Agli sportelli dell’Unione Nazionale Consumatori è arrivato un quesito sui nanomateriali e il loro impiego nel settore alimentare. Cerchiamo di fare chiarezza.
Cos’è la nanotecnologia
La nanotecnologia è la scienza che studia l’infinitamente piccolo, il mondo invisibile all’occhio umano avente dimensioni dell’ordine di grandezza dei nanometri, cioè anche centomila volte inferiori al diametro di un capello umano!
L’uomo, mediante la nanotecnologia, ha imparato a manipolare i materiali, modificandone la disposizione degli atomi e realizzando in laboratorio molti nanomateriali “ingegnerizzati” che, pur avendo la stessa composizione chimica dei materiali di dimensioni convenzionali, manifestano proprietà chimico fisiche diverse, come ad esempio una maggiore reattività, una maggiore leggerezza, ma contemporaneamente anche una maggiore forza, resistenza e anche una colorazione nuova.
L’impatto delle nanoparticelle
I nanomateriali contengono particelle di dimensioni infinitamente piccole, le nanoparticelle, che hanno avuto un impatto importante sia sulla nostra salute, che sull’ecosistema e si stanno diffondendo rapidamente in pressochè tutti i settori: dalla medicina, alla zootecnia, all’industria elettronica, tessile, automobilistica, cosmetica ed anche in quella agroalimentare, dove possono offrire molti vantaggi sia dal punto di vista nutrizionale, che produttivo ed economico. Ma andiamo a vedere quali sono i principali utilizzi di questi nanomateriali nel settore alimentare.
Nanomateriali nel settore alimentare
Nanoparticelle di biossido di silicio sono impiegate come agenti antiagglomeranti (alimenti in polvere quali minestre liofilizzate, preparati per caffè e cappuccino istantaneo, uova e latte) perchè assorbono l’umidità evitando la formazione di sgradevoli grumi. Sono anche aggiunte alle gomme da masticare sfruttando la loro azione “abrasiva”, eliminando i residui di cibo dai denti.
Nel campo della nutraceutica e degli integratori alimentari alcuni principi nutritivi, come ad esempio gli acidi grassi omega 3 e omega 6, alcune vitamine, probiotici, minerali come ad esempio il ferro nel trattamento di alcune forme di anemia, vengono “nanoincapsulati”, cioè inglobati all’interno di micelle, minuscole strutture di dimensioni nano, in modo da veicolarli direttamente all’interno dei prodotti alimentari, favorendone in questo modo l’assimilazione, l’assorbimento e rallentandone la degradazione.
Alimenti gustosi e sani
Mediante la nanotecnologia è anche possibile ottenere alimenti più gustosi, più digeribili ma soprattutto più sani: se si vanno a frammentare, infatti, i granelli di sale o di zucchero presenti negli alimenti, creando dei veri e propri “nanogranelli”, il risultato è che essi si sciolgono più velocemente nella saliva e ciò favorisce una percezione più intensa del sapore, permettendo quindi di ridurre il quantitativo di questi ingredienti nel prodotto finito, a parità di gusto. Allo stesso modo, manipolando la struttura delle goccioline di grasso in prodotti come i gelati o le maionesi e suddividendole in tante piccole gocce di dimensioni nano, ecco che si ottengono delle nanoemulsioni che conferiscono maggior cremosità ai prodotti, rendendoli contemporaneamente più digeribili e leggeri, perché meno ricchi di grasso.
Mediante le nanofibre vengono invece realizzate pellicole commestibili, come ad esempio i rivestimenti di salsicce ed insaccati vari, allo scopo di ridurre gli scarti alimentari e di rendere questi alimenti maggiormente “sostenibili” per l’ambiente.
Focus sui MOCA
Uno dei principali settori dell’industria alimentare in cui vi è un crescente sviluppo ed utilizzo di nanomateriali è quello dei MOCA, ovvero tutti quei Materiali ed Oggetti destinati al Contatto con gli Alimenti, tra i quali sono inclusi non solo gli imballaggi (il cosiddetto packaging), ma anche tutti i recipienti e gli utensili da cucina. Nanoparticelle di nitruro di titanio vengono utilizzate nelle bottiglie in PET allo scopo di creare una barriera ai gas ed alle radiazioni UV, minimizzando in questo modo la perdita di anidride carbonica dalle bevande gassate e l’ingresso di ossigeno. Molto diffusi risultano ultimamente anche gli imballaggi in nanocellulosa, che stanno sostituendo la plastica, in quanto sono biodegradabili, più sottili e leggeri, ma nello stesso tempo più resistenti, rigidi, atossici e stabili termicamente ed offrono una barriera elevata ad ossigeno e vapore acqueo.
