La antibiotico-resistenza batterica è un fenomeno per cui i microrganismi divengono insensibili all’azione degli antibiotici. In pratica se questi batteri provocano una malattia infettiva determinati antibiotici non sono efficaci per combatterla. La causa più comune della antibiotico-resistenza è un uso non corretto di farmaci antibatterici come, ad esempio, impiegarli nelle malattie virali come l’influenza oppure sospendere il trattamento prima di una completa guarigione da una infezione batterica. Negli allevamenti degli animali che producono carne, latte o uova, in caso di malattie batteriche, viene fatto un uso importante di antibiotici e possono crearsi le condizioni dello sviluppo di germi farmaco-resistenti che si diffondono tra gli animali, ma che possono anche ritrovarsi negli alimenti (carne, latte o uova) che vengono prodotti. In questi casi i consumatori possono essere a loro volta infettati e sviluppare delle malattie zoonotiche di difficile cura.
L’Autorità Alimentare Europea (EFSA) ed il Centro Europeo per la prevenzione ed il controllo delle malattie infettive (ECDC) hanno pubblicato un documento in cui vengono riportati i risultati dei controlli effettuati per la ricerca di batteri zoonotici negli animali, negli alimenti di origine animale e nell’uomo sia nei paesi comunitari che nella Svizzera e la Norvegia. La ricerca ha riguardato alcuni batteri che sono tra le più importanti cause di malattie ed in particolare i Campylobacter e le Salmonella. Sono stati anche esaminate le “resistenze” nei Coli e nello Staphylococcus aureus. Le indagini condotte hanno permesso di accertare una ampia diffusione di ceppi batterici antibiotico-resistenti che hanno anche provocato la campilobatteriosi in 200.000 persone e la salmonellosi in 100.000.
Si tratta di malattie infettive di origine animale e quindi si ritiene che esse derivino proprio da alimenti (soprattutto carne di pollame) ottenuti da animali portatori dei microrganismi antibiotico-resistenti. Questo particolare è testimoniato dal fatto che si tratta di tanti singoli focolai che hanno interessato un numero limitato di persone. La carne di pollo viene mangiata cotta ed il calore distrugge tutti i microrganismi inclusi quelli farmacoresistenti. La spiegazione della diffusione della malattia può essere fornita da una cattiva “gestione” delle carni di pollame ed in particolare dal fatto che la carne fresca viene messa a contatto con altri alimenti che vengono mangiati senza essere cotti e quindi avviene l’infezione. Questo fenomeno prende il nome di “cross contamination” ed è probabilmente alla base dei tanti casi di malattie di cui si è accennato.
Considerando che l’indagine effettuata ha riguardato circa 500 milioni di persone, si deve ritenere che le zoonosi da batteri antibiotico-resistenti riguarda circa lo 0,1 % della popolazione. A questa percentuale bisogna aggiungere altri casi che sono sfuggiti all’indagine e che non sono facilmente quantificabili.
In ogni caso, anche se il rischio di “infettarsi” sembra essere relativamente modesto, si deve fare molta attenzione nella “gestione” e nella manipolazione delle carni e le norme da seguire sono le seguenti:
- dopo l’acquisto mantenere la carne in confezioni chiuse e separate da altri alimenti e possibilmente al fresco,
- in frigorifero continuare a tenere la carne lontana da frutta, verdura e altri alimenti che vengono consumati freschi,
- nella preparazione della carne per la cottura utilizzare stoviglie e taglieri puliti,
- terminate le operazioni lavare accuratamente le stoviglie utilizzate e, una volta messa a cuocere la carne, lavarsi accuratamente le mani prima di procedere ad altre operazioni di cucina.
In estrema sintesi è necessario evitare il contatto della carne fresca con altri alimenti che vengono consumati crudi.
28 Marzo 2012