La maggior parte dei nostri alimenti sono “vivi”, ovvero molte reazioni “biochimiche” rimangono attive anche dopo che la frutta, la verdura, la carne, il pesce, le uova sono avviate al consumo compromettendone la qualità e la sicurezza.
Inoltre gli alimenti, sia freschi, sia trasformati sono il “terreno” ideale per lo sviluppo di microrganismi in grado di fare perdere le caratteristiche di commestibilità rendendo anche potenzialmente pericolosi gli alimenti stessi.
Sia “reazioni”, sia lo sviluppo dei microrganismi sono possibili grazie alla presenza di adeguate quantità di acqua. Infatti gli alimenti secchi (semi di cereali, leguminose, frutta secca, carne essiccata, ec.) in cui l’acqua è inferiore al 12% si conservano con relativa facilità.
Un altro metodo di conservazione è il freddo; alla temperatura di frigorifero (tra 4°C e 8 ° C) si ha un forte rallentamento dei processi degradativi. Scendendo sotto lo zero l’acqua si congela e di conseguenza le reazioni biochimiche e lo sviluppo dei microrganismi sono temporaneamente bloccati.
Anche il calore è molto efficace. Negli alimenti trattati a temperature oltre i 100 °C (prodotti in scatola, salumi cotti, latte a lunga conservazione, ecc.) si la “sterilizzazione” che blocca le reazioni biochimiche e uccide tutti i microrganismi.
Esistono infine dei metodi di conservazione che utilizzano le capacità “osmotiche” del sale e dello “zucchero” mediante la sottrazione dell’acqua dagli alimenti come nel caso dei salumi, dei formaggi e le “confetture” di frutta.
Gli alimenti trasformati e conservati mantengono inalterate le proprietà organolettiche e di sicurezza, ma con il tempo possono comunque deteriorarsi; per evitare che questo avvenga si utilizzano degli “additivi conservanti”. Si tratta di sostanze chimiche in grado di bloccare eventuali fenomeni degradativi e anche impedire “aggressioni” microbiche.
Si possono utilizzare soltanto sostanze di cui è stata dimostrata l’efficacia “conservante” e soprattutto l’assenza di pericoli per i consumatori; il loro impiego deve essere autorizzato dalle Autorità sanitarie che definiscono anche le modalità di utilizzazione.
Ad ognuno degli additivi viene attribuita una sigla costituita dalla lettera E a cui segue un numero; nelle etichette degli alimenti trasformati deve essere riportata l’eventuale presenza degli additivi.
Additivi conservanti.
Gli additivi conservanti che più frequentemente troviamo nei nostri alimenti sono gli antimicrobici e gli antiossidanti. Di seguito si riporta sommariamente l’elenco di tali additivi e anche degli alimenti in cui possono essere impiegati.
Antimicrobici
- Acido sorbico e sorbati (E 200 – E 203). Formaggi fusi, ortofrutticoli trasformati, alcuni prodotti da forno, alcune salse.
- Acido benzoico e benzoato di sodio (E210 – E213) Yogurt, ortofrutticoli trasformati, prodotti dolciari, prodotti ittici trasformati
- Natamicina (E235) Trattamento superficiale di alcuni formaggi e salumi
- Nitriti e nitrati (E240 – E 259) Salumi
- Acido propionico e propionati (E 280 – E 283) Aceto, formaggi, prodotti ittici
- Solfiti (E220 – E 228) Frutta secca, vino, bevande alla frutta
Antiossidanti.
- Acido ascorbico e ascorbati (Vitamina C) (E 300 -E 302)- Prodotti da forno, succhi di frutta, bevande gassate
- Tocoferolo e derivati (Vitamina E) (E306 – E309) – Alimenti a base di carne, grassi, integratori alimentari
- Butilidrossianisolo (BHA), Butilidrossitoluene (BHT) (E 320 – E321) margarine e alimenti grassi
- Acido citrico (E 330) Confetture, bevande analcoliche, gelatine, salse.
Le modalità di utilizzazione degli additivi sono stabilite da leggi comunitarie tenendo conto della loro efficacia e degli eventuali livelli di pericolosità. Infatti per ogni additivo esiste una Dose Accettabile Giornaliera (DAG)che non deve essere superata. Ad esempio per il BHA la DGA è di 1 mg per ogni chilo di peso corporeo (una persona di 60 kg può assumere in sicurezza fino a 60 mg al giorno), per l’acido benzoico è di 5 mg/kg al giorno, per i nitriti di 0,07 mg/kg al giorno.
Le varie DGA sono riportate nelle leggi e Regolamenti nazionali e comunitari che generalmente sono conosciute dagli “addetti ai lavori”, ma raramente dai comuni cittadini.
Sono dei limiti molto prudenziali e i singoli produttori cercano di evitare di aggiungere ai loro alimenti quantità di additivi che potrebbero fare superare le DAG anche perché le Autorità Pubbliche esercitano dei controlli. Nelle etichette viene riportato il nome degli additivi aggiunti, ma non la quantità per cui il consumatore deve fidarsi che in uno specifico alimento le quantità di additivi ingeriti siano sicuri. Purtroppo però uno stesso additivo può essere aggiunto in diversi alimenti e quindi potrebbe assumerne quantità tali da superare la DGA.
Ad esempio se una persona che beve aranciata, vino e mangia frutta secca, nei tre alimenti potrebbe trovare dei solfiti e magari superare la DGA .
A proposito dei solfiti alcune persone sono allergiche e dovrebbero evitare di consumare gli alimenti che li contengono.
E’ infine noto che i nitriti aggiunti ai salumi possono dare origine alle pericolose nitrosammine. L’impiego dei nitriti non è stato bandito perché è stato calcolato che i benefici che si ottengono sono superiori ai rischi.
Conclusioni.
Gli additivi conservanti consentono di utilizzare al meglio gli alimenti a nostra disposizione e di evitare molti sprechi.
Il loro impiego comporta però anche potenziali rischi soprattutto se si superano le DGA.
Considerando che le quantità degli additivi aggiunti agli alimenti non sono riportati in etichetta, si suggerisce di alternare il consumo dei diversi alimenti riducendo il pericolo di assumere quantità eccessive di uno stesso additivo.
Si suggerisce infine di alternare al consumo di alimenti conservati quello di alimenti freschi (frutta verdura, carne, latte, uova, ecc.) ai quali non sono aggiunti additivi.