Il Regolamento 1169/2011 sulle “Informazioni ai consumatori” impone ai produttori di indicare sull’etichetta degli alimenti l’eventuale presenza di “nanomateriali”. Attualmente non ci sono molte applicazioni pratiche, ma si tratta di un settore in cui si acquisiscono sempre nuove conoscenze e nel futuro potrebbero esserci degli importanti sviluppi. Dell’argomento si è parlato il 18 febbraio 2019 in un Convegno organizzato presso l’Istituto Superiore di Sanità; si sono ottenute importanti informazioni che sono di seguito riportate.
Che cosa sono i nanomateriali
I nanomateriali sono “oggetti” con dimensioni comprese tra uno e cento nanometri. Un nanometro (cioè un milionesimo di millimetro) è cinquantamila volte inferiore al diametro di un capello: siamo quindi in un universo impercettibile all’occhio umano. Riducendo un solido a nanomateriale si aumenta la sua “area superficiale” con Il vantaggio di un migliore sfruttamento delle sue proprietà; ciò comporta una riduzione drastica della quantità utilizzata. Come esempio possiamo pensare ad un solido la cui superficie è di un centimetro quadrato: se frazioniamo questo solido in milioni di particelle la sua superficie aumenta di milioni di volte.
A cosa servono nel settore alimentare
Aumentando la superficie è possibile ridurre le quantità di alcuni ingredienti alimentari come gli additivi coloranti e gli aromatizzanti. Possono essere utilizzati come “carrier” ovvero per il “trasporto” di micronutrienti aumentandone la loro biodisponibilità. Un uso molto importante è quello che avviene nel “packaging”; ai materiali utilizzati per “avvolgere” gli alimenti in cui è possibile aggiungere delle nanoparticelle in grado sia di migliorare la resistenza, sia di conferire loro proprietà conservanti nei confronti del cibo; tutto questo avviene senza minimamente contaminare il cibo stesso.
Una corretta utilizzazione dei prodotti da nanotecnologie comporta quindi indubbi vantaggi sulla qualità nutrizionale e organolettica degli alimenti e anche una loro maggiore sicurezza.
Ci sono degli aspetti collaterali negativi?
Sui “nanomateriali” sono state condotte e sono in corso numerose indagini scientifiche sia per verificare le possibili applicazioni pratiche, sia e soprattutto, per i possibili effetti negativi. Il problema di fondo è che questi prodotti nella maggior parte dei casi, non sono idrosolubili. In pratica quindi una volta assorbiti dall’organismo umano o animale, possono rimanere inalterati e accumularsi nell’interno dei tessuti. Si tratta quindi di capire quali possono essere gli effetti sull’intero organismo. Essendo le conoscenze scientifiche incomplete al momento è stato autorizzato l’uso soltanto di quei prodotti per i quali non c’è il pericolo di assorbimento. In particolare per i materiali a contatto degli alimenti è consentito soltanto l’uso di nanoparticelle che non sono rilasciate e quindi non rimangono negli alimenti.
Altri usi delle nanotecnologie e conseguenze
I nanomateriali possono trovare applicazione in diverse attività produttive (oltre agli alimenti anche nei cosmetici, nei farmaci, negli apparecchi elettronici, in agricoltura). In alcuni casi possono essere rilasciati nell’ambiente e contaminare le acque. In questi casi si possono verificare effetti negativi sugli organismi acquatici e addirittura arrivare fino all’uomo. Basti pensare ai molluschi che si nutrono filtrando l’acqua e che trattengono tutte le particelle disperse, tra questo possono esserci i nanomateriali. Il pericolo potrebbe quindi venire non tanto dagli alimenti, quanto indirettamente da altri usi che ne vengono fatti come, ad esempio, nei cosmetici.
Chi fa le ricerche
Molti istituti pubblici e privati sono impegnati in ricerche scientifiche in questo settore. Generalmente gli istituti pubblici fanno ricerche di “base” per scoprire nuove applicazioni. L’industria invece deve effettuare le ricerche necessarie per fornire dati alle Autorità che debbono valutare la sicurezza dei prodotti e, eventualmente, consentirne l’utilizzazione pratica. Queste ultime ricerche sono molto complesse e di costi elevati che non potrebbero essere sopportati degli enti pubblici. Per garantire la correttezza degli studi gli istituti di ricerca privati debbono seguire rigidi protocolli sperimentali che sono costantemente verificati dalle Autorità Pubbliche.
Chi valuta e chi autorizza l’impiego di nanomateriali
Come accennato le aziende produttrici di nanomateriali che intendono utilizzare nel settore alimentare, debbono predisporre una documentazione scientifica per ogni singola sostanza. Per quanto riguarda l’Unione Europea tale documentazione viene trasmessa all’Autorità Alimentare Europea (EFSA) che valuta i dati disponibili ed emana un parere seguendo delle linee guida accessibili a chiunque. La Commissione UE acquisisce tale parere e, dopo aver consultato gli esperti di tutti gli Stati membri e aver raggiunto un accordo, autorizza l’impiego dei prodotti valutati.
Conclusioni
Le nanotecnologie possono migliorare la qualità e la sicurezza degli alimenti. Il loro impiego pratico è però subordinato alla valutazione sia dei benefici, sia e soprattutto dei potenziali pericoli. Al momento sono in corso numerose iniziative tecniche e scientifiche per verificare le reali possibilità applicative.
E’ importante restare aggiornati sugli sviluppi dell’argomento e questo può essere fatto seguendo le informazioni fornite dall’EFSA e dalle Autorità italiane.