In un Convegno si è recentemente parlato della possibilità presenza di aflatossine nel latte e dei pericoli che ne potrebbero conseguire. Le aflatossine appartengono al gruppo delle micotossine che sono delle sostanze chimiche naturali in grado di formarsi dallo sviluppo di alcuni funghi microscopici quale, ad esempio l’Aspergillus flavus. Questi funghi sono molto diffusi nell’ambiente e crescono in condizioni di temperatura intorno ai 30° C e di elevata umidità; hanno anche bisogno di un substrato organico come ad esempio i cereali, la frutta secca, i mangimi per gli animali ed i foraggi come il fieno. Le aflatossine che possono formarsi sono di quattro tipi, ma la più pericolosa è quella che prende il nome di B1 in quanto è considerata cancerogena anche per l’uomo. Per evitare che le persone siano esposte alle aflatossine esistono delle legislazioni molto rigorose per tutti gli alimenti a rischio e che prevedono tolleranze molto basse e comunque possono essere accettate contaminazioni tali da non creare pericoli per l’uomo.
(Vedi articolo sui pistacchi)
Il pericolo esiste ovviamente anche per gli animali che dovessero essere alimentati con mangimi e foraggi contenenti le aflatossine. La salute degli animali da allevamento potrebbe comunque essere compromessa soltanto in presenza di concentrazioni molto forti; a concentrazioni anche più basse potrebbero esserci pericoli per i consumatori di carne, latte o uova prodotti proprio dagli animali esposti. Infatti le aflatossine una volta introdotte con l’alimentazione, si diffondono nell’organismo e possono depositarsi in tutti i tessuti animali compresi quelli che noi possiamo mangiare. L’organismo animale ha però la capacità di trasformare le aflatossine ed in particolare l’aflatossina B1 viene in gran parte trasformata in aflatossicolo. Questa ultima sostanza è molto meno pericolosa ed è stato calcolato che ha una attività cancerogena circa 100 volte minore di quella della aflatossina B1.
Per evitare in ogni caso la contaminazione degli alimenti di origine animale, l’Unione Europea ha emanato delle norme che mettono dei limiti di tolleranza di aflatossine nei foraggi e nei mangimi ed il rispetto di queste norme evita qualsiasi pericolo per la salute degli animali e rende praticamente nulli i rischi per i consumatori. I mangimi sono di produzione industriale e vengono costantemente controllati; si può quindi ragionevolmente ritenere che attraverso questa via non esistano pericoli significativi.
La questione è più complessa per i foraggi che vengono prodotti nelle aziende zootecniche dove è obiettivamente difficile fare dei controlli analitici costanti. In questi casi sono gli stessi allevatori che cercano di evitare di fare consumare agli animali i foraggi ammuffiti. L’interesse degli allevatori ad evitare il consumo di foraggi potenzialmente pericolosi è elevato in quanto il latte prodotto viene controllato sistematicamente dalle aziende lattiero casearie che ovviamente escludono dalla produzione il latte che presenta residui di aflatossine o dei loro metaboliti.
Considerando la situazione esistente si può quindi affermare che il pericolo della presenza di residui di aflatossine a livelli pericolosi per la salute nel latte e/o nei formaggi debba essere esclusa. L’avvertenza è comunque quella di consumare prodotti lattiero caseari provenienti da canali commerciali legali di cui si può essere certi che i controlli siano stati effettuati. In questo modo si possono escludere anche eventuali altri pericoli sanitari.
Si raccomanda comunque la massima attenzione nel consumo di vegetali essiccati (arachidi, pistacchi, cereali, mais, ecc.) che dovessero presentare segni di ammuffimento anche passati e che rappresentano il maggiore pericolo di esposizione alimentare alla micotossine.
Roma, 22 maggio 2012