Vastedda del Belice DOP
Latte: ovino
Pasta: pasta filata
Stagionatura: nessuna
Carta d’identità
La Vastedda della valle del Belice è un formaggio di pecora a pasta filata che va consumato fresco ed all’atto dell’immissione al consumo presenta le seguenti caratteristiche: la forma tipica di una focaccia con facce lievemente convesse; con il diametro del piatto che deve essere compreso tra 15 e 17 cm e l’altezza dello scalzo tra 3 e 4 cm; di peso compreso tra 500 e 700 gr in relazione alle dimensioni della forma; la superficie si presenta priva di crosta, di colore bianco avorio, liscia compatta senza vaiolature e piegature; è ammessa la presenza di una patina di colore paglierino chiaro; la pasta di colore bianco omogeneo, liscia, non granulosa, con eventuali accenni di striature dovute alla filatura artigianale; l’occhiatura deve essere assente o molto scarsa, così come la trasudazione; presenta l’aroma caratteristico del latte fresco di pecora con un sapore dolce, fresco e gradevole, con venature lievemente acidule; la percentuale di grasso non deve essere inferiore al 35 % sulla sostanza secca ed al 18 % sul prodotto fresco, la percentuale di cloruro di sodio (sale) non deve essere superiore al 5 % sulla sostanza secca ed al 2,7 % sul fresco. Il formaggio Vastedda della valle del Belice DOP è ottenuto con latte ovino intero, crudo, ad acidità naturale di fermentazione, di pecore di razza Valle del Belice. Il sistema di alimentazione degli ovini è costituito dal pascolo naturale e/o coltivato, da foraggi freschi, da fieni e paglia ottenuti nella zona di produzione individuata al punto 4, dalle ristoppie di grano e dai sottoprodotti vegetativi (l’erba cresciuta lungo i filari dei vigneti, frasche di ulivo della potatura invernale, cladodi di ficodindia, foglie di vite dopo la vendemmia). E’ consentita l’integrazione con granella di cereali, con leguminose e concentrati semplici o complessi NO OGM nella misura massima del 50 % della sostanza secca totale della razione. Nell’alimentazione è vietato l’utilizzo di prodotti derivati di origine animale e di piante o parti di piante (semi) di trigonella, tapioca e manioca. Il prodotto viene immesso al consumo in forme della dimensioni comprese tra 15 e 17 cm per il diametro e con altezza dello scalzo tra 3 e 4 cm, protette da un involucro in polietilene chiuso ermeticamente. Il confezionamento deve avvenire all’interno dello stesso caseificio di produzione in quanto trattasi di un prodotto fresco, al fine di garantire la qualità e in particolar modo per salvaguardare l’aspetto microbiologico del formaggio, ricco di batteri lattici autoctoni che lo rendono un prodotto “vivo” ed in continua evoluzione.
Le etichette apposte sull’involucro esterno del formaggio Vastedda della valle del Belice, realizzato in polietilene, devono riportare oltre al logo della denominazione la dicitura “Vastedda della valle del Belice”. Il logo può essere usato nelle pubblicazioni e nei materiali promozionali. E’ consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali e marchi non aventi significato laudativo e non atti a trarre in inganno il consumatore, purchè di dimensioni significativamente inferiori a quelle utilizzate per il contrassegno della D.O.P.
Il logo è costituito da un cerchio lungo la cui circonferenza con direzione da sinistra verso destra è riportata la dicitura “Vastedda della valle del Belice”, su un rigo e di colore verde scuro; all’interno, in basso, con direzione da sinistra a destra, è riportata la dicitura “Denominazione d’Origine Protetta” su un rigo e di colore bianco. All’interno del logo, nella parte superiore del cerchio, è raffigurato il sole stilizzato, dai contorni ben definiti e di colore giallo chiaro, dall’apice del quale si distacca una porzione a forma di lettera “V” quasi fosse una fetta; dal sole si dipartono inoltre n. 11 raggi di colore giallo, a mo’ di spicchi; il tutto su uno sfondo di cielo di colore azzurro. Inferiormente, nella parte centrale del logo, due colline di colore verde si intersecano dando origine ad una lettera “V” resa più evidente dal richiamo a strisce di colore verde chiaro che le sormonta.
