Reclamo N° 130206

Ascanio
21 Novembre 2018
Desidero sottoporre alla Vs. cortese attenzione quanto segue. La Banca, l’Inps e il Pensionato È una trilogia ricorrente nel mercato dei prestiti nella fattispecie della cessione del quinto dello stipendio o pensione; il meccanismo viene frequentemente usato specie nei periodi di congiuntura bassa. Nella pratica del rapporto tra i suddetti tre attori c’è qualcosa che dovrebbe essere rivisto perché d’interesse generale. In breve, il cessionario della quota (1/5) dà mandato all’Inps - di fatto gestore del debito perché il cessionario non può più intervenire - di pagare mensilmente alla banca le quote di ammortamento. Tuttavia in un sistema pensionistico in continuo adeguamento anche per la mobilità dei lavoratori e pensionati non è ammissibile una clausola che non preveda l’aggiornamento della rata del debito che è proporzionata all’importo della pensione medesima con riferimento al CUD e pertanto non è negoziata dal debitore e nel corso della vita del prestito è aggiornata in automatico dall'INPS. In tale circostanza Findomestic (Banca con la quale ho in corso il contratto) considera la differenza tra l’importo iniziale e quello attuale come quote insolute che vanno pertanto recuperate e sulle quali viene calcolato un interesse di mora. In tale meccanismo il cessionario diviene moroso e perseguibile a termine di legge. Di fatto, l’ammontare del debito risulta aumentato e allungato nei tempi.  Nel caso mio caso specifico si è verificato che l’importo della pensione sia stato aggiornato e, in automatico, la rata pagata dall’INPS a Findomestic è risultata inferiore a quella inizialmente prevista nel piano di ammortamento. Tutto ciò è avvenuto a mia insaputa e di cui occasionalmente sono venuto a conoscenza con una mia visita alla filiale Findomestic a Roma, dove mi è stato consigliato di rivolgermi alla sede di Milano. Dopo varie infruttuose telefonate mi è stato detto di rivolgermi all’Ufficio Reclami con sede a Firenze che peraltro tempo addietro quando ero residente all’estero, mi aveva inviato un’intimazione a pagare. Detto Ufficio peraltro ha avuto difficoltà a reperire la mia pratica che era stata archiviata, ma nel frattempo la mia posizione debitoria è peggiorata mese dopo mese.  Di fatto, a fine ottobre 2018 il mio debito per “quote non contabilizzate/insolute N.36” è  pari a 3.109,84 + interessi 406,50, di cui ho chiesto chiarimenti senza riscontro. Nel frattempo ci sono stati disguidi amministrativi perché la mia pratica era introvabile e un comportamento arrogante dell’Ufficio Reclami. Ho contestato il conteggio degli interessi sulle somme arretrate - con copia all’INPS - perché inopportuno e quindi non dovuto. Ho anche chiesto la rinegoziazione del debito per sistemare la mia posizione, ma tale operazione non è stata possibile a causa della mia posizione morosa! Che continuerà a peggiorare sino al 2022, cioè alla scadenza del contratto. Nel frattempo Ufficio Reclami di Firenze, dopo otto reclami, mi ha comunicato di aver passato la pratica all’Ufficio competente. Ma non era l’Ufficio medesimo competente in materia? È mia opinione che sia Findomestic sia l’INPS, debbano intervenire per cambiare la clausola contrattuale in argomento che danneggia la posizione del cessionario del V. Peraltro, non penso che l’INPS possa rimanere acquiescente, ma tutelare il pensionato. Anzitutto,(1) il cessionario deve essere informato della modifica della rata; (2) poi chiedere al medesimo se intende rinegoziare il debito o continuare a pagare la rata iniziale. Non è accettabile che il pensionato non possa intervenire nel ricorrere delle circostanze sopra evidenziate. Siamo do fronte a un contratto leonino?  Grato di un cortese riscontro. Cordiali saluti Ascanio Graziosi Cessionario del V
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