La colza è una pianta Brassicacea dai cui semi si estrae un olio alimentare. I campi di colza sono facilmente riconoscibili per il bel colore giallo che assumono quando sono in fiore. La colza selvatica ha un elevato contenuto di acido erucico, un acido grasso monoinsaturo che può arrecare danni al cuore. Grazie a tecniche di selezione è stato possibile ottenere delle piante che danno un olio in cui l’acido erucico è di circa lo 0,5 % dei grassi totali. L’EFSA il 9 novembre 2016 ha pubblicato la sua valutazione dei rischi derivanti dal consumo di acido erucico.
Il titolo del documento “Acido erucico: possibile rischio per la salute dei bambini altamente esposti “ non è molto rassicurante. Nel breve riassunto introduttivo l’EFSA dice:
“L’acido erucico, un contaminante naturale presente negli oli vegetali, non costituisce un problema di sicurezza per la maggior parte dei consumatori, in quanto l’esposizione media è meno della metà del livello di sicurezza. Può tuttavia costituire un rischio a lungo termine per la salute di bambini di età fino a 10 anni che consumino elevate quantità di alimenti contenenti questa sostanza”
Cerchiamo di capire meglio.
Nel parere si dice che la dose accettabile giornaliera per i consumatori è di 7 mg per kg di peso corporeo.
Per quanto riguarda i consumi è stato stimato che le persone adulte in media consumano da 0,3 mg a 4 mg per kg di p.c. al giorno. Nei bambini fino a 10 anni invece si può arrivare fino a 7,4 mg di kg di p.c. al giorno. In particolare è stato stimato che da 0 a 12 mesi di vita l’acido erucico deriva dal latte artificiale, mentre dopo dai vari dolci e prodotti da forno.
L’Efsa dice anche di non essere certa dei dati riguardanti i bambini e che potrebbe esserci stata una sovrastima.
Occorre anche rilevare che i consumi sono riferiti a diversi Paesi e non soltanto all’Italia. Da noi si consumano diversi altri oli e solo di recente potrebbe esserci stato un incremento dell’olio di colza anche perché alcune aziende hanno eliminato l’uso di olio di palma.
Il problema, semmai dovesse esistere, riguarda alcuni latti in polvere per bambini lattanti in cui l’olio di colza è un componente importante.
In ogni caso dalla lettura della composizione riportata in etichetta si può facilmente sapere se il nostro alimento contiene o meno olio di colza e quindi comportarsi di conseguenza.
La speranza è che adesso non si scateni una nuova emergenza mediatica e che magari le aziende alimentari, applicando un presunto e non richiesto principio di precauzione, scrivano sui loro prodotti “senza olio di colza”.
Andando di questo passo troveremmo sul mercato delle scatole di alimenti vuote con la scritta “senza niente”.