D’estate si fa un gran consumo di yogurt anche perché si praticano le diete e da un po’ di tempo è stato promosso come alimento “probiotico”, cioè che aiuta la vita. In effetti lo yogurt fin dai tempi lontani è considerato un alimento salutare e nel mondo ne esistono ben 25 tipi, ma circolano anche semplici latti fermentati e sterilizzati senza i lattobacilli che contraddistinguono il vero yogurt e ai quali sono attribuiti gli effetti benefici o probiotici.
I lattobacilli si nutrono di lattosio, uno zucchero naturalmente presente nel latte (che per questo ha un sapore un po’ dolce) e che da alcuni individui non è tollerato. In Italia una persona su dieci non digerisce il latte proprio per tale motivo, in quanto l’apparato intestinale è privo di una particolare proteina che ha il compito di “spezzare” il lattosio in modo da renderlo digeribile.
Le stesse persone, però, digeriscono perfettamente lo yogurt grazie a due specie di microbi presenti naturalmente nel latte che sono ghiotti di lattosio: piano piano questo zucchero viene trasformato in acido (acido lattico) e il latte diventa yogurt. Il processo si chiama “fermentazione” e i due tipi di microbi si chiamano Streptococcus thermophilus e Lactobacillus bulgaricus. Il secondo produce per lo più l’acido lattico, mentre il primo è responsabile principalmente dell’aroma e della consistenza del prodotto.
Quando il lattosio si è trasformato in acido lattico, favorisce anche le funzioni digestive e per questo lo yogurt trova sempre più estimatori. Ma quanti devono essere i lattobacilli per avere un effetto benefico? In Italia non c’è una legge, ma in base ad alcune direttive del ministero della Sanità, allineate alle disposizioni francesi, i lattobacilli vivi e vitali devono essere almeno 100 milioni per grammo alla produzione e 1 milione al momento del consumo. La differenza tra la quantità minima prescritta al momento della produzione e in quello del consumo ha una ragione: più tempo passa e più i lattobacilli dello yogurt diminuiscono, fino a scomparire. La seconda regola nella scelta del prodotto, quindi, è preferire una data di scadenza il più possibile lontana, ma purtroppo non si tratta di una regola assiomatica, poiché la data è a discrezione del produttore e, inoltre, alla produzione uno yogurt potrebbe avere molti più lattobacilli di un altro. Comunque, quelli di marche affermate danno generalmente più garanzie che siano fabbricati “a norma UNI”, l’ente italiano di normazione che emana le norme tecniche della “regola dell’arte” nei settori non disciplinati da leggi.
L’UNI ha stabilito infatti che al momento del consumo, ovvero fino alla data di scadenza, lo yogurt deve avere 10 milioni per grammo di lattobacilli vivi. Va ricordato anche che la congelazione non uccide i lattobacilli e, quindi, nel “gelato allo yogurt” il consumatore può trovare almeno la quantità minima prevista per lo yogurt. Anzi, il “codice di autodisciplina per i prodotti della gelateria industriale”, al quale aderiscono le maggiori aziende, impone di usare yogurt fresco con almeno 10 milioni di lattobacilli per millilitro, qualora si intenda dare al gelato la denominazione “allo yogurt”.
A differenza della cottura al forno, che nei prodotti dolciari uccide i lattobacilli, la congelazione ne iberna le cellule che si “risvegliano” alla temperatura dell’organismo quando il gelato viene ingerito e possono così produrre i loro effetti benefici, anche se il gelato viene consumato molti mesi dopo. Grosso modo il consumatore può capire dal sapore se lo yogurt contiene molti lattobacilli. Se è notevolmente acido, significa che, rispetto ad altri yogurt, c’è più acido lattico e che, quindi, i lattobacilli sono di meno perché hanno cominciato ad esaurire la loro funzione non avendo più il lattosio da utilizzare come nutrimento e da trasformare in acido lattico. Se invece il sapore è più dolce, vale il ragionamento inverso. Purtroppo anche questa non è una regola tassativa, in quanto bisognerebbe conoscere le proporzioni dei due lattobacilli, che secondo la buona tecnica di produzione dovrebbero equivalersi: il sapore più dolce potrebbe essere dato semplicemente dall’assenza o dalla scarsa quantità di Lactobacillus bulgaricus, che per lo più ha la funzione di produrre l’acido lattico.
Ancora una volta il riferimento più utile può essere quello delle marche affermate, che verosimilmente praticano una buona tecnica. Va ricordato, infine, che lo yogurt non può contenere additivi o coloranti, ma il divieto riguarda quello normale, non quello alla frutta, nella quale possono esservi i conservanti.
Autore: Unione Nazionale Consumatori Data: 12 marzo 2015