Il 27 ottobre 2016, la Ferrero ha organizzato un Convegno in cui si è discusso dell’olio di palma. La manifestazione è iniziata con una presentazione da parte del responsabile dell’azienda cui è seguito intervento del Sottosegretario del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. Subito dopo sono iniziate le relazioni tenute da ricercatori ed esperti provenienti prevalentemente dal mondo scientifico, che hanno affrontato l’argomento nei vari aspetti di sicurezza nutrizionale, di tecnologia alimentare e impatto ambientale.
Dalle relazioni presentate sono emersi i seguenti punti.
1) L’olio di palma ha un contenuto elevato di acido palmitico. Si tratta di un acido grasso saturo al cui uso alimentare è stata associata una aumentata incidenza di malattie cardiocircolatorie. Gli studi più recenti sembrano smentire questo fenomeno. Al contrario viene confermata la pericolosità degli acidi grassi trans presenti in alcune margarine.
2) L’acido palmitico è un componente fondamentale del latte materno e svolge funzioni insostituibili sia come apporto energetico, sia nella “costruzione” delle strutture dei tessuti. La sua presenza nei sostituti del latte materno è fondamentale se non indispensabile.
3) Nella produzione degli alimenti gli acidi grassi saturi (presenti in quantità importanti, oltre che nell’olio di palma, anche nei grassi animali come il burro e lo strutto) conferiscono importanti proprietà bromatologiche e, soprattutto, limitano lo sviluppo di reazioni ossidative potenzialmente pericolose (formazione di radicali liberi, irrancidimento).
4) La sostituzione in alcuni prodotti alimentari dell’olio di palma con altri grassi animali o vegetali, non comporta vantaggi per la salute che si può tutelare invece seguendo un regime alimentare con un consumo equilibrato di grassi ed in particolare di quelli saturi.
5) Si è anche parlato del parere dell’EFSA in merito ai “glicidolesteri” che sono risultati essere anche potenzialmente cancerogeni. Si tratta di sostanze chimiche che si formano nei trattamenti termici dei grassi come nelle fritture o altre cotture ad alte temperature. Esistono degli oli di palma che ne sono ricchi, ma esistono anche degli oli di palma che ne sono quasi del tutto esenti.
Impiegando oli di palma con limitate o nulle quantità di glicidolesteri si ottengono alimenti praticamente privi di questo pericolo.
6) Un aspetto sicuramente di fondamentale importanza è quello ambientale. Anche se in molti casi la deforestazione di alcune zone tropicali avviene anche per ricavare legname, è indubbio che nel passato ci siano stati degli interventi molto pesanti che hanno creato gravi problemi agli ecosistemi. Attualmente si sta cercando di correre ai ripari mediante una politica di coltivazioni ecosostenibile; alcune aziende alimentari si sono date le regola di utilizzare soltanto olio di palma provenienti da coltivazioni “certificate” di basso impatto ambientale.
Sulla base di quanto emerso dal dibattito si può quindi affermare:
- non esistono prove che dimostrino un reale pericolo dell’olio di palma come causa diretta di patologie cardiovascolari. In ogni caso ha effetti analoghi a quelli di altri grassi con elevato contenuto di acidi grassi saturi
- l’acido palmitico riveste un ruolo fondamentale nella alimentazione dei neonati. La supplementazione di olio di palma negli alimenti per la prima infanzia è essenziale
- il parere dell’EFSA sui glicidolesteri deriva da trattamenti termici di tutti i grassi e non soltanto dell’olio di palma
- la sostituzione dell’olio di palma con altri grassi in vari alimenti non sembra avere giustificazioni di carattere sanitario
- E’ invece molto importante contenere, ma non abolire, il consumo dei grassi, particolarmente quelli saturi. L’invito è di leggere attentamente le etichette dove, a fianco della natura dei grassi presenti nei nostri alimenti, sono riportati il valore calorico espresso in Kcalorie per 100 grammi, la percentuale di grassi totali e quelli di grassi saturi. A titolo puramente indicativo si ricorda che la quantità di kcalorie che ingeriamo giornalmente non dovrebbe superare le 1800 nella donna e le 2000 nell’uomo e che quelle apportate con gli acidi grassi saturi non dovrebbero superare il 10 %.