In ambito alimentare la globalizzazione ha consentito al consumatore di portare sulla sua tavola cibi provenienti da ogni parte del mondo, superando tutti i limiti imposti dalla lontananza dal sito di produzione, da una lunga filiera di commercializzazione del prodotto e dall’eventuale stagionalità di quest’ultimo. Nelle società più ricche, la saturazione dei consumi tipica del “villaggio globale” ha causato un profondo mutamento nel rapporto tra consumatore e cibo.
Il cibo non rappresenta più tanto una risposta al fisiologico bisogno di alimentarsi quanto un movente per ricercare nuovi orizzonti edonici. Grazie alle nuove strategie del neuro marketing, il bombardamento pubblicitario cui è sottoposto il consumatore, in tema alimentare, ha raggiunto ormai il suo culmine su tutti i mezzi di comunicazione. Nessuno è risparmiato, neppure i bambini.
Tra gli scaffali del supermercato ricerchiamo sempre nuove risposte a questa insaziabile fame di novità, trainata dai bisogni indotti dalla società dei consumi. D’altro canto in tema di ristorazione si assiste allo sviluppo di una cucina volta ad una celebrazione della pietanza, a tutto tondo, che includa la ricercatezza di singoli ingredienti, la maestria dello chef nell’abbinamento degli stessi, la costruzione estetica del piatto per la sua completa fruizione emozionale da parte del cliente.
Questa nuova cultura del cibo conduce a varcare nuove soglie edoniche che non si esauriscono nella ricerca dell’appagamento dei sensi ma anche spingono il consumatore a perseguire un livello esperienziale superiore in cui la cucina si integra con la realtà geografica che la ospita e quindi con il turismo. Ecco perché negli ultimi anni si parla sempre di più di “cucina territoriale” e “turismo enogastronomico”.
Nell’ambito produttivo, d’altro canto, si assiste ad un fenomeno di iniziale ricontadinizzazione dei territori in cui la produzione agricola guarda maggiormente alle colture loco regionali, in una logica di riappropriazione della sovranità alimentare dei diversi territori. Parallelamente alla spinta globale alla standardizzazione ed omogeneizzazione dei prodotti, il valore di ciò che è locale permette di riscoprire tutte le potenzialità insite nella produzione agricola e nelle sue importanti connessioni con altri aspetti della vita quotidiana dell’uomo. A questo riguardo l’O.E.C.D (Organisation for Economic Co-operation and Development) afferma che: “Oltre alla sua funzione primaria di produrre cibo e fibre, l’agricoltura può anche disegnare il paesaggio, proteggere l’ambiente e il territorio e conservare la biodiversità, gestire in maniera sostenibile le risorse, contribuire alla sopravvivenza socio economica delle aree rurali, garantire la sicurezza alimentare.
Quando l’agricoltura aggiunge al suo ruolo primario una o più di queste funzioni può essere definita multifunzionale”. Uno degli esempi più noti di multifunzionalità nel settore agricolo è sicuramente l’agriturismo. Altro aspetto interessante, legato ai mutamenti sino ad ora descritti, è il riavvicinamento tra consumatore e produttore che porta ad una commercializzazione diretta del bene alimentare, saltando tutte le fasi intermedie della filiera. A mio parere tale forma di vendita non si può definire migliore rispetto alla grande distribuzione ma piuttosto complementare ad essa, sottolineando ancora una volta come all’inevitabile globalizzazione dei consumi debba corrispondere anche una doverosa salvaguardia dei territori e delle loro culture.
Autore: Jacopo Torzo Data: 18 ottobre 2018