spreco alimentare nelle fasce di popolazione più fragili. Sembra un paradosso, ma quelle che nel Rapporto vengono indicate come ceto medio basso e ceto popolare sono quelle che sprecano di più in assoluto, soprattutto insalate (+25%), salse (+24%), pizza (+24%) e pasta cruda (+21%).
In realtà la spiegazione è molto più semplice di quanto si creda: le persone con una minore capacità di spesa tendono ad acquistare prodotti di qualità più scarsa, che si deteriorano molto velocemente.
Sprecano di più le famiglie senza figli (+6%) rispetto a quelle con figli (-17%) e i comuni medio-grandi rispetto a quelli piccoli.
Cosa succede negli altri Paesi?
L’Osservatorio Waste Watchers su cibo e sostenibilità è attivo dal 2013 con un focus esclusivamente sul nostro Paese, mentre nel 2021 ha cominciato ad analizzare anche i comportamenti degli altri Paesi del G7.
I Paesi che sprecano meno sono, per motivi diversi, Giappone e Francia.
In Giappone non si spreca frutta e verdura, per esempio, perché il loro prezzo è altissimo e si producono solo prodotti di qualità, che durano di più.
In Francia, invece, sono state adottate politiche di riduzione dello spreco, come la legge che vieta ai supermercati di distruggere il cibo invenduto, favorendo così la donazione.
In Canada, uno dei Paesi in cui la percentuale di spreco alimentare è più alta, il governo ha pensato a incentivi fiscali per aumentare le donazioni delle rimanenze e avviato politiche di educazione alimentare.
L’impegno dell’Europa e di UNC
Oggi, quindi, sprechiamo sempre di più mentre 36,2 milioni di persone non riescono a permettersi un pasto nutriente.
Per questo l’UE sta cercando strategie alternative, come l’introduzione di nuove tecnologie nella produzione e nella logistica, per combattere sprechi e perdite alimentari.
Questo è l’obiettivo di FoodGuard, il progetto europeo realizzato dall’Unione Nazionale Consumatori con 19 partner europei ed extra-europei, per sviluppare soluzioni tecnologiche innovative basate sul microbioma, sulle attività microbiche, sul packaging intelligente che monitora le condizioni degli alimenti e sull’ecolabelling dei prodotti.
Queste nuove tecnologie monitorano attivamente la conservazione di un prodotto, ma ne allungano anche la durata con i microbiomi, microrganismi di origine naturale impiegati in fase di lavorazione e confezionamento al posto dei conservanti chimici.
Prolungare la shelf-life degli alimenti deperibili significa ridurre gli sprechi.
Quali sono le soluzioni di FoodGuard?
Imballaggi ed etichette intelligenti, che cambiano aspetto grazie a sensori e marcatori microbici e molecolari, ma anche particolari pellicole contenenti colture protettive e/o antimicrobici naturali per allungare la vita dei prodotti, indicatori diretti di qualità, come sensori o codici a barre che monitorano l’evoluzione del prodotto comunicando i dati in tempo reale.
Queste soluzioni si concentrano soprattutto su alcune filiere di alimenti facilmente deperibili: carne, pesce, verdure fresche di IV gamma e formaggio.
Questo articolo è stato realizzato nell’ambito del PROGETTO FOODGUARD – 101136542.
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