Reclamo N° 160115

Giuseppina
13 Agosto 2019
Vorrei richiedere la vostra assistenza riguardo il furto di una carta di pagamento e i conseguenti prelievi e pagamenti fraudolenti. L’Arbitro Bancario Finanziario ha purtroppo respinto il ricorso adducendo come motivazione che la banca ha sufficientemente provato la negligenza nella custodia del PIN. Di seguito la risposta dell’Arbitro Bancario Finanziario con i dettagli. Ribadisco che il PIN non era custodito insieme alla carta e, differentemente da come affermato di seguito, anche una carta emessa da un’altra banca è stata rubata e utilizzata indebitamente (mentre di seguito si afferma che “siano state contestualmente sottratte più carte di pagamento, ma solo una sia stata concretamente utilizzata”). Cordiali saluti --------- La ricorrente chiede la restituzione della somma di euro 1907, corrispondente all’importo di tre operazioni disconosciute a seguito di asserito furto dello strumento di pagamento. La stessa riporta che, a seguito del furto della borsetta, sono stati fraudolentemente utilizzati il bancomat e la carta di credito in essa contenuti, aperti presso la banca resistente, per un totale di 1907 euro. Tale importo le era stato in un primo momento ristorato dalla banca, la quale però lo ha poi nuovamente addebitato alla ricorrente, supponendo la negligenza della titolare nell’aver custodito i PIN insieme alle carte (circostanza esplicitamente negata dalla ricorrente). Puntualizza infine che altra banca, presso cui la ricorrente era analogamente titolare di una carta di credito, sottratta nelle medesime circostanze di cui sopra, ha provveduto immediatamente al ristoro di quanto sottratto fraudolentemente, senza necessità di ulteriori procedure. L’intermediario innanzitutto, riscostruisce il fatto come segue. In data 23.3.2018 verso le ore 18.05 la ricorrente prendeva la metropolitana alla fermata di Roma Termini congiuntamente al marito, scendendo alla fermata di Piazza Bologna. “Una vola rientrata a casa” riceveva tre sms ed una telefonata da un operatore della banca con cui veniva informata del fatto che erano state effettuate operazioni anomale con la suddetta carta bancomat. “In quel momento”, si accorgeva che il portafoglio nel quale la carta -tra le altre cose- era custodita non era più all’interno della sua borsa, e provvedeva dunque al blocco della carta (ore 18.45 del 23.3.2018). Il giorno successivo (24.3.2018) la ricorrente sporgeva denuncia presso l’A.G. integrata il 28.3.2018, nella quale venivano allegate tre operazioni eseguite il 23.3.2018 con la tessera bancomat di cui sopra da lei disconosciute, e precisamente: • Un prelievo di euro 150,00 eseguito alle ore 18.28; • Un prelievo di euro 250,00 eseguito alle ore 18.29; • Un pagamento di euro 1503,00 eseguito alle ore 18.36. La ricorrente precisava che il portafoglio le era stato rubato in metropolitana e che all’interno dello stesso non vi era alcun biglietto con i codici PIN appuntati. Infine, il 29.3.2018 la cliente presentava presso la filiale di competenza il modulo di disconoscimento delle suddette operazioni, chiedendo il rimborso delle somme fraudolentemente sottratte. Alla luce delle risultanze informatiche emerse a seguito degli accertamenti svolti, l’Ufficio Reclami della banca comunicava alla cliente di non poter accogliere la richiesta di restituzione degli importi sottratti: In diritto, l’intermediario si è difeso evidenziando la responsabilità della ricorrente nell’effettuazione delle operazioni disconosciute e la legittimità del conseguente addebito in conto, essendo state realizzate le suddette operazioni: • In prossimità temporale rispetto al furto della carta, avvenuto tra le 18.05 e le 18.28 (orario della prima operazione disconosciuta); • Con l’utilizzo del dispositivo originale e non con una carta clonata come confermato dal verificato utilizzo del microchip • Prima della comunicazione del blocco della carta oggetto di furto (avvenuto ore 18.45); • Con la digitazione del relativo numero segreto della carta affidato in custodia alla cliente; • In assenza di