Si parla tanto di sovranità alimentare e del fatto che Made in Italy è sempre meglio, ma davvero i prodotti italiani sono più sicuri di quelli di importazione?
Si tratta di convinzioni condivise da folti gruppi di politici, esperti di alimentazione, opinionisti di varia formazione, molti operatori della produzione primaria alimentare, esponenti del mondo del consumerismo che quotidianamente ci bombardano di messaggi che invitano a consumare prevalentemente, se non in modo esclusivo, alimenti Made in Italy.
Cosa scelgono i consumatori?
Sembra però che tali messaggi non siano molto recepiti dai cittadini, che continuano a seguire, magari inconsciamente, stili alimentari in cui la matrice straniera è onnipresente.
Ciò fa molto arrabbiare i fautori dell’alimento nostrano, che non di rado organizzano manifestazioni anche clamorose per bloccare l’odiato nutrimento straniero.
Recentemente qualcuno ha anche proposto di marchiare con bolli indelebili il cibo manifestamente o occultamente proveniente dall’estero, ritenuto lesivo per la salute e anche per gli interessi economici del nostro Paese.
Analizzando con maggiore attenzione la situazione esistente, si può facilmente capire che i propugnatori del consumo di alimenti rigorosamente Made in Italy ci stanno raccontando delle storie che non rispondono alla realtà.
Gli alimenti di importazione sono sicuri?
La salubrità degli alimenti, intesa come assenza di rischi chimici, fisici e microbiologici, è un prerequisito che tutti quelli commercializzati nel territorio dell’Unione Europea devono avere.
Esistono norme estremamente rigorose che i produttori debbono rispettare e che sono costantemente verificate dalle Autorità di controllo. Le stesse norme valgono per gli alimenti importati dai Paesi extracomunitari, che sono controllati sia al momento del passaggio alle frontiere, sia durante la distribuzione nei diversi Paesi dell’UE.
La produzione primaria italiana non è sufficiente
Con produzione primaria intendiamo allevamento e coltivazione delle materie prime, quindi i prodotti primari sono alimenti di origine vegetale (cereali, leguminose, frutta, verdura, ecc.) e di origine animale (carne, uova, latte, miele, prodotti ittici), che in parte sono consumati tal quali, ma nella maggior parte dei casi vengono trasformati dall’industria alimentare.
In Italia, però, la produzione primaria è nettamente insufficiente rispetto ai fabbisogni nazionali e si calcola che in media sia soltanto il 50%.
Gli alimenti primari vegetali
Di grano duro, necessario per la produzione della pasta, ne produciamo circa il 60% del nostro fabbisogno.
Per il grano tenero, utilizzato per fare la maggioranza del pane e altri prodotti da forno (dolci casalinghi, di pasticcerie artigianali e industriali) ne produciamo circa il 50%. Importiamo circa il 65% di mais.
Per i cereali di produzione nazionale ci sono dei problemi con la contaminazione da micotossine che, di fatto, li rendono inutilizzabili sia per l’alimentazione umana, sia per quella degli animali.
L’Italmopa, l’Associazione italiana dei mugnai, nella sua recente assemblea annuale, ha lamentato i risultati deludenti dei raccolti dei cereali in Italia per il 2023, che hanno costretto a ricorrere a maggiori importazioni.
Per la frutta e la verdura fresca la situazione è complessa e talvolta paradossale e legata alla stagionalità delle produzioni. È abbastanza frequente trovare in vendita quella importata anche nei periodi di maggiore produzione in Italia. Basti pensare agli agrumi spagnoli nel periodo invernale o ai pomodori olandesi ad agosto.
Nelle annate migliori produciamo circa la metà dell’olio extravergine di oliva che consumiamo (300.000 tonnellate prodotte rispetto alle 500.000-600.000 consumate)
Siamo invece completamente autosufficienti nella produzione del vino.
Gli alimenti di origine animale
Siamo autosufficienti per la produzione di carne dei volatili e per le uova di gallina. Purtroppo, però, i mangimi sono fatti con soia e mais, che è in gran parte di importazione.