Le nanoparticelle di argento
Nanoparticelle di argento, invece, sono impiegate nella fabbricazione di stoviglie, taglieri e nelle pareti dei frigoriferi di ultima generazione per la loro forte azione antibatterica e contemporaneamente bassa tossicità per l’uomo; per lo stesso motivo anche nanomateriali a base di zinco vengono utilizzati per rivestire le pareti interne del barattolame, come ad esempio i barattoli di mais, tonno, asparagi, fagioli, piselli. Pentole e padelle antiaderenti che tutti noi abbiamo in dispensa, invece, sono generalmente rivestite da nanoparticelle di titanio e di silice, che impediscono al cibo di attaccarsi al fondo.
Accanto a questi, vi sono anche imballaggi cosiddetti “attivi”, in quanto contengono nanomateriali in grado di catturare l’ossigeno che penetra dall’ambiente esterno, oppure l’etilene prodotto dalla degradazione della frutta, in modo tale da ritardarne la maturazione, aumentandone la shelf life, ovvero la vita commerciale.
Gli imballaggi intelligenti
Uno dei più recenti sviluppi è stato quello degli “imballaggi intelligenti”, ovvero gli smart packaging che, mediante l’utilizzo di nanosensori incorporati direttamente all’interno di alcune confezioni, permettono ai consumatori di verificare visivamente lo stato di conservazione di un prodotto, in quanto virano di colore in base per esempio alla temperatura cui sono conservati, cioè quando un alimento rimane per troppo tempo a temperature elevate e quindi il suo consumo potrebbe non risultare più idoneo.
Le preoccupazioni sulla sicurezza
A fronte di questi vantaggi e dei miglioramenti apportati dalla diffusione dei nanomateriali nel settore agroalimentare, vi sono però delle crescenti preoccupazioni legate alla sicurezza ed alle possibili conseguenze che ne potrebbero derivare a lungo termine sulla nostra salute e sull’ecosistema. Infatti, ultimamente il nostro livello di esposizione alle nanoparticelle è aumentato in quanto, oltre a quelle che vengono intenzionalmente utilizzate nell’industria alimentare, ve ne sono altre che si possono formare in svariate situazioni.
Alcune nanoparticelle si originano naturalmente da processi di combustione, come ad esempio gli incendi, le eruzioni vulcaniche e, ricadendo successivamente al suolo, possono depositarsi sui terreni e riversarsi nei corsi d’acqua e di conseguenza risalire lungo la catena alimentare.
Altre derivano da attività proprie dell’uomo quali il riscaldamento domestico, il fumo di sigaretta, i gas di scarico. Possiamo contribuire a riversare nanoparticelle negli scarichi urbani e nei liquami fognari anche in seguito al cospicuo utilizzo di creme, cosmetici e prodotti solari, sempre più di dimensioni “nano”, che poi si riversano nei bacini idrici come i mari e i fiumi e di conseguenza entrano nell’ecosistema, con la possibilità che arrivino sulle nostre tavole attraverso gli alimenti ittici..
Un’altra fonte di esposizione è rappresentata dai residui di fitofarmaci e di farmaci veterinari nano formulati, che rischiamo di ritrovare negli alimenti.
Informazioni sull’eventuale tossicità dei nanomateriali
Alcuni studi hanno messo in luce la possibilità che alcune di queste nanoparticelle, una volta penetrate nell’organismo a causa delle ridotte dimensioni, della loro elevata reattività superficiale, ma soprattutto per la loro insolubilità in acqua, siano in grado di entrare all’interno delle cellule e bioaccumularsi, senza poter essere smaltite.
Le informazioni sulla eventuale “tossicità” dei nanomateriali non sono ancora complete. Per tale motivo la legislazione a livello di Unione Europea, soprattutto per i possibili utilizzi in campo agroalimentare è prudente. Infatti i nanomateriali ingegnerizzati prima di poter essere autorizzati ed utilizzati negli alimenti, sono valutati in termini di sicurezza dall’EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare.
Recentemente l’EFSA ha valutato il biossido di titanio come nanomateriale utilizzato come additivo alimentare e ha espresso un giudizio sostanzialmente non favorevole e la Commissione UE ha deciso di bandirne l’uso negli alimenti.
Conclusioni sull’uso dei nanomateriali negli alimenti
L’uso dei nanomateriali nella produzione degli alimenti può comportare importanti benefici, ma non bisogna sottovalutare i possibili pericoli. La normativa nel settore è molto rigorosa e per i prodotti con informazioni scientifiche sulla sicurezza incomplete , si applica il principio della “massima precauzione” che ne impedisce l’utilizzazione. Una ulteriore garanzia ai consumatori viene fornita dal Regolamento 1169/2011 che obbliga i produttori di alimenti di indicare in etichetta l’eventuale presenza di “nanoprodotti”.
Si può comunque affermare che una alimentazione in cui si alternano cibi freschi e conservati, di origine vegetale e di origine animale, ci mette al riparo da molti pericoli incluso quello potenziale dalle nanotecnologie.
Autori: Agostino Macrì e Barbara Piani