Reclamo N° 52035
Antonio enrico maria
24 Giugno 2017
Mia figlia ha chiesto l'assistenza di un avvocato del Foro di Milano per una separazione. Essendovi rapporti di particolare amicizia fra il coniuge e l'avvocatessa che lo assisteva, ha scelto un altro avvocato. I due avvocati si sono limitati a contatti fra di loro e con i loro assistiti per formulare un'ipotesi di trattamento economico, e tale ipotesi si sono presentati al giudice, che ha formalizzato la separazione. Per tale prestazione professionale il marito di mia figlia ha ricevuto dal suo avvocato una parcella di poche centinaia di euro, mentre mia figlia ha ricevuto dal suo avvocato una parcella inizialmente di 26.000 euro, poi "ridotta" a 15.000. La motivazione addotta dall'avvocato per l'entità di tale parcella è stata che la separazione non è stata consensuale ma giudiziale perché i coniugi non avevano già pronto l'accordo economico, che è stato raggiunto "grazie" alla mediazione dei due avvocati, e che le norme prevedono che la parcella sia proporzionale al valore dei beni (il bene in questione era un appartamento del valore commerciale di circa 700.000 euro, intestato a mia figlia, ma su quale grava un mutuo in gran parte ancora da pagare, e che al termine della "mediazione" è risultato diviso al 70% a mia figlia e al 30% al coniuge). Gradirei sapere se il comportamento dell'avvocato di mia figlia è corretto. Grazie.
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