Negli ultimi mesi le Autorità sanitarie dei Paesi dell’Unione Europea hanno dovuto affrontare il problema della contaminazione di molti alimenti con l’ossido di etilene. Si tratta di una sostanza gassosa che trova impiego nell’industria chimica e che ha un forte potere disinfettante e disinfestante. Proprio per queste proprietà trova impiego nelle strutture sanitarie per sanificare i vari oggetti e strumentazioni necessarie per la cura dei pazienti.
Gli alimenti sono facilmente attaccati da microrganismi e parassiti che possono danneggiarli anche in modo irreparabile. Il trattamento con ossido di etilene li può eliminare e quindi consentirebbe di preveniree l’alterazione e la conseguente distruzione di risorse alimentari.
Il problema è che l’ossido di etilene è una sostanza molto pericolosa e, secondo la valutazione della IARC (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) è in grado di alterare il DNA e provocare il cancro.
Lo IARC ha preso in considerazione tutta la documentazione scientifica disponibile e che riguarda sta gli studi sugli effetti sull’essere umano a seguito dell’esposizione “professionale” a ossido di etilene, sia studi di tossicologia sperimentale su animali da laboratorio e cellule. . La maggioranza degli studi su esseri umani e animali esaminati riguarda gli effetti a seguito dell’assunzione per via inalatoria, quindi molto più attinenti alle esposizioni lavorative ed ambientali, rispetto all’esposizione per via alimentare. Per contro, almeno secondo il documento della IARC, esiste un solo studio, fatto su animali da laboratorio, in cui l’ossido di etilene è stato somministrato per via orale mediante “gavaggio”, ovvero introdotto con una cannula direttamente nel canale digerente. Questo ultimo studio ha fornito scarse evidenze a supporto di una attività cancerogena. Va osservato che una stessa sostanza può indurre effetti più o meno gravi o anche di tipo diverso attraverso vie di assunzione diverse.
Sulla base della documentazione scientifica disponibile lo IARC è arrivato alla conclusione che l’ossido di etilene è una sostanza cancerogeno.
L’accertata attività cancerogena per via inalatoria ha ovviamente ; indotto le Autorità Sanitarie della UE a proibire l’uso come additivo alimentare dell’ossido di etilene. Tale disposizione non è rispettata in alcuni Paesi extracomunitari che utilizzano l’ossido di etilene soprattutto per “proteggere” alcune materie prime (semi, farine, ecc.) dall’attacco di microrganismi e/o parassiti che potrebbero danneggiarle seriamente, soprattutto ove il controllo delle condizioni igieniche della filiera non è garantito, come spesso succede. Si presume che i trattamenti avvengono in modo tale da consentire una costante presenza del gas durante la conservazione e il trasporto di questi alimenti.
E’ assai probabile che il pericolo maggiore di esposizione lo corrano i lavoratori adibiti alla lavorazione delle materie prime perché possono essere esposti all’ossido di etilene presente nei contenitori e sprigionato al momento dell’apertura.
Nelle fasi successive delle lavorazioni (molitura, miscelazione con altri ingredienti alimentari, cottura, ecc.) la quasi totalità del gas viene eliminato e disperso nell’atmosfera dove comunque ha un tempo di dimezzamento ( emivita) di 211 giorni.
I controlli fatti in alcuni alimenti finiti, utilizzando materie prime trattate con ossido di etilene dimostrano che i residui sono molto bassi e generalmente inferiori a 1 mg per kg di alimento. In alcuni casi si parla soltanto di “probabile presenza”.
Si può ragionevolmente ritenere che nei prodotti da forno (pane, biscotti, ecc.) fatti anche con materie prime contaminate con ossido di etilene, i residui del gas siano praticamente assenti.
Quali rischi.
Non vi è alcun dubbio che l’ossido di etilene sia una sostanza altamente pericolosa da utilizzare solo ove necessario e con le massime cautele. La domanda successiva riguarda la probabilità di danno in diverse situazioni della vita reale, vale a dire il rischio.
I maggiori rischi si hanno sicuramente a seguito della esposizione per via inalatoria e ovviamente riguardano le persone che per motivi professionali si trovano a contatto con il gas. Anche un’esposizione inalatoria ambientale non è affatto da trascurare. Si segnala anche che il fumo di una sigaretta comporta l’inalazione di 7 nanogrammi di ossido di etilene.
Anche se non ci sono molte evidenze di rischi legati all’assunzione per via orale, per i consumatori i rischi potrebbero derivare da alimenti trattati direttamente con ossido di etilene; questa possibilità dovrebbe essere esclusa per gli alimenti prodotti in Italia e nei Paesi della UE a causa del divieto di impiego.
Negli alimenti ottenuti utilizzando materie prime di importazione trattate con l’ossido di etilene i pericoli dovrebbero essere pressoché nulli se si tratta di prodotti da forno e molto modesti In quelli in cui non ci sono stati dei trattamenti termici. In molti casi le segnalazioni riguardano prodotti come semi di sesamo o farina di carrube che entrano in misura modesta negli alimenti finiti. Queste sono, ovviamente, solo semplici considerazionei generali basate sulle informazioni disponibili: a quanto risulta, a tutt’oggi la Commissione Europea non ha richiesto alcuna valutazione a EFSA
Si deve comunque sottolineare l’importanza delle misure repressive che i diversi stati dell’Unione Europea stanno attuando per eliminare qualsiasi pericolo di contaminazione degli alimenti da ossido di etilene. Accanto a questo approccio precauzionale e alle discussioni legali in sede Europea sulla gestione delle allerte, sarebbe però auspicabile una valutazione del rischio per la salute dei consumatori da parte di EFSA, analogamente a quanto fatto per altre allerte europee come ad esempio (2017) per il fipronil nelle uova.
Autori: Agostino Macrì e Alberto Mantovani