Allevamenti ovini e caprini. Quali prospettive? 

Agostino Macrì
21 Maggio 2024
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In Italia l’allevamento degli ovini e dei caprini è forse il più rappresentativo della zootecnia tradizionale, perché capre e pecore forniscono carne, latte e lana sfruttando le risorse di molte aree marginali.

Si alimentano di foraggi che crescono spontanei in zone anche impervie, dove non è facile coltivare piante per uso alimentare umano, quindi allevamenti ovini e caprini sono un modello di simbiosi tra le attività umane e il territorio

Il ruolo dei pastori

I pastori che vivono in stretta connessione con gli animali sono dei custodi dell’ambiente. Sono infatti loro a tenere in ordine il territorio liberandolo da piante infestanti, dai rami che possono ostruire i piccoli corsi d’acqua e a rimuovere le tante piccole cause che, insieme, portano al dissesto ambientale. 

Sono stati i pastori ad inventare gli incendi pilotati che consentono di bruciare, e quindi eliminare, le piante secche che causano gli incendi devastanti a cui assistiamo ogni estate. 

La presenza di pecore per brevi periodi nelle zone adibite alla produzione di cereali consente di concimarle in modo molto efficace e, prima dell’avvento dei devastanti concimi chimici, era la più importante forma di fertilizzazione dei terreni insieme al letame dei bovini. 

I prodotti

A differenza di altri Paesi , in Italia il più importante prodotto delle pecore e delle capre è il latte che, viene trasformato in formaggio e questo richiede la presenza costante dell’uomo nelle greggi, perché gli animali devono essere munti due volte al giorno.

Con l’allevamento degli ovini si è sviluppata la transumanza, che consiste nel trasferire gli animali dalla pianura nelle zone montane in funzione dell’andamento climatico e dell’abbondanza dei pascoli. 

Anche la gastronomia ha tratto vantaggio dalla pastorizia con vari piatti molto semplici, come la pasta all’amatriciana e il porceddu sardo. 

La trasformazione degli allevamenti

Nel corso degli ultimi anni l’allevamento ovi-caprino italiano ha subito un calo. Dai circa 10 milioni di capi che avevamo alla fine del secolo scorso, siamo scesi a circa 7 milioni.

Nei soli ultimi quattro anni abbiamo perduto circa 700.000 capi. Negli ultimi quattro anni sono scomparse circa 20.000 aziende (da circa 140.000 a circa 112.000). Sono però aumentate le aziende zootecniche industriali rispetto a quelle tradizionali.

Questa trasformazione è probabilmente meno vantaggiosa per l’ambiente, ma migliora la produttività, la qualità e la sicurezza del latte e dei formaggi che si ottengono e anche le condizioni di vita dei pastori. 

Le tradizioni della pastorizia

Con gli allevamenti industriali si perdono gran parte delle tradizioni della pastorizia e certi fenomeni, come la transumanza, sono divenute delle manifestazioni folkloristiche celebrative e i frugali pasti dei pastori di un tempo oggetto di raffinate elaborazioni di cuochi stellati. 

Un aspetto molto importante è che con la moderna pastorizia lo stato di salute degli animali è ottimale e di conseguenza il latte e i formaggi che si ottengono dalle pecore sono scevri da pericoli sanitari. 

Ragionando in termini pragmatici, bisogna sperare in uno sviluppo razionale degli allevamenti ovi-caprini mantenendo comunque il loro inserimento in un sano contesto ambientale.  

Non si può però dimenticare D’Annunzio con i suoi “Pastori d’Abruzzo”

“Settembre. Andiamo è tempo di migrare. 
Ora in terra d’Abruzzo i miei pastori 
lascian gli stazzi e vanno verso il mare, 
vanno verso l’Adriatico selvaggio   
che verde è come i pascoli dei monti”.

Articolo realizzato nell’ambito del Progetto RiGenerAzioni Finanziato dal MIMIT D.M. 6/5/2022 art. 5 

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