Nei giorni scorsi molti mezzi d’informazione hanno diffuso il messaggio secondo cui “Oltre 21 milioni di chili di pesci, crostacei e molluschi arrivano in Italia dalle acque del Giappone che ha deciso di rilasciare 1,25 milioni di tonnellate di acqua radioattiva trattata dalla centrale nucleare di Fukushima”.
Anche se pochi hanno evidenziato che il pesce non è importato dalle acque del Giappone, ma per 18 milioni di Kg dalla Cina e per 3 milioni di kg alla Corea del Sud, è passato il messaggio di preferire il pesce pescato nel Mediterraneo possibilmente dai pescatori italiani.
Senza voler entrare nel merito sul fatto che il pesce da noi consumato è per circa il 70 % d’importazione e proveniente da ogni parte del mondo e quindi se mangiassimo solo quello del Mediterraneo dovremmo rinunciare a questo prezioso alimento, cerchiamo di capire se esiste veramente il pericolo dell’arrivo di pesce giapponese radioattivo.
Nel 2011 lo “tsunami” susseguente al terremoto che ha colpito il Giappone, ha in pratica distrutto la centrale nucleare di Fukushima, ma non ha interrotto le attività dei reattori nucleari. Per cercare di bloccarli è stato necessario “raffreddarli” con l’immissione continua di acqua marina. In questo modo l’acqua si è contaminata con scorie radioattive e, ovviamente, invece di riversarle nuovamente in mare, sono state “immagazzinate” in giganteschi serbatoi. Attualmente la quantità di acqua “immagazzinata” è di 1,25 milioni di tonnellate. Purtroppo i reattori nucleari sono ancora attivi e sarà necessario utilizzare altra acqua di mare per “spegnerli”. Il problema è che i serbatoi sembrano essere insufficienti per immagazzinare altra acqua e quindi si è deciso di svuotarli gradualmente per fare spazio ad altra acqua da raffreddamento.
Prima di reimmettere l’acqua in mare, si procederà a una sua “depurazione” dalle scorie radioattive, ma resterà una piccola quantità di “Trizio” (isotopo radioattivo dell’idrogeno). Per ridurre al massimo il pericolo si è deciso di fare lo sversamento in mare molto lentamente. In ogni caso si dovrebbe cominciare tra due anni.
Questa decisione è stata “avallata” dalle Autorità internazionali che si occupano della sicurezza dell’energia atomica. Le associazioni ambientaliste e i Paesi confinanti (Cina, Corea e anche Taiwan) hanno però protestato per i possibili pericoli.
Conseguenze per la salute degli italiani.
Il problema potrebbe riguardare l’importazione di prodotti ittici provenienti da zone contaminate con sostanze radioattive.
Si tratta però di un pericolo ipotetico da cui l’Unione Europea e quindi anche il nostro Paese, si sono adeguatamente tutelati. Infatti tutti i prodotti ittici di importazione sono controllati alle frontiere. Nel caso risultasse la presenza di radioattività verrebbero immediatamente respinti.
Come accennato il nostro Paese non importa prodotti ittici dal Giappone quindi il pericolo non è neppure teorico. Se però per il futuro dovesse ravvisarsi qualche problema verrebbero attuate ulteriori misure cautelative per la salute dei cittadini.
Conclusioni.
La verità è che al momento non esiste alcun pericolo da correlare all’incidente di Fukushima e che quindi possiamo consumare tranquillamente i prodotti ittici che troviamo in vendita.
L’amara realtà è che il nostro Paese è gravemente carente di prodotti ittici e che i nostri operatori del settore si trovano in difficoltà. Questi problemi però non si risolvono lanciando insensati allarmismi che hanno come risultato la disaffezione dei cittadini al consumo di alimenti fondamentali per la nostra dieta.
Sarebbe invece molto importante riorganizzare il settore produttivo ittico con una politica lungimirante. Ma questo sembra non essere di grande interesse per chi è in grado di influenzare le scelte delle Autorità nazionali e comunitarie.