Nei supermercati la birra sta rosicchiando posizioni al vino. Secondo Assobirra, in media se ne bevono 30,3 litri pro capite, con circa 200 marchi disponibili. Può sembrare che la birra sia una sola, ma ce ne sono una decina di tipi, come Lager, Abbazia, Pils, Blanche, eccetera, ognuna delle quali è più indicata per accompagnare specifici piatti.
Per quanto riguarda la classificazione normativa (legge n. 1354/1962), la birra si divide in analcolica (alcol non superiore all’1,2%), leggera o light (fino a 3,5), birra (superiore a 3,5%), birra speciale e doppio malto con gradazioni superiori. Curiosamente, una recente sentenza della Corte di giustizia europea (C-381/05) ha ammesso anche la birra “brut” e “brut reserve”, se fabbricata con un metodo che si ispira a quello di elaborazione dello champagne. Secondo tradizione, la birra dovrebbe essere fatta soltanto con malto d’orzo, ma la legge italiana ha ammesso anche frumento, riso e altri cereali, dapprima fino ad un massimo del 25% e poi fino al 40%. In questo modo la birra acquista un sapore più “secco”.
Un decreto ministeriale del 1996 (n. 325) ha ammesso poi l’uso dei lattobacilli, i microbi “buoni” con i quali si fa lo yogurt perché trasformano gli zuccheri del latte e lo fanno diventare acidulo. Si è visto che i lattobacilli sono più alacri e attivi dei lieviti usati per ottenere questa bevanda alcolica, la cui materia prima è costituita dall’orzo, ma, come si è detto, più spesso mischiato con riso, grano, e altri cereali messi a macerare in acqua fino a ottenere un mosto molle e ricco di zuccheri. I lieviti trasformano gli zuccheri in alcol e anidride carbonica, il gas che rende la birra frizzante, mentre il sapore amarognolo è dato dall’aggiunta di luppolo. I lattobacilli ottengono lo stesso risultato in meno tempo, ma a differenza dello yogurt, dove rimangono vivi e benefici per l’organismo, nella birra periscono dopo aver fatto alacremente il loro lavoro, a causa dell’alcol da essi stessi prodotto. Pare anche che il loro impiego eserciti “azione favorevole sull’aspetto, sul gusto e sulla stabilità della birra”, come dice lo stesso decreto ministeriale (forse con esagerazione). Nell’elenco degli ingredienti in etichetta, però, non figurano né i lattobacilli né i lieviti, perché sono considerati semplici “coadiuvanti tecnologici”, anzi è raro trovare l’elenco degli ingredienti, perché la stessa birra è considerata un unico ingrediente identificato dalla denominazione commerciale, come l’olio o il latte. Per sapere quindi se è fatta con solo malto d’orzo (la più pregiata) o anche con riso e grano, che possono essere impiegati fino al 40%, il consumatore deve andare a vedere le altre informazioni complementari eventualmente riportate in etichetta. Ma è anche questione di gusti, perché se è fatta soltanto con l’orzo, come quella tedesca, il sapore risulterà più rotondo e corposo, ovvero meno secco. Per il grado alcolico, basta guardare l’etichetta, ove è obbligatorio indicarlo. Quanto al colore più scuro di certe birre, ora può essere ottenuto anche con coloranti, che però vanno dichiarati in etichetta. Assobirra fornisce consigli su come conservare e bere al meglio la birra, che teme gli sbalzi di temperatura, l’ossigeno e la luce. Ma è soprattutto il tempo il suo peggior nemico, tanto è vero che la durata massima di conservazione, dal momento della produzione, è di 18 mesi. Trascorso questo tempo la bevanda comincia a perdere aroma e gusto e solo la presenza di buone quantità di luppolo può proteggerla maggiormente dall’invecchiamento e farla vivere più a lungo. Secondo il sito www.birrainforma.it le birre a bassa fermentazione resistono meno bene alla conservazione rispetto a quelle ad alta fermentazione. Ma ci sono anche alcune birre ad alta gradazione alcolica che possono trarre giovamento da un certo periodo di invecchiamento. Per bere una birra in condizioni ottimali bisogna: • acquistare volta per volta la quantità di prodotto; • scegliere un punto vendita che garantisca un veloce ricambio delle merci; • conservare la birra in un luogo fresco a temperatura costante e al riparo dalla luce; • raffreddarla nel frigorifero solo prima di berla; • scegliere una bottiglia o lattina commisurata alla propria necessità. Dopo aver aperto una confezione, è meglio non cercare di conservarne ulteriormente il contenuto avanzato.Roma, 18 gennaio 2010