Produrre carne sicura e più sostenibile di quella convenzionale e limitare lo sfruttamento degli animali è lo scopo di tante startup sorte in questi anni in tutto il mondo. Ma che cos’è esattamente la carne coltivata?
La carne coltivata, nota anche come “in vitro”, “pulita”, “sintetica” o “artificiale” è un prodotto ottenuto in laboratorio, utilizzando biotecnologie avanzate.
Come si produce la carne coltivata?
La produzione di carne coltivata prevede le seguenti fasi:
- Prelievo delle cellule da organismi viventi, seguito da isolamento e successivo sviluppo in terreni di coltura
- Trasferimento delle cellule in bioreattori, dove avviene la trasformazione in biomasse con caratteristiche simili o identiche ai tessuti muscolari
- Lavorazione della biomassa per la trasformazione in prodotti carnei finiti (polpette, bistecche, ecc.).
L’idoneità delle cellule per la coltura dipende dalla facilità di isolarle. Le cellule, poi, devono essere altamente proliferative in terreni di coltura possibilmente di basso costo.
Una o più popolazioni di cellule possono essere isolate tramite biopsia seguita da tecniche di laboratorio efficienti, in modo da ottenere alte rese di cellule di buona qualità.
La questione etica ed economica
La proliferazione richiede l’utilizzazione di terreni di coltura costituiti anche da siero di sangue animale.
Uno dei più efficienti è il siero bovino fetale, che richiede, però, un processo eticamente controverso perché include la raccolta del sangue dal feto bovino, dopo la sua rimozione dalla mucca gravida macellata.
Il processo, inoltre, è molto costoso per una produzione su larga scala. Per evitare questo problema, molte aziende di produzione di carne coltivata ricorrono a terreni di coltura completamente privi di prodotti di origine animale.
La “coltivazione” e produzione della carne
Gli strati cellulari ottenuti in laboratorio sono trasferiti in bioreattori dove, in condizioni ambientali rigorosamente controllate, avviene la “coltivazione” della carne vera e propria.
Dopo la raccolta della massa cellulare, la successiva fase della catena di produzione per la carne coltivata è la fabbricazione in grandi volumi di prodotti 3D simili alla carne. L’ingegneria tissutale oggi offre diverse tecniche e metodi interessanti per costruire tessuti e costrutti 3D compatibili con strutture complesse e simili a quelle in vitro.
La produzione su larga scala di carne coltivata richiede una produzione robotizzata piuttosto che una lavorazione manuale, come di solito viene eseguita in laboratorio. Qualsiasi produzione robotica di costrutti ingegnerizzati rientra nel campo della biofabbricazione e processi di produzione come il bioassemblaggio e la biostampa possono essere adatti per la produzione di carne coltivata.
Il primo hamburger coltivato
Il primo hamburger di manzo coltivato ha richiesto circa 2 anni per essere prodotto (da Mark Post all’Università di Maastricht) ed è costato oltre 325.000 dollari.
Nel 2013 l’hamburger fu testato in diretta televisiva.
Lo chef Richard McGeown ne elogiò il colore mentre lo cuoceva in olio di semi di girasole e burro e gli assaggiatori dell’evento, lo scrittore Josh Schonwald e la ricercatrice Hanni Rützler, descrissero così il gusto dell’hamburger, servito senza sale né condimenti: “La consistenza in bocca ha una sensazione di carne. È magro. Sembra un hamburger convenzionale, è una specie di esperienza innaturale”.
Dove la carne coltivata è già realtà
Singapore è il primo Stato ad approvare la vendita di un prodotto a base di carne coltivata.
Nel 2019 la Singapore Food Agency (SFA) ha pubblicato gli orientamenti per la valutazione della sicurezza dei nuovi alimenti, in seguito aggiornati, e nel 2020 ha approvato la vendita di pollo coltivato, attualmente venduto in diversi ristoranti, bancarelle alimentari pubbliche e macellerie.
La startup israeliana di prodotti ittici coltivati ”Wanda Fish” ha annunciato di aver sviluppato con successo il suo primo prototipo di tonno rosso coltivato come alternativa al pesce crudo nel “toro sashimi”. I produttori sostengono che il suo taglio intero, ricavato dalle cellule muscolari e adipose del tonno rosso, offra le stesse caratteristiche sensoriali e un rapporto di proteine e acidi grassi omega-3 paragonabile al ventre grasso del pesce selvatico (chiamato “toro” nella gastronomia giapponese).
Cosa succede in Europa?
Nell’Unione Europea, i nuovi alimenti, come i prodotti a base di carne coltivata devono passare attraverso una sperimentazione piuttosto complessa e che dura almeno 18 mesi, con la quale l’azienda interessata deve dimostrare la qualità e la sicurezza del suo prodotto.
La documentazione ottenuta deve poi essere valutata dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e solo se il parere dell’EFSA è favorevole la Commissione UE può avviare la procedura di autorizzazione alla commercializzazione.
L’esperienza olandese
A nome del governo olandese, la Cellular Agriculture Netherlands Foundation (CANS) ha istituito un comitato di esperti indipendente per valutare le richieste delle aziende di condurre degustazioni di carne e frutti di mare coltivati.
Nell’aprile 2024, la start-up olandese Meatable è stata la prima nell’UE a ricevere l’approvazione per una prova pubblica di degustazione di carne coltivata. Questi prodotti ovviamente non possono essere commercializzati, perché non autorizzati dalla UE.
L’Italia ha provato a vietare la produzione di carne coltivata
A novembre 2023 il Parlamento ha approvato una legge, promossa dal ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste che vieta di «produrre, commercializzare e importare cibi e mangimi generati da colture cellulari», in nome «della salute umana e della tutela del patrimonio agroalimentare».
A febbraio 2024, la Commissione Europea, per motivi procedurali, ha bloccato la legge definendola inapplicabile.
Cosa ne pensano i consumatori?
La produzione su scala industriale di carne coltivata è ancora in fase iniziale perché diversi problemi di produzione devono ancora essere risolti, ma l’ostacolo più importante nella sua commercializzazione è l’accettazione da parte dei consumatori.
Lo scetticismo nei confronti delle nuove tecnologie nella produzione alimentare è spesso attribuito alla mancanza di consapevolezza della tecnologia e dei suoi vantaggi. Fornire informazioni sulla sicurezza della carne coltivata è una delle strategie per portare il consumatore a fidarsi del progresso.
Autrice: dott.ssa Federica Truglio, biologa.