Additivi in sicurezza: ridefinizione delle DGA e criticità
Gli additivi alimentari possiedono funzioni di fondamentale importanza nella trasformazione e/o conservazione delle materie prime alimentari e sono suddivisi in 26 categorie.
Per semplicità ricordiamo quelli che proteggono i vari nutrienti (conservanti ed antiossidanti), quelli che consentono di conferire agli alimenti una struttura (emulsionanti, gelificanti, addensanti, stabilizzanti, amidi modificati) ed infine i coloranti e gli edulcoranti, ai quali possiamo attribuire una funzione “estetica”.
Molti di questi additivi sono stati impiegati nel passato quando non esisteva nessuna legislazione in materia. Successivamente, però, a partire dalla seconda metà del secolo scorso, si è cominciato a mettere ordine nella materia e sono nate le prime liste positive di additivi alimentari, in cui vennero inseriti quelli da sempre tradizionalmente impiegati e ritenuti sicuri per i consumatori.
La ricerca scientifica ha fatto importanti progressi e, grazie alle nuove scoperte, si sono aggiunte nuove sostanze la cui inclusione nelle liste positive è avvenuta sulla base di una valutazione sia della loro efficacia sia della sicurezza. Tale valutazione si è basata su dati scientifici, ottenuti con studi di tossicologia, di chimica analitica ed anche di evidenze sull’impiego pratico dei vari additivi (inclusi eventuali effetti collaterali).
L’armonizzazione della normativa
L’Unione europea (quando si chiamava ancora Comunità europea) nel 1994 ha armonizzato la situazione esistente tra i vari Paesi e con le direttive 94/35/CE, 94/36/CE e 95/2/CE ha raccolto le informazioni scientifiche disponibili ed ha affidato agli esperti dei vari Paesi della Comunità il compito di valutarli.
Il lavoro svolto ha consentito di predisporre delle liste positive comunitarie di additivi alimentari il cui impiego era possibile in tutti i Paesi della CEE.
Nel frattempo, l’industria alimentare ha fatto dei notevoli progressi, sviluppando nuove tecniche di trasformazione ed anche alimenti altamente innovativi. Questa situazione ha consentito di utilizzare al meglio le varie materie prime alimentari, riducendo fortemente gli sprechi e fornendo ai consumatori dei cibi molto sicuri e di alto profilo nutrizionale.
Il ruolo delle biotecnologie e delle nanotecnologie
In tale contesto, un ruolo molto importante viene giocato dalle biotecnologie e dalle nanotecnologie, che però hanno spesso bisogno di additivi altamente innovativi per assicurare un’ottima qualità ai prodotti finiti. In particolare, sono stati sviluppati e selezionati ceppi batterici in grado di migliorare sensibilmente la qualità dei prodotti “fermentati” (vino, birra, formaggi, salumi ecc.).
Le nanotecnologie consentono di utilizzare al meglio i processi produttivi, ma esistono ancora delle incognite. Per questa ragione l’EFSA ha messo a punto una linea guida per la valutazione dei prodotti da nanotecnologie da utilizzare negli alimenti.
La rivalutazione degli additivi e la definizione della Dga
In considerazione del miglioramento delle conoscenze scientifiche e di nuovi studi sulla sicurezza degli additivi, l’UE ha affidato all’EFSA il compito di una rivalutazione degli additivi alimentari mediante la definizione di limiti accettabili giornalieri (Dga).
Il calcolo della dose accettabile giornaliera si basa sui risultati degli studi che consentono di definire qual è la dose di una sostanza che non provoca nessun effetto tossico in vivo o in vitro, espressa in mg per kg di peso corporeo. Si applica, quindi, un fattore di correzione (ad esempio un decimo) ed il valore che si ottiene si moltiplica per un peso medio dell’uomo considerato 60 kg. Il risultato che si ottiene è la dose accettabile giornaliera.
Il lavoro dovrà essere completato entro il 31 dicembre 2018 e le modalità per la rivalutazione sistematica degli additivi sono state stabilite con il regolamento UE 257/2010. Sono state anche definite delle nuove linee guida per la valutazione degli additivi, pubblicate nel regolamento UE 1331/2008. Il lavoro è iniziato e sono già disponibili i risultati che riguardano la rivalutazione di alcuni additivi.
