Da qualche anno è di moda il selenio, che sta negli integratori alimentari e sono state messe in commercio perfino le patate al selenio, ottenute aggiungendo selenio ai fertilizzanti. E’ considerato un toccasana per la salute e i consumatori sono stati messi ripetutamente in guardia contro i pericoli di una dieta alimentare povera di selenio.
Nonostante il nome preso dalla luna, questo minerale ha un colore terroso, ma sembra che sia portatore di un elenco interminabile di proprietà benefiche:
- combatte l’invecchiamento;
- neutralizza i famigerati “radicali liberi” che causano i tumori;
- si lega a metalli tossici per l’organismo, come piombo, cadmio e mercurio, rendendoli innocui;
- previene la cataratta, le alterazioni della pelle, la calvizie e la degradazione intellettuale;
- agevola l’utilizzazione della vitamina E;
- previene le cardiopatie e il morbo di Keshan;
- contribuisce ad impedire l’insorgenza di astenie, anemie, turbe digestive, eccetera. Il selenio, tuttavia, ha il difetto di essere raro, nonostante sia compagno dello zolfo nella scala degli elementi; molti terreni ne sono carenti, per cui vi sono popolazioni che non lo assorbono in quantità sufficiente con la normale alimentazione. Però non si sa bene quanto ne occorre, c’è chi dice 50 e chi 100 microgrammi (milionesimi di grammo) al giorno.
La Società italiana di nutrizione umana (SINU) sostiene che “la valutazione del fabbisogno di selenio è problematica” e comunque raccomanda di non superare i 450 microgrammi al giorno. Infatti, la SINU riferisce che ci sono stati casi di intossicazione acuta da selenio in soggetti che ne consumavano diversi milligrammi sotto forma di tavolette. Da parte sua, la CE ha raccomandato un livello minimo di 20 microgrammi al giorno, uno medio di 40 e uno ottimale di 55. Per darsi una regolata, gli alimenti più ricchi di selenio sono pesci, crostacei, mitili e frattaglie. Comunque i vegetariani sono più soggetti a carenze di selenio, se non integrano la dieta almeno con pesci, perché i vegetali ne sono molto più poveri delle carni e degli altri alimenti d’origine animale che, oltre tutto, sembra ne permettano un’assimilazione migliore, assicurando la dose minima indicata.
Roma, 12 marzo 2007