Il mercurio nei pesci. Quale pericolo?
Il mercurio è un elemento presente allo stato naturale in diversi minerali. Ha la capacità di “attaccare” alcuni microrganismi come il Treponema e per questo motivo è stato lungamente usato come farmaco contro la sifilide. Per le sue proprietà chimico-fisiche è stato e viene attualmente impiegato in numerosi settori industriali (farmaceutico, cosmetico, metallurgico, elettronico, ecc.).
La sua “tossicità” nei confronti degli organismi animali dipende dalla capacità di denaturare le proteine e quindi dare origine ad una serie di lesioni che possono compromettere la funzionalità di vari organi.
La presenza di mercurio nel mare dipende sia dal “dilavamento” dei terreni da parte dei corsi di acqua superficiale, sia dagli sversamenti delle industrie che lo utilizzano. Il Mar Tirreno, nella zona prospiciente il Monte Amiata, ha una concentrazione relativamente più elevata di mercurio per la presenza di minerali che ne sono ricchi e che vengono appunto “dilavati”.
Gli organismi marini assorbono il mercurio presente nelle acque; all’interno di essi avvengono delle reazioni che modificano la struttura del metallo trasformandolo nella forma organica metilmercurio. La concentrazione di metilmercurio nei pesci varia in funzione del loro periodo di vita e soprattutto della loro posizione nella catena alimentare marina. Ad esempio, i pesci predatori adulti, come i tonni, possono avere una concentrazione più elevata rispetto alle sardine.
Il metilmercurio presente nel pesce è maggiormente “biodisponibile” di quello inorganico; consumando carni di pesce “contaminate” ci sono maggiori possibilità che il mercurio si diffonda nei vari organi e tessuti, incluso quello nervoso, dove può esercitare la sua azione tossica.
La tossicità del mercurio fu scoperta per la prima volta nel 1956 in Giappone. Un’industria aveva scaricato nella baia di Minamata rifiuti contenenti importanti quantità di mercurio. Molte persone, che avevano consumato prodotti ittici provenienti da quella zona, manifestarono lesioni neurologiche che furono poi correlate proprio al mercurio che aveva contaminato i pesci. Vennero prese immediate misure per la proibizione del consumo di prodotti ittici provenienti da quella zona e venne deciso di imporre dei limiti di tolleranza di mercurio nei pesci. Tali limiti si collocano da 0,5 e 1 mg di mercurio per ogni kg di pesce e furono organizzati sistemi di controllo per evitare che prodotti ittici contaminati venissero consumati.
Grazie ai controlli esistenti al momento attuale, si può affermare che il pesce in commercio sia privo di pericoli dipendenti dal mercurio. Tale pericolo è assente anche nei prodotti conservati, come il tonno in scatola, in quanto i pesci vengono sistematicamente controllati prima di essere sottoposti alla lavorazione.
Un pericolo potrebbe derivare dal consumo di pesci provenienti da mercati illegali e pescati in zone particolarmente inquinate. Si tratta però di un problema che non dovrebbe riguardare il nostro Paese e neanche i pesci del Tirreno, che da millenni vengono consumati senza che si siano verificati episodi di intossicazione. (Agostino Macrì)