Libretto sanitario e formazione ristoratori e operatori alimentari
In Italia con la Legge 283 del 30.4.1962 è stato istituito il Libretto Sanitario per gli addetti alla manipolazione e alla distribuzione degli alimenti. Tale Libretto veniva rilasciato da medici ufficiali, che dovevano anche effettuare visite periodiche e attuare profilassi delle malattie infettive, ove necessario. In pratica, era necessario garantire che gli operatori fossero esenti da malattie infettive, potenziali veicoli di microrganismi in grado di contaminare gli alimenti e causare tossinfezioni alimentari.
Il Regolamento dell’Unione Europea 852 del 2004 ha abolito il Libretto Sanitario. In sostituzione è stato previsto l’obbligo per i datori di lavoro della formazione periodica del proprio personale addetto alla preparazione, produzione, manipolazione, somministrazione e vendita di sostanze alimentari che dimostri l’effettiva capacità a operare rispettando le norme igieniche ed evitare la contaminazione del cibo.
Si tratta sicuramente di un’evoluzione positiva in quanto esiste una responsabilizzazione degli operatori e non soltanto una semplice attestazione di buone condizioni di salute.
In Italia, l’applicazione delle nuove norme è stata affidata alle Regioni che non si sono mosse in modo uniforme e hanno emanato provvedimenti legislativi non coordinati. In talune regioni non è stata emanata alcuna normativa specifica o è stata in seguito abolita. Si è creata quindi una situazione a macchia di leopardo per cui capita che la formazione attuata in una Regione non sia valida in un’altra o che addirittura non venga fatta e/o non venga controllata.
Un aspetto non armonizzato riguarda quindi la stessa formazione, che si è trasformata in un ottimo business che ha visto fiorire strutture di ogni tipo, pubbliche e private. I controlli sulla reale formazione e sulla competenza delle varie strutture non sono però uniformi e può capitare che gli attestati dei corsi di formazione vengano rilasciati con una certa leggerezza da enti di formazione non idonei.
Ma quello che è più grave è che spesso i controlli non vengono affatto effettuati sia per la mancanza di normativa specifica in molte regioni sia perché in alcune di queste gli stessi organi che dovrebbero essere deputati al controllo, le ASL, sono impegnati proprio nella formazione, con una evidente situazione di conflitto d’interesse. Il risultato è che sempre più spesso gli operatori non si sentono in obbligo e quindi non fanno formazione o la fanno in modo approssimativo.
Esiste un articolo di legge che impegna il Ministero della Salute a uniformare la formazione in questo settore, compreso l’utilizzo delle tecniche di formazione a distanza (ormai riconosciute efficaci anche più di quelle d’aula), ma è stato osteggiato dalle Regioni che vedono una perdita di potere è pertanto l’iniziativa è ferma in un cassetto.
La situazione è ancora più complessa ove si consideri che buona parte del personale che opera nel settore dell’alimentazione non è italiano ed ha una conoscenza approssimativa della nostra lingua. Queste persone, peraltro, portano con se le tradizioni e la cultura dei Paesi di origine in cui potrebbe esserci un differente “approccio” all’igiene .
È innegabile che il principale problema della sicurezza alimentare è rappresentato dalle tossinfezioni alimentari e che queste sono in gran parte dipendenti dalla gestione del cibo fatta a livello domestico, ma anche nell’ambito della ristorazione pubblica (bar, ristoranti, ecc.) o collettiva (mense, catering, ecc.) e, più in generale, in ogni attività dove si trattano alimenti.
Proprio per questo motivo è importante che il personale addetto sia effettivamente preparato e consapevole del proprio lavoro.
I cittadini non hanno la concreta possibilità di verificare le modalità operative del personale addetto alla ristorazione; il compito delle verifiche è principalmente una competenza dei SIAN (Servizi di Igiene Alimentazione e Nutrizione) delle ASL, di cui abbiamo appena parlato.
Con una certa frequenza vengono segnalate irregolarità in negozi di alimentari, supermercati, attività di ristorazione, depositi, aziende, ecc. per le condizioni igieniche approssimative, errata conservazione degli alimenti, utilizzazione di prodotti scaduti, ecc. In questi casi non risulta che vengano valutate le certificazione che dovrebbero comprovare la preparazione del personale nel gestire gli alimenti e spesso le irregolarità dipendono proprio dalla scarsa preparazione degli addetti.
L’impressione è che la questione della preparazione del personale venga “gestita” come una formalità burocratica, non fondamentale, che si risolve con qualche ora di lezione residenziale o a distanza e dei semplici esami.
Sarebbe invece necessario intensificare i controlli, verificare gli enti di formazione, accertare l’effettiva formazione del personale e rendere pubblici gli esiti dei controlli stessi. (Agostino Macrì)