Olio extravergine di oliva: tra il gusto ed il valore nutrizionale, cosa scegliere?
Il 6 dicembre 2015 a Cerveteri si è svolta una manifestazione-mercato con i produttori locali che vendevano il loro olio extravergine di oliva “nuovo” in vari “stand” collocati nella splendida piazza principale del paese. Per valorizzare ulteriormente la manifestazione è stato deciso di premiare i migliori tre oli sulla base delle caratteristiche sensoriali, valutati da un “panel” di assaggiatori professionisti che hanno seguito le procedure previste dalle norme europee per controllare i parametri previsti per l’olio extravergine di oliva.
I risultati dei controlli sono stati veramente sconfortanti. Dei trenta campioni di olio esaminati, dieci non avevano i requisiti per essere denominati extravergine a causa di seri difetti sensoriali. Cinque erano al limite della sufficienza e soltanto quindici potevano essere classificare come oli extravergine. Considerando che tutti gli oli erano in vendita a circa 9 euro al litro, molti di essi erano dovevano avere un valore commerciale inferiore.
Come hanno spiegato gli esperti, i difetti erano da attribuire ad errori nella raccolta e/o alla conservazione, e/o alla frangitura. Insomma olio genuino, franto da pochissimo tempo e quindi freschissimo, chilometro zero, sicuramente “made in Italy”, ma in buona parte non corrispondente a quanto dichiarato nelle etichette.
Quanto avvenuto non può non essere correlato all’indagine della Magistratura che, sulla base degli stessi test sensoriali applicati a Cerveteri, ha permesso di scoprire che alcuni oli in commercio non possedevano le caratteristiche per essere classificati come “extravergini”.
Da più parti è stato fatto osservare che nei prodotti “commerciali” erano
presenti oli di importazione, facendo anche sottintendere che con gli oli italiani difetti del genere non ce ne sono. Altro aspetto di cui si è molto parlato è il costo degli oli extravergini di oliva sostenendo che quelli di prezzo molto basso non potevano essere di buona qualità.
Probabilmente le cose stanno diversamente.
Gli aspetti “organolettici” dipendono dall’intera “filiera” di lavorazione, a partire dalla raccolta delle olive fino alla conservazione dell’olio nelle bottiglie e all’utilizzo da parte del consumatore finale. In tale contesto non si può affermare a priori che l’olio italiano sia migliore di quello di importazione. E’ peraltro noto che le produzioni nazionali non sono sufficienti a coprire i nostri fabbisogni e quindi importare olio è una necessità.
Per quanto riguarda il prezzo, le oscillazioni sono fortissime e si può passare da pochi euro fino ad anche 30 euro al litro per alcuni oli DOP. Visto quello che è successo a Cerveteri non si può escludere che qualche olio di gran pregio non superi l’esame “sensoriale”.
In mezzo a questa confusione il cittadino non può non restare sconcertato in quanto non viene spiegata con chiarezza l’importanza dell’olio di oliva nell’alimentazione. E’ importante far sapere che nell’olio di oliva, insieme agli ottimi grassi, sono contenute numerose sostanze genericamente definite come “antiossidanti” che svolgono attività benefiche molto importanti per il nostro organismo. Queste sostanze sono presenti in quantità importanti negli oli “freschi” e per poter usufruire dei benefici bisognerebbe consumare l’olio crudo. Infatti con il tempo e con la cottura gli “antiossidanti” si degradano e gli oli perdono il loro valore.
Purtroppo però la ferrea e forse “ottusa” legislazione non dà nessuna importanza alla presenza degli “antiossidanti” e previlegia gli aspetti organolettici che peraltro la maggior parte delle persone percepisce con difficoltà.
Pur non tralasciando le prove sensoriali, forse sarebbe ora che si cominci a valutare l’olio di oliva per il suo reale valore e non per la sua “facciata” che invece ci viene propinata.
Cominciamo a ragionare in termini di benefici reali, spiegando bene che il consumo di olio “crudo” è il modo migliore per sfruttare a fondo i nutrienti. Ovviamente gli oli freschi sono da preferire rispetto a quelli vecchi magari di qualche anno.
Forse è ora di piantarla con la difesa a oltranza dell’olio “made in Italy” che, purtroppo, non è più sufficiente. Il consumatore ha il diritto di sapere con chiarezza da dove arriva l’olio che acquista, ma con altrettanta chiarezza deve conoscere il contenuto in tutti i nutrienti (compresi gli antiossidanti) in modo da potersi regolare con cognizione di causa. Magari potrebbe decidere di acquistare un olio ricco di antiossidanti (che dovrebbe costare di più) da consumare come condimento a crudo e acquistare un olio commerciale meno pregiato da utilizzare per la cottura dei cibi.
Insomma andrebbe detto con chiarezza che i maggiori benefici si ottengono con il consumo di ottimi oli extravergini di oliva crudi e che gli stessi oli, se conservati male o utilizzati dopo la cottura, perdono parte del loro valore nutrizionale. In tale contesto l’olio extravergine di oliva “made in Italy” risulterebbe con ogni probabilità nettamente vincente ed i cittadini non si sentirebbero defraudati.
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