Il nostro Paese ha una vasta tradizione nella produzione dei formaggi, che deriva dal latte delle diverse specie e razze di animali allevati nel nostro Paese. L’eccellenza dei formaggi italiani dipende dal benessere degli animali e dalla sicurezza nelle lavorazioni.
Nelle zone pianeggianti dell’Italia settentrionale c’è sempre stata una prevalenza dei bovini, mentre nelle aree collinari si è molto sviluppato l’allevamento ovino. Molto importante è l’allevamento delle bufale diffuso in Campania e nelle aree confinanti delle regioni limitrofe (Lazio, Molise e Puglia) che da origine alla mozzarella.
Nel passato si sfruttavano le diverse attitudini produttive degli animali. Oltre che per il latte e la carne, i bovini si utilizzavano per il traino dei carri e degli aratri, gli ovini per la produzione della lana, i bufali per tenere puliti i fossi.
Esistevano comunque razze con una “specializzazione”. Tra i bovini si sono selezionale razze da lavoro come la chianina e razze da latte come la bruna alpina.
Il latte prodotto dalle diverse specie e razze animali possiede caratteristiche peculiari: quello delle bovine e delle capre ha un contenuto relativamente più basso di proteine e grassi, rispetto a quello delle pecore e delle bufale. Essendo il latte bovino e caprino più simile al latte di donna viene consumato anche tal quale, mentre gli altri sono utilizzati quasi esclusivamente per essere trasformati in formaggi.
Come si produce il formaggio
Il formaggio si ottiene mediante la cagliatura, che consente di separare la parte solida del latte (proteine, grassi, zuccheri) dalla parte acquosa.
La cagliata viene quindi raccolta e lavorata per essere trasformata in formaggio.
La frazione acquosa contiene ancora residue quantità di nutrienti che sono raccolte per farne la ricotta, mentre il residuo finale si utilizza per l’alimentazione di altri animali, in particolare i suini.
Dalla cagliata si ottengono diversi tipi di formaggi, che in base alla loro consistenza e al tipo di lavorazione diventano:
- a pasta molle (robiola, mozzarella, burrata, caprini, ecc.) con un contenuto di acqua superiore al 45%
- a pasta semidura (ragusano, asiago, bitto, fontina, ecc.) con un contenuto di acqua compreso tra il 35 e il 45 %
- a pasta dura (grana padano, parmigiano reggiano, pecorino romano, montasio, fiore sardo, ecc.) in cui l’acqua è inferiore al 35%.
Ci sono anche altre classificazioni in base all’origine del latte, al contenuto di grasso, alla tecnologia di lavorazione, al periodo di stagionatura.
La tradizione dei casari italiani
I casari italiani hanno sviluppato tecniche in grado si produrre formaggi con caratteristiche nutrizionali e soprattutto organolettiche di eccellenza.
In passato ogni località produceva formaggi che affondavano le proprie radici nel territorio in cui veniva prodotto. Il latte, i casari, i caseifici, i microrganismi che fanno maturare i formaggi, erano di origine locale e quindi avevano caratteri di tipicità inconfondibili. Si trattava, e in molti casi si tratta tuttora, di prodotti di nicchia, sovente destinati ai mercati locali o agli esercizi commerciali gourmet.
Di fondamentale importanza sono però la qualità e la sicurezza del latte, che nel passato non sempre erano ottimali.
Il problema più importante era rappresentato dalla contaminazione microbiologica che poteva dipendere da alcune malattie degli animali (tubercolosi, brucellosi, salmonellosi, ecc.) oppure dalle scarse condizioni igieniche in cui avveniva la mungitura e la conservazione del latte prima di essere lavorato per la trasformazione in formaggi.
Gran parte dei nostri formaggi si ottiene a partire dal latte crudo e la successiva lavorazione non raggiunge temperature molto elevate. Alcuni microrganismi, anche patogeni, possono sopravvivere e rendere meno sicuri i formaggi e soprattutto i latticini.
La stagionatura avviene grazie all’azione di una flora batterica “buona”; l’eventuale presenza di alcuni microrganismi indesiderati può provocare dei difetti nei formaggi rendendoli alle volte non commestibili.
Garantire la sicurezza della filiera
Gli inconvenienti del passato sono stati risolti eliminando i problemi di igiene degli allevamenti, migliorando la qualità e la sicurezza dei foraggi e dei mangimi e, soprattutto, attuando delle importanti misure di profilassi che hanno permesso di eradicare le più importanti malattie infettive e di migliorare sensibilmente lo stato di benessere degli animali.
Nonostante la diffusa convinzione nell’opinione pubblica che gli animali lattiferi siano imbottiti di antibiotici, questi farmaci sono utilizzati sporadicamente per prevenire, ed eventualmente curare, le mastiti. L’uso degli antibiotici può provocare la presenza di loro residui nel latte. Tale evenienza sarebbe dannosa per l’industria casearia perché potrebbe causare l’uccisione dei batteri che permettono la maturazione dei formaggi.
Appare quindi evidente che tutti gli anelli della filiera lattiero casearia sono strettamente legati e che la salute e il benessere degli animali è un requisito imprescindibile per ottenere degli ottimi formaggi.
Purtroppo, la produzione nazionale di latte non è sufficiente a coprire il fabbisogno della nostra industria casearia e quantità importanti sono importate, anche perché alle volte ha costi inferiori.
In ogni caso tutto il latte impiegato nei caseifici deve avere ottimi requisiti sia esso nazionale o di importazione.
Esistono però i formaggi italiani a Denominazione di Origine Protetta (DOP) che, fatti in determinate aree geografiche esclusivamente con latte prodotto nel nostro Paese e in parte anche esportati, forniscono ottime garanzie di qualità e sicurezza.
Il nostro Paese produce ottimi formaggi che, salvo alcune eccezioni, per la limitatezza quantitativa, sono scarsamente conosciuti. Anche se alcune organizzazioni agricole e le stesse autorità di Governo invitano a consumare alimenti di origine nazionale, i cittadini si rivolgono spesso a formaggi importati o che sono fatti con latte di importazione, soprattutto per il costo inferiore, anche a parità di sicurezza.
Articolo realizzato nell’ambito del Progetto RiGenerAzioni Finanziato dal MIMIT D.M. 6/5/2022 art. 5