Sulla destra vi è la raffigurazione parziale, stilizzata mediante strisce di colore giallo, di un tempio dorico, su due gradini e con quattro colonne che recano ognuna un capitello superiore; sui capitelli poggia l’architrave e quindi il tetto spiovente. Il diametro del logo inclusa la dicitura Vastedda della valle del Belice” deve essere di cm 4,00.
La zona geografica di allevamento degli ovini, di produzione del latte, di trasformazione e di condizionamento del formaggio Vastedda della valle del Belice DOP, è compresa nell’ambito dei territori amministrativi dei seguenti comuni: in provincia di Agrigento: Caltabellotta, Menfi, Montevago, Sambuca di Sicilia, Santa Margherita di Belice e Sciacca; in provincia di Trapani: Calatafimi, Campobello di Mazara, Castelvetrano, Gibellina, Partanna, Poggioreale, Salaparuta, Salemi, Santa Ninfa e Vita; in provincia di Palermo: Contessa Entellina e Bisacquino limitatamente alla frazione denominata “San Biagio”. Il territorio di produzione del formaggio Vastedda della valle del Belice è caratterizzato da suoli bruni calcarei, litosuoli, regosuoli e vertisuoli e da pascoli, naturali e coltivati ricchi di essenze spontanee e di ecotipi locali le cui composizioni botaniche sono costituite da leguminose, graminacee e crocifere che sono alla base dell’alimentazione degli animali e che numerosi studi scientifici hanno dimostrato avere influenza sulla produzione casearia in quanto capaci di modificarne la composizione chimica e aromatica. I fattori climatici dell’area di produzione della Vastedda della valle del Belice sono diversi rispetto ad altre aree della Sicilia, infatti le temperature massime (35 °C) e minime (9 °C) rilevate nella Valle del Belice e la particolare orografia dell’area di produzione evitano quei bruschi cambiamenti climatici che possono interagire con la microflora casearia autoctona che caratterizza il formaggio Vastedda della valle del Belice. Inoltre da sempre nella Valle del Belice viene utilizzato per la produzione di Vastedda il latte di pecora autoctona, oggi elevata a razza “Valle del Belice” nota per la produzione di un latte con buone caratteristiche casearie. La Vastedda della valle del Belice è legata in maniera indissolubile al particolare ambiente edafico della zona, alle essenze pabulari locali, alle caratteristiche tecnologie di lavorazione del latte praticate dai maestri casari nonchè all’impiego delle attrezzature storiche in legno ed in giunco dove si annidano ceppi della microflora casearia autoctona che sono in grado di rendere la Vastedda della valle del Belice un formaggio unico nel suo genere. Se non l’unico la Vastedda valle del Belice è sicuramente uno dei pochissimi formaggi ovini a pasta filata. Ha un gusto particolare tipico del formaggio fresco di pecora, con note lievemente acidule e mai piccanti. La pasta è compatta bianca con qualche striatura dovuta alla filatura artigianale. Ha la forma tipica di una focaccia con facce lievemente convesse.
L’ovinicoltura e l’attività casearia, nell’area di produzione del formaggio Vastedda della valle del Belice, hanno un’antichissima tradizione; ancora oggi l’allevamento è di tipo tradizionale e viene praticato in ovili in grado di offrire un ricovero adatto alle esigenze degli ovini e al loro benessere, con positivi riflessi sulla qualità del latte utilizzato nella produzione della Vastedda della valle del Belice. La composizione botanica dei pascoli naturali e coltivati, influenza la composizione sia chimica che aromatica del latte conferendo al formaggio il suo particolare sapore e aroma. Hanno un ruolo fondamentale nel determinare il sapore e l’aroma finale del prodotto sia la modalità artigianale di preparazione del caglio che trasferisce al formaggio un particolare patrimonio enzimatico, che l’acidificazione della pasta all’interno delle fuscelle di giunco, operata esclusivamente da una microflora naturale tipica della zona. Inoltre l’operazione della filatura artigianale vera e propria richiede una abilità particolare vista la poca attitudine del latte di pecora ad essere trasformato in formaggi a pasta filata. Il nome Vastedda deriva dalla forma che il formaggio acquisisce dopo la filatura, quando viene messa a rassodare in piatti fondi di ceramica, “Vastedde”, onde conferirgli la forma di pagnotta.