Registrare una telefonata tra due persone, entrambe presenti ma all’insaputa dell’altro, è lecito e non richiede alcuna autorizzazione del giudice o della polizia. Portare con sé una
microspia o un semplice
smartphone con l’applicazione di registrazione vocale in modalità “on” non è illegale e il file audio può essere utilizzato per sporgere querela o in un giudizio civile (un risarcimento, un recupero crediti, ecc.). Ciò che è illecito, invece, è lasciare un
registratore in una stanza e andare in un’altra sperando che gli “intercettati” si sentano liberi di parlare senza timore di essere controllati. Ma è legale registrare una telefonata? Se il telefono dell’altra persona è collocato proprio nella sua abitazione, si potrebbe commettere reato di invasione della privacy. Cerchiamo di fare chiarezza su tutti questi casi di
violazione della Privacy o presunta tale.
Cos’è un’intercettazione telefonica
Anche se spesso si parla di
“intercettazione telefonica” con riferimento alla registrazione di una chiamata fatta da chiunque, in realtà le
“intercettazioni” sono solo quelle effettuate dalla polizia giudiziale su autorizzazione del giudice. Tali intercettazioni, volte alla ricerca della prova nei confronti dell’indagato, possono avvenire solo
nel rispetto di determinati limiti (di spazio, di tempo e per specifici e gravi reati).
Se però la polizia ha le mani legate, il privato cittadino non le ha ed
è sempre libero di registrare una conversazione o una telefonata senza dover chiedere il permesso alle autorità. Vedremo a breve come deve svolgersi tale attività per poter essere lecita.
Registrare una conversazione all’insaputa dei presenti
È lecito registrare una conversazione che si intrattiene tra più persone ed all’insaputa di tutti o solo di alcuni. Chi parla accetta anche il rischio di essere registrato, dice la Cassazione. È però necessario che:
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alla conversazione partecipi colui che sta registrando. Questi non può limitarsi a lasciare il registratore e ad andare via, così facendo presumere agli altri di essere liberi di dire ciò che vogliono;
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la registrazione non avvenga nei luoghi di privata dimora della “vittima”. Ad esempio, è illegale andare a casa di un amico o nel suo ufficio riservato e attivare il registratore. Bisognerebbe chiedergli invece di scendere in strada o di andare al bar e solo lì, in un luogo pubblico, attivare la microspia. È anche possibile registrare in casa propria quello che dicono invece gli ospiti.
Registrare una telefonata all’insaputa dell’altro
Così come è legale la registrazione di una conversazione tra presenti e all’insaputa di questi,
la registrazione di una telefonata con un’altra persona ignara di essere “intercettata” non viola l’altrui privacy e, quindi, non costituisce reato (quello di «interferenze illecite nella vita privata» ). Questo perché, secondo la
Cassazione, la registrazione non fa che fissare, su una memoria elettronica, ciò che è già “nostro” e fa parte del nostro patrimonio sensoriale, essendo stato captato dal nostro udito e immagazzinato nella nostra memoria. Insomma, poiché la conversazione diventa parte del nostro bagaglio di conoscenze, la registrazione di una chiamata su un file audio o video altro non è altro che una ripetizione di ciò che la nostra stessa memoria ha già compiuto: l’immagazzinamento di un fatto storico a cui abbiamo partecipato direttamente. Vietare la registrazione, del resto, sarebbe più o meno come comandare di “dimenticarsi di una conversazione” . Il che è assurdo.
Per citare le parole della
Suprema Corte, la registrazione fonografica di una conversazione o di una
comunicazione a opera di uno degli interlocutori non è riconducibile, quantunque eseguita clandestinamente, alla nozione di intercettazione, ma costituisce forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, della quale l’autore può disporre legittimamente, anche a fini di prova nel processo. A tal fine nulla rilevando che sia stata la polizia giudiziaria a fornire al privato, che provvede alla registrazione, lo strumento per la registrazione.
Tale è stato anche l’orientamento espresso dalle Sezioni Unite della Cassazione nella famosa sentenza “apripista” del 2003 secondo cui la registrazione del colloquio, in quanto rappresentativa di un fatto, integra la prova documentale.
Posso far sentire ad altri o pubblicare la conversazione telefonica?
Se è legale registrare una telefonata, non lo è invece la pubblicazione del suo contenuto. Non si può quindi far ascoltare l’audio a una platea di uditori (ad esempio nel corso di una riunione di condominio), non si può pubblicare il file su internet o su un social network (a meno che si distorca il suono in modo da non far risalire all’autore della dichiarazione e vengano oscurati eventuali altri nomi citati nella conversazione).
La legge vieta infatti solo la diffusione della conversazione salvo ci sia il consenso di tutti coloro che vi hanno partecipato (e non solo di uno).
Resta chiaramente lecito far sentire il contenuto della registrazione telefonica a un giudice, a un carabiniere, a un poliziotto e a qualsiasi altra autorità preposta alla tutela dei diritti del cittadino.
Ad esempio, è possibile fa ascoltare il file nel corso di un procedimento disciplinare dinanzi al proprio datore di lavoro; in una causa di separazione o divorzio per dimostrare, ad esempio, l’altrui confessione di tradimento; o in un giudizio per il recupero di un credito, per provare l’ammissione del debitore.
Sembrerà strano ma è proprio il
Codice della Privacy a consentire la registrazione di una telefonata eseguita all’insaputa dell’altro conversante. Ciò infatti è necessario
“per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento”.
Si può registrare una videoconferenza?
Le stesse regole previste per il telefono o lo smartphone valgono anche per le
video conferenze. È lecito quindi registrare una chiamata via Skype o con qualsiasi altra applicazione per i video messaggi, fosse anche WhatsApp, Messenger, Zoom o altri.
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Fonte: https://www.privacyitalia.eu/
Data: 30 novembre 2017
Aggiornamento: 24 maggio 2021