alcuna anomalia, come confermato da tutte le verifiche effettuate. Richiamando precedenti di questo Arbitro, l’intermediario ha rilevato l’impossibilità di estrarre il PIN dalle carte dotate di microchip, soprattutto in un ristretto arco temporale. Dalla ricostruzione dei fatti l’intermediario ha fatto discendere la negligenza nella custodia e nella cura degli strumenti di pagamento in possesso dell’attuale ricorrente, ritenendo dimostrato che gli utilizzi contestati siano stati resi possibili esclusivamente a causa dell’inosservanza degli obblighi di custodia della carta e del relativo PIN da parte della cliente. Il ricorso non appare meritevole di tutela. Preliminarmente il Collegio osserva come, trattandosi di operazioni poste in essere in data 23.03.2018, alle stesse deve applicarsi il d.lgs. 27 gennaio 2010, n.11, come modificato dal d.lgs. 15 dicembre 2017, n.218 di attuazione della direttiva (UE) 2015/2366 relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno (c.d. PSD2), secondo cui è onere dell’intermediario provare che l’operazione sia stata autenticata, correttamente registrata e contabilizzata (ex art. 10 del D. Lgs. 11/10) e, laddove l’intermediario non fornisca la prova di un sistema di autenticazione forte, l’utilizzatore non risponde se non per frode. Analizzando le operazioni contestate, innanzitutto, il Collegio ritiene di valorizzare la stretta prossimità temporale rispetto al momento del furto della carta. Le tre operazioni contestate sono state, infatti, effettuate in data 23.3.2018: prelievo di euro 150,00 eseguito alle ore 18.28; prelievo di euro 250,00 eseguito alle ore 18.29; pagamento di euro 1.503.00 eseguito alle ore 18.36. Inoltre il sistema di autenticazione delle operazioni di pagamento disposto dall’intermediario prevede l’utilizzo di microchip, con digitazione del PIN. Dalla documentazione in atti risulta altresì provato che le operazioni in contestazione sono state tutte effettuate prima del blocco dello strumento, in assenza di anomalie e contestuale impiego di tecnologia chip e pin, validamente registrate e contabilizzate. In considerazione di ciò deve ritenersi assolto l’onere probatorio gravante sull’intermediario ex art. 10 d.lgs. 11/2010 (cfr. Collegio di Milano, decisione n.1588/2017). A ciò deve aggiungersi, in virtu’ di quanto innanzi rilevato che, nella valutazione del grado di diligenza del cliente nella custodia del PIN, un ridotto arco temporale tra il furto e l’utilizzo fraudolento costituisce un elemento particolarmente qualificante, unitamente ad altre circostanze, quali la presenza del microchip e l’assenza di errori nella digitazione del PIN (Cfr., ex multis: Collegio di Roma, decisione n.15186/2017 (respinto), Collegio di Roma, decisione n.10977/2018 (respinto), Cf. anche Collegio di Coordinamento, decisione n.5304 del 17 ottobre 2013); si tratta, infatti, di circostanza idonea ad escludere che i ladri abbiano proceduto a digitare il PIN per tentativi ovvero li abbiano estratti dagli strumenti di pagamento ed è, anzi, funzionale a fondare la presunzione che i codici dispositivi fossero custoditi unitamente alle carte elettroniche. Tale circostanza assume maggiore rilievo ai fini della prova presuntiva della colpa grave del titolare nell’ipotesi – riscontrata nel caso di specie – in cui siano state contestualmente sottratte più carte di pagamento, ma solo una sia stata concretamente utilizzata, giacche’ concorre a presumere che il PIN fosse custodito congiuntamente allo strumento e ad esso immediatamente associabile (Cfr., ex multis: Collegio di Roma, decisione 13.7.2017 n 8399). Il Collegio ritiene che sia stata dedotta la negligenza nella custodia e nella cura degli strumenti di pagamento in possesso dell’attuale ricorrente, e che dunque debba ritenersi dimostrato che gli utilizzi contestati siano stati resi possibili esclusivamente a causa dell’inosservanza degli obblighi di custodia della carta e del relativo PIN da parte della ricorrente. Per questi motivi, il Collegio respinge il ricorso.
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