Oggi si parla tanto di street food e sembra che sia una grande invenzione dei paesi anglosassoni, soltanto perché è scritta in inglese.
Ma non è proprio così.
Quando nasce il cibo da strada?
L’origine del cibo di strada si perde nella notte dei tempi e, oltre a quanto stato scritto da autori latini e ripreso da studiosi contemporanei, prove concrete le troviamo girando per le antiche città romane di Pompei e Ostia antica. Lungo le strade delle due città, vediamo i resti di strutture adibite alla produzione e la somministrazione di cibo risalenti ad oltre duemila anni orsono.
Si trattava delle thermopolia, delle vere e proprie taverne o botteghe che vendevano cibo caldo ed erano particolarmente diffuse. Questi locali erano simili a dei chioschi e avevano una zona esterna, dove il cibo veniva servito direttamente al cliente. Erano luoghi di grande affollamento, dove i Romani si fermavano a mangiare tra una commissione e l’altra a basso costo senza perdere troppo tempo.
Proprio come adesso quando si prende un panino al volo in un bar o un trancio di pizza in una pizzeria a taglio.
Qual era lo street food degli antichi romani?
Esisteva un’ampia varietà del cibo a disposizione che può apparire sorprendente ai giorni d’oggi:
- Il pane era l’alimento base: era disponibile quello bianco più pregiato fatto con farina di frumento e per i meno abbienti c’era il pane fatto con farina di orzo o di segale
- Con il farro si preparava una sorta di zuppa molto densa arricchita con olio, formaggio o carne. Costo contenuto, ma ottimo valore nutrizionale
- I legumi erano molto diffusi e comuni: con le fave, le lenticchie e i ceci si preparavano delle zuppe vendute lungo le strade
- Molti venditori di strada offrivano carne arrostita o cotta alla griglia, in particolare polli. La carne veniva cucinavata spesso in grandi spiedi o su griglie improvvisate e la servivano in pezzi da consumare sul posto
I vari alimenti venivano inevitabilmente conditi con il Garum, uno degli ingredienti principali nella cucina romana, con il quale si insaporivano piatti di carne, pesce, verdure e persino alcuni dolci.
La sua preparazione richiedeva l’uso di pesce (generalmente interiora, come il fegato e le viscere, insieme a pesci più piccoli), che veniva fermentato con sale e lasciato riposare per settimane o mesi in contenitori di terracotta, esposto al sole. Il processo di fermentazione dava origine a un liquido ricco e salato, che veniva poi filtrato e utilizzato come salsa o condimento. Un prodotto analogo giunto fino ai nostri giorni è la colatura di alici.
Il cibo nelle strade di Roma e Pompei
Un ottimo spuntino popolare erano le frittelle (fricatelle): si ottenevano friggendo una pastella ed erano farcite con carne e formaggio. Si trovavano facilmente lungo le strade e rappresentavano un cibo da consumare in modo veloce.
Tra i prodotti ittici era diffuso il consumo di molluschi crudi o appena sbollentati. I luoghi preferiti erano le località vicino al mare e grande importanza aveva la freschezza.
I dolci non mancavano nemmeno nel cibo di strada romano. Tra i più popolari c’erano le globuli, piccole palline dolci fritte fatte di farina e miele, e i licium, una sorta di biscotto a base di farina, miele e frutta secca.
La frutta e verdura fresche erano vendute per strada da venditori ambulanti. Tra i frutti più comuni, rigorosamente di stagione, c’erano fichi, uva, mele, pere e prugne, mentre tra le verdure si consumavano cipolle, cavoli e insalate.
Tra le bevande la più comune era ovviamente l’acqua (che scorreva dalle fontane pubbliche), ma anche il vino era molto popolare e veniva spesso diluito con acqua, poiché quello puro poteva essere troppo forte per i gusti di tutti.
Cosa è cambiato nello street food?
Non erano molti gli antichi romani che potevano permettersi il lusso di un pasto nelle loro case e il ricorso a pasti rapidi, frugali e poco costosi era una necessità. L’ampia diffusione del cibo di strada consentiva di fare fronte a queste esigenze, con la possibilità di scegliere il cibo in base ai propri gusti e le proprie disponibilità economiche.
Leggendo quello che mangiavano si deve ritenere che la dieta mediterranea era una scelta obbligata, perché bisognava adattarsi al consumo di alimenti del territorio che forniva cereali, leguminose e anche alimenti di origine animale.
Gli antichi romani avevano un grande rispetto dell’igiene e probabilmente gli operatori sanitari seguivano regole rigorose nella lavorazione del cibo e della sua conservazione.
Gli attuali venditori dello street food dispongono di una ampia disponibilità di materie prime e, soprattutto, di strutture efficienti per la cottura del cibo e la sua corretta conservazione.
Sostanzialmente però nel corso dei secoli poco è cambiato nel modello organizzativo del cibo di strada, perché ora come allora il pasto veloce e nutriente è assicurato con una efficiente distribuzione capillare.
Una differenza forse importante e che allora, inconsapevolmente, si seguiva la dieta mediterranea autentica. Oggi se ne parla tanto, ma grazie all’ampia disponibilità quantitativa e qualitativa di cibo facciamo soltanto finta di seguirla.