Agli sportelli dell’UNC è arrivato un quesito circa l’ecosostenibilità della produzione del latte. Facciamo chiarezza.
La composizione del latte
Il latte, grazie ai nutrienti che contiene, è uno degli alimenti più importanti di cui disponiamo.
La sua composizione è molto simile nelle diverse specie animali e nella donna. I meccanismi che portano alla sua formazione sono però completamente diversi e sono dipendenti dalla fisiologia digestiva delle varie specie animali.
La produzione del latte avviene utilizzando i nutrienti (proteine, grassi e carboidrati) assunti con l’alimentazione; dopo essere stati ridotti in elementi semplici (aminoacidi, precursori degli zuccheri e dei grassi) questi ultimi vanno incontro a una sintesi che li trasforma nei costituenti nutrizionali del latte.
Negli erbivori, e in particolare nei ruminanti (bovini e ovini) il meccanismo fisiologico che porta alla “formazione” del latte è molto complesso e avviene in più fasi utilizzando la particolare conformazione gastrica di questi animali costituta da quattro “stomaci” che prendono il nome di rumine, reticolo, omaso e abomaso. Cerchiamo di spiegarla
La “formazione” del latte
I foraggi (erba e piante fresche, fieni, insilati) sono la principale fonte alimentare dei ruminanti che ingeriscono a sazietà assumendoli al pascolo o dalle mangiatoie nelle stalle. In una prima fase il cibo ingerito viene accumulato nel “rumine”. Successivamente gli animali si mettono a riposo e il foraggio viene riportato in bocca dove viene masticato a lungo e di nuovo immesso nel rumine. Questa operazione va avanti fino a quando tutto il foraggio ingerito (intorno ai quindici kg per capo per i bovini e molto meno per gli ovini) non viene triturato. A questo punto inizia l’azione dei microrganismi presenti nel rumine che “attaccano” il “bolo” formato dalla masticazione con due importanti risultati.
Il primo è quello di trasformare la cellulosa dei foraggi in elementi semplici quali l’acido lattico e l’acido propionico.
Il secondo è una enorme proliferazione dei microrganismi che, grazie anche alla utilizzazione dell’azoto inorganico presente, divengono una “biomassa” ad elevato contenuto proteico.
Gli acidi “semplici” sono assorbiti e utilizzati per la formazione del lattosio e degli acidi grassi presenti nel latte.
La “biomassa” dei microrganismi viene invece versata nell’abomaso (che ha la stessa funzione dello stomaco degli animali monogastrici) dove viene attaccata dai succhi gastrici per essere trasformata in aminoacidi e peptidi i quali sono a loro volta assorbiti a livello intestinale per essere sintetizzati e trasformati in proteine animali che troviamo nel latte e ovviamente nei tessuti muscolari.
Questi processi cosi complicati comportano anche la formazione prodotti gassosi quali l’anidride carbonica e il metano che sono eliminati dagli animali e che raggiungono l’atmosfera contribuendo alla sua contaminazione.
Qualche considerazione sull’ecosostenibilità
I ruminanti sono in grado di produrre il latte utilizzando la cellulosa dei foraggi che l’uomo non può utilizzare come propria fonte alimentare. L’anidride carbonica emessa dai processi digestivi dei ruminanti viene “riciclata” tramite la fotosintesi clorofilliana, per la crescita delle piante che vanno a costituire i foraggi con cui sono alimentati i ruminanti.
Sono in molti a sostenere che per produrre latte è necessario utilizzare grandi quantità di acqua. Ciò è vero anche perché una mucca beve diverse decine di litri di acqua al giorno; ricordiamo però che gran parte dell’acqua la ritroviamo nel latte e che quella eliminata con le urine serve per irrigare i campi.
Ovviamente per i ruminanti che vivono allo stato brado (come gli ovini e i caprini) la simbiosi con l’ambiente è ancora più evidente e marcata.
Contrariamente a quello che si dice comunemente, ritengo quindi che l’allevamento dei ruminanti per la produzione del latte, se condotto utilizzando pascoli e foraggi prodotti localmente, sia compatibile con l’ambiente e i vantaggi che si ottengono sono superiori ai danni che può provocare.