È interessante notare che per “bruno FK” e “litolrubina” è stata ritirata la Dga; il loro impiego come additivo alimentare, quindi, non può essere consentito. Per altri additivi (amaranto, bruno HT, blu brillante FCF e caramello E150c) le Dga sono state notevolmente ridotte.
Si tratta di valutazioni scientificamente ineccepibili che hanno come obiettivo di ridurre (se non annullare quasi del tutto) i pericoli cui potrebbero andare incontro i consumatori, limitando le quantità dei singoli additivi che potrebbero essere assunti con la dieta.
Le Dga definite per gli additivi alimentari sono molto cautelative e difficilmente vengono superate consumando un solo alimento. La situazione però è più complessa quando un singolo additivo può essere impiegato in diversi alimenti e quindi si corre il rischio di assumerne dosi superiori a quelle accettabili. Per evitare che questo avvenga la Commissione UE stabilisce quali possono essere i limiti da non superare per ogni singolo alimento. Si tratta di un lavoro estremamente complesso perché bisogna tenere conto del tipo di alimenti provenienti dai diversi paesi della Comunità, che hanno tradizioni e culture alimentari diverse e che possono circolare liberamente. Ad esempio, in una bevanda proveniente dai paesi nordici, potremmo trovare un additivo che nei paesi mediterranei viene impiegato nei dolci. I due alimenti separatamente potrebbero contenere quantità accettabili di uno stesso additivo, ma consumati insieme potrebbero far superare la Dga.
Il pericolo, anche se relativamente modesto, esiste in quanto nelle etichette degli alimenti generalmente viene riportato l’elenco degli additivi aggiunti, ma non la loro quantità. I motivi di questa mancanza sono di ordine pratico ma anche produttivo.
Da un punto di vista pratico è molto difficile, se non impossibile, riuscire a scrivere su un’etichetta di piccole dimensioni anche i milligrammi dei vari additivi. Peraltro, questa indicazione dovrebbe presupporre che il consumatore legga le etichette di tutti gli alimenti che consuma, che sappia qual è la Dga di ogni additivo e che quindi si regoli su quello che può mangiare. Inoltre, soltanto pochi laboratori molto specializzati riescono a fare dei controlli quantitativi completi sugli additivi contenuti nei singoli alimenti, soprattutto quando si tratta di miscele complesse.
L’aspetto pratico è rappresentato dal fatto che alcuni alimenti si caratterizzano proprio sulla base degli additivi e, quindi, le aziende produttrici non vogliono fare conoscere i loro “segreti”. Non bisogna dimenticare che alcune bevande ed alimenti, soprattutto quelli a zero calorie, non sono altro che una miscela di sostanze chimiche, naturali e/o soprattutto di sintesi disciolte in acqua o inserite in un supporto inerte. Ovviamente in questi casi non si dovrebbe parlare di alimenti nel senso nutrizionale della parola, ma di qualcosa che serve soltanto ad appagare le papille gustative.
In ogni caso, il sistema produttivo alimentare, per quanto riguarda l’impiego degli additivi, dovrà tenere conto delle nuove valutazioni che sta facendo l’EFSA e delle indicazioni che cominciano ad arrivare dall’UE. Sarà forse necessario ridurre le quantità di qualche additivo, anche se difficilmente ci sarà qualcuno che andrà a fare delle verifiche se le indicazioni verranno rispettate.
Le informazioni ai consumatori: il colorante caramello
Le informazioni ai consumatori non sembrano essere adeguate ed in questo modo si crea il rischio di allarmismi ingiustificati. Un esempio è quello del colorante caramello che viene impiegato nelle bevande che hanno un colore nero (cole, chinotti, spume ecc.) ed in vari altri alimenti (salse, dolci ecc.), sempre di colore nero.
Per ottenere il caramello esistono diversi sistemi di trattamento termico dello zucchero da cui se ne ottengono quattro tipi. Ognuno dei caramelli possiede caratteristiche diverse soprattutto per quanto riguarda delle impurezze; tra queste impurezze ce ne sono alcune che sono risultate cancerogene. La quantità di questi composti sono molto basse.