La carne suina, utilizzata maggiormente dall’industria salumiera, viene in buona parte importata da altri Paesi europei e anche quella bovina prodotta in Italia non è sufficiente.
Dobbiamo importare anche i prodotti ittici (pesci, molluschi, crostacei), ben oltre il 50% di quelli che consumiamo vengono da fuori.
L’Italia è indipendente nella conservazione e trasformazione
Il nostro Paese è organizzato in modo ottimale per la conservazione e la trasformazione degli alimenti sia con piccole e medie aziende artigianali, sia con importanti industrie alimentari che hanno le dimensioni di multinazionali. La qualità e la sicurezza dei nostri alimenti trasformati (pasta, prodotti da forno, salumi, formaggi) hanno conquistato molti mercati stranieri e ciò ha favorito la loro esportazione.
Il tallone di Achille della nostra industria alimentare è la carenza di materie prime nazionali e quindi è spesso necessario utilizzare cereali, leguminose, frutta secca, latte e carne di importazione. Ciò comporta spesso un aumento di costi di produzione che inevitabilmente ricadono sulle tasche dei consumatori.
L’origine degli alimenti fa la differenza?
Il luogo di origine delle materie prime non ha nessuna influenza sulla sicurezza degli alimenti trasformati, ma può influire sulla loro qualità. Infatti, come nel caso della pasta, alle volte si mescolano tra loro farine di grano duro di diversa origine per ottenere migliori risultati organolettici.
In ogni caso sulle etichette degli alimenti viene spesso riportata l’origine degli ingredienti principali, ma non quella di quelli secondari e degli additivi alimentari.
I prodotti tipici IGP e DOP
Ci sono numerosi alimenti frutto della tradizione di determinate aree geografiche e le cui ricette sono state tramandate nel corso degli anni o addirittura dei secoli. Si tratta di alimenti tipici, che hanno resistito alle mode e che sono stati riprodotti in larga scala sotto la forma di IGP (Indicazione Geografica Protetta) o DOP (Denominazione di Origine Protetta).
Gli IGP sono rappresentativi della produzione alimentare di una specifica area geografica, ma come materie prime possono essere utilizzati prodotti di origine diversa. Un esempio è la bresaola delle Valtellina che può essere fatta anche utilizzando carni provenienti dal Sud America.
Gli alimenti DOP invece sono fatti con materie prime della stessa area geografica in cui sono prodotti. Esempi sono il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano in cui viene utilizzato latte prodotto in aree geografiche ben delimitate.
Come scegliere gli alimenti?
Per prima cosa bisogna sapere che tutti gli alimenti commercializzati nei canali di distribuzione legali (negozi, mercati, supermercati) possiedono un elevato grado di sicurezza, indipendentemente dall’origine geografica.
Se vogliamo un prodotto interamente nazionale dobbiamo acquistare un alimento DOP poiché quelli IGP potrebbero contenere materie prime di diversa origine.
La scelta di un alimento nazionale può essere utile per tutelare gli interessi dei nostri produttori, ma non influisce in nessun modo sulla nostra salute.
L’invito è quello di scegliere gli alimenti sulla base dei propri gusti e anche delle proprie possibilità economiche, leggendo con attenzione le etichette dove sono riportate le caratteristiche nutrizionali, gli ingredienti, gli eventuali allergeni e la data di scadenza.
La scelta in base alle esigenze individuali di ciascuno di noi vale anche per la frutta e la verdura che non hanno etichette, ma dipende soprattutto dallo stato di conservazione e anche dall’onestà dei rivenditori che non dovrebbero vendere cibi avariati.
Quindi qual è la nostra risposta sulla sovranità alimentare? No, l’origine degli alimenti non ha nessuna influenza sulla loro sicurezza.
Articolo realizzato nell’ambito del Progetto RiGenerAzioni Finanziato dal MIMIT D.M. 6/5/2022 art. 5