In ogni caso l’EFSA ha tenuto conto delle impurezze per cui per il caramello ha fissato una Dga di 150 mg. Le aziende produttrici di alimenti o bevande che contengono il caramello non forniscono indicazioni in merito alla quantità di caramello che viene aggiunto e quindi è veramente complicato capire quante bevande “Cola” o budini o aceto balsamico ecc. si possono consumare senza superare la Dga di 150 mg/kg di peso corporeo.
La situazione è ancora più complessa se si pensa a quegli additivi la cui Dga è stata drasticamente ridotta. Si deve ritenere che le aziende alimentari che li utilizzano ne hanno ridotto l’impiego; ma per fare questo avranno dovuto modificare i disciplinari di produzione ed anche le piccole aziende artigianali si saranno adeguate. Questo però è molto difficile da verificare proprio per la complessità dei controlli.
Viene anche da pensare che per lungo tempo può esserci stata una esposizione ai vari additivi a dosaggi superiori alla Dga attualmente prevista. A seguito di questa eventualità possono esserci stati dei pericoli per i consumatori? Probabilmente no, anche perché anche le vecchie Dga erano molto prudenziali.
La situazione potrebbe essere diversa per quegli additivi il cui impiego è stato revocato e che invece, almeno potenzialmente, sono stati assunti anche per lungo tempo. Potrebbe essersi verificata una situazione di pericolo che però non è assolutamente verificabile.
Dolcificanti: il caso stevia
Particolarmente complessa è la situazione delle Dga dei dolcificanti che, oltre a rendere dolci gli alimenti, hanno anche una funzione dietetica in quanto consentono di ridurre l’introduzione di calorie. Nel corso degli ultimi decenni ne sono stati registrati una decina con valori di Dga variabili dai 2 mg/kg di peso corporeo del neotame fino ai 40 mg/Kg di peso corporeo dell’aspartame. Probabilmente i valori così diversi dipendono anche dal diverso potere dolcificante che dovrebbe essere maggiore del neotame rispetto all’aspartame.
Recentemente è stato approvato l’uso del dolcificante naturale “stevia”, per il quale è stata stabilita una Dga di 4 mg/kg di peso corporeo.
Sull’aspartame si è acceso un dibattito scientifico anche molto aspro che ha coinvolto l’opinione pubblica, in quanto esistono dei dati sperimentali che ne dimostrerebbero la pericolosità. L’EFSA è stata chiamata ad esprimere una propria valutazione e non si può escludere che vengano definiti nuovi valori di Dga.
Considerando che i dolcificanti vengono utilizzati sia come additivi per diversi alimenti solidi e liquidi o in alcuni farmaci, sia per un uso diretto in diverse bevande (te, caffè, latte, ecc.), non si può escludere un superamento dei valori di Dga, seppure in modo inconsapevole.
Infatti, anche in questo caso nelle etichette viene generalmente indicato di quale dolcificante si tratta, ma non la quantità presente; in ogni caso, poche sono le persone che conoscono i diversi valori di Dga e, quindi, non esiste una reale possibilità di un consumo consapevole dei dolcificanti.
Conclusioni
Gli additivi alimentari hanno funzioni molto importanti nella preparazione e nella conservazione degli alimenti. Il loro uso è regolamentato da leggi molto precise, che ne indicano con precisione le modalità di impiego a tutela della sicurezza dei consumatori.
L’UE, utilizzando l’EFSA, ha deciso una nuova valutazione degli additivi attualmente impiegati: da questo lavoro stanno emergendo nuovi dati che, per alcuni additivi, suggeriscono una maggiore prudenza e, di fatto, una limitazione del loro impiego. La maggior parte degli additivi viene impiegata in diversi alimenti e la quantità che viene aggiunta è conosciuta soltanto dalle aziende alimentari che li utilizzano. Ciò comporta il rischio di una assunzione non consapevole da parte dei consumatori di quantità che potrebbero fare eccedere la Dose accettabile giornaliera. Sarebbe quindi necessaria una maggiore trasparenza con qualche indicazione sulle etichette in cui, anche senza indicare le quantità presenti degli additivi, ci siano delle informazioni sulla percentuale di Dga che si assume mangiando o bevendo quel singolo